Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50197 del 16/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50197 Anno 2015
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Tedesco Basilio, nato in Germania il 26/08/1973;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale del 28/08/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
udito per l’imputato l’Avv. Francesco Calabrese, che ha concluso chiedendo lì
accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 06/02/2015 il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria
confermò quella emessa dal GIP dello stesso ufficio giudiziario il 09/12/2014 con
cui erano stati disposti gli arresti domiciliari nei confronti di Tedesco Basino,
accusato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, aggravata dall’avere
agevolato la cosca Paviglianiti di San Lorenzo (Re) affiliata alla ‘ndrangheta
reggina (art. 319 cod. pen., art. 7 L. n. 203 del 1991,).
All’epoca dei fatti, risalenti al mese di maggio del 2010, l’indagato era
Ufficiale della Capitaneria di Porto – Guardia Costiera e titolare della Delegazione
di Spiaggia di Melito Porto Salvo e in tale qualità è accusato di avere accettato la
promessa e poi la consegna di C 1.500,00 in contanti da Cannizzaro Luca Bruno,
legale responsabile dello stabilimento balneare La Cubana ubicato nel Comune di

Data Udienza: 16/12/2015

San Lorenzo, secondo l’accusa di effettiva proprietà di Paviglianiti Settimo,
reggente del gruppo criminale. In cambio dell’indebita accettazione, l’indagato è
accusato di avere compiuto atti contrari ai doveri d’ufficio e in particolare di
avere omesso di rilevare le difformità eseguite, rispetto al progetto assentito,
nella realizzazione di opere edilizie riguardanti detto stabilimento balneare, di
avere omesso di procedere al sequestro e infine di avere omesso di denunciare il
Cannizzaro all’autorità giudiziaria.
Gli elementi indiziari posti alla base dell’ordinanza sono costituiti dal

persona non identificata, in cui il primo accenna dell’esborso di denaro costatogli
per l’intervento della Capitaneria di Porto, e dalle acquisizioni documentali
relative alla vicenda dei lavori edilizi interessanti lo stabilimento balneare.

2. Avverso l’ordinanza propose ricorso per cassazione l’indagato, deducendo
violazione di legge in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. e agli artt. 319 cod.
pen e 7 L. n. 203 del 1991, dolendosi della mancata e sostanziale indicazione
dell’atto contrario ai doveri d’ufficio compiuto ovvero omesso, della scarsa
rilevanza della conversazione intercettata in cui mai è menzionato con chiarezza
il suo nome, dell’assenza di competenze specifiche della Capitaneria di Porto in
materia urbanistica di spettanza esclusiva dell’autorità comunale; deduceva,
inoltre, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, 291 e
292 cod. proc. pen. e all’art. 7 L. n. 203 del 1991, segnalando il carattere
meramente congetturale delle argomentazioni spese dal Tribunale quanto
all’aggravante dell’agevolazione mafiosa, tra l’altro nemmeno contestata dal PM
nonché l’assenza di elementi indiziari suscettibili di collegare la condotta illecita
ascrittagli a Paviglianiti Settimo, di cui il presunto corruttore Cannizzaro sarebbe
Vatter ego.

3. Con sentenza n. 34807 del 21.7.2015, dep. in data 11.8.2015 la Corte di
cassazione, Sez. 6 penale, annullò l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale
di Reggio Calabria per nuovo esame.
La Corte di legittimità ha rilevato che il compendio indiziario indicato dal
Tribunale a conferma dell’ordinanza cautelare genetica si fondava
essenzialmente sul contenuto di una conversazione oggetto di intercettazione
telefonica del 31.5.2010 tra Cannizzaro Luca Bruno – formale titolare dello
stabilimento balneare La Cubana, secondo l’accusa invece di proprietà effettiva
del capo clan Paviglianiti Settimo – e tale Paolo, soggetto non meglio indicato
(pag. 20 ordinanza). Nel corso del colloquio veniva registrata la seguente frase,
pronunciata dal Cannizzaro all’indirizzo dell’interlocutore:

“ah mi è costato

millecinquecento Euro … stamattina Me li ha anticipati un amico … è andato là

2

contenuto di una conversazione telefonica intercettata tra il Cannìzzaro e una

… gli ha dato cinquecento a De Luca … cinquecento a Tedesco … e cinquecento
glieli devo mandare ora…”,

che il Tribunale ha inteso collegare ad alcuni

sopralluoghi eseguiti dal ricorrente in supporto dell’ufficio urbanistico del
Comune di San Lorenzo presso lo stabilimento (uno avvenuto proprio il 31
maggio), frase ritenuta non essere frutto di millanteria e come tale integrante
l’elemento fondante del compendio indiziario dell’ipotizzato delitto di corruzione
aggravata.
Il Collegio di legittimità osservava che prima di escluderne il carattere

frase, che sembra alludere al versamento da parte del Cannizzaro della somma
di C 1.500,00 in favore di tre persone, una individuata nel Comandante della
Capitaneria di Porto di Reggio Calabria, C.V. De Luca Vincenzo e l’altra
nell’odierno ricorrente, mentre non è stata mai accertata l’identità del percettore
della residua quota di Euro 500,00. Ciò nondimeno, al ricorrente è stata ascritta
l’accettazione della promessa e la ricezione dell’intera somma, mentre non risulta
che analoga iniziativa processuale sia stata mossa all’indirizzo del De Luca;
difettavano, inoltre, accertamenti di altro genere (ad es. verifiche bancarie o
accertamenti presso l’Ufficio della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria) idonei
a dare consistenza a quello che obiettivamente appare un mero spunto
investigativo, attualmente insuscettibile di per sé di integrare quella gravità
indiziaria che il Tribunale ha, invece, inteso attribuirgli.
Rilevava la sentenza di annullamento con rinvio che larga parte
dell’ordinanza era dedicata all’intervento, preteso illegittimo, che Tedesco
avrebbe svolto, contribuendo a differire l’adozione del sequestro dello
stabilimento balneare, secondo l’accusa, invece, imposto da palesi violazioni
della normativa urbanistica.
A tale riguardo la Corte di cassazione ha ritenuto che coglievano
parzialmente nel segno i rilievi difensivi secondo cui la competenza ad
intervenire con il sequestro d’iniziativa sarebbe stata in primo luogo, anche se
non in via esclusiva, dell’autorità urbanistica competente (arch. Sergi e Borrello
dell’Ufficio Tecnico di San Lorenzo), cui si deve la stesura di una relazione
tecnica di favore che, ancora secondo l’accusa, avrebbe consentito la
prosecuzione dell’attività della struttura nella stagione estiva, fino al successivo
sequestro eseguito da altro ufficio di P.G. nel mese di dicembre del 2010.
La presenza del Tedesco ad alcuni sopralluoghi non seguiti da sequestro è
stata, pertanto, interpretata come elemento di riscontro ad un dato indiziario
ritenuto di scarsa consistenza – tale ad es. anche per la concomitante presenza
di un sottoposto quasi omonimo del ricorrente, Tedesco Antonio, al sopralluogo
del 29 maggio – che avrebbe meritato ulteriori approfondimenti.

3

millantatorio, avrebbe dovuto essere apprezzato l’intrinseco contenuto della

Secondo la Corte di cassazione non valeva a dare maggiore solidità al
quadro indiziario la esposizione della procedura che ha condotto al rilevamento
finale di irregolarità urbanistiche di quella struttura (pagg. 7-29 ordinanza) o il
richiamo a giurisprudenza di legittimità sulla rilevanza della mera accettazione
della promessa corruttiva (pagg. 31-32), atteso che il dato valutativo di partenza
era per sé insufficiente ai fini e per gli effetti dell’art. 273 cod. proc. pen.
L’accoglimento del ricorso nei termini esposti ha assorbito il tema della
configurabilità della L. n. 203 del 1991, art. 7 che presuppone prima la verifica

4.

Con ordinanza del 28.8.2015 il Tribunale di Reggio Calabria, quale

giudice di rinvio, in riforma del provvedimento genetico, sostituì gli arresti
domiciliari con la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio del pubblico
ufficio o servizio per dodici mesi.

5. Ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore, deducendo:
1.

violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza della
gravità indiziaria sul reato di cui all’art. 319 cod. pen., posto che la Corte
di legittimità aveva ritenuto la conversazione intercettata uno spunto
investigativo e richiesto ulteriori e distinti elementi di valutazione; il
giudice di rinvio si è invece diffuso sull’analisi della conversazione per
escludere la millanteria, sindacando poi la decisione di legittimità e
trascurando che la Corte di cassazione aveva escluso che la presenza di
Tedesco Basilio ad alcuni sopralluoghi valesse come riscontro non
essendo state indicate le modalità con cui sarebbe stato enucleato il
contributo e non già che non potesse valere come contributo al reato
contestato; la decisione si è posta perciò in contrasto con la decisione di
annullamento con rinvio;

2.

violazione di legge e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza della
circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203/1991 in quanto non
contestata dal P.M. in sede di richiesta della misura cautelare al Tedesco,
ma solo a Cannizzaro Luca Bruno, sicché è irrilevante il richiamo all’art.
59 comma 2 cod. pen.;

3.

violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il provvedimento
impugnato afferma anapoditticamente che il ricorrente sapesse che il
corruttore era alter ego di Paviglianiti Settimo e quindi comprendesse che
con la sua condotta avrebbe agevolato l’omonima cosca; peraltro il
giudice di rinvio ha addotto argomenti inconferenti a dimostrare il fine
agevolativo, sostanzialmente basandosi sul citato ruolo di alter ego.

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\,

della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del reato base.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il Tribunale, in sede di rinvio, dopo aver dato atto che il ricorrente era stato
l’unico ufficiale di polizia giudiziaria sempre presente a tutti i sopralluoghi ed
unico soggetto ad aver avuto contatti con Cannizzaro Luca Bruno e ad essersi
recato presso il sito con poteri decisionali e comunque essendo il più elevato in
grado, tranne che nel sopralluogo del 3.6.2010 (p. 3 ordinanza impugnata).

delle cinque occasioni al sopralluogo (p. 4 ordinanza impugnata).
Il Tribunale ha poi ritenuto che la conversazione intercettata andava
interpreta non nel senso che destinatario della somma potesse essere un terzo
soggetto, ma solo ai due soggetti menzionati De Luca Vincenzo e Tedesco e che
ciò toglieva rilevo all’osservazione effettuata nella sentenza di annullamento con
rinvio circa la mancata indicazione del terzo destinatario della somma (p. 4
ordinanza impugnata).
Il Tribunale ha infine affermato che era lo stesso Cannizzaro Luca Bruno ad
aver posto in relazione l’operato del ricorrente con il lido “La Cubana”.
Tale motivazione non appare affetta da manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Da un lato infatti è possibile prospettare in sede di legittimità una
interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta
dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero
nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme
da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile. (Cass. Sez. 2^
sent. n. 38915 del 17.10.2007 dep. 19.10.2007 Rv. 237994).
Dall’altro il contenuto di una intercettazione, anche quando si risolva in una
precisa accusa in danno di terza persona, indicata come concorrente in un reato
alla cui consumazione anche uno degli interlocutori dichiara di aver partecipato,
non è in alcun senso equiparabile alla chiamata in correità e pertanto, se va
anch’esso attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello
probatorio, non è però soggetto, nella predetta valutazione, ai canoni di cui
all’alt 192 comma terzo cod. proc. pen. (Cass. Sez. 5 sent. n. 00603 14.10.2003
dep. 13.01.2004 Rv. 227815).
Neppure in tale motivazione vi è violazione dell’art. 627 cod. proc. pen.
rispetto al contenuto della sentenza di annullamento con rinvio.
Questa Corte ha chiarito che non viola l’obbligo di uniformarsi al principio di
diritto il giudice di rinvio che, dopo l’annullamento per vizio di motivazione,
pervenga nuovamente all’affermazione di responsabilità sulla scorta di un
percorso argomentativo in parte diverso ed in parte arricchito rispetto a quello

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\,

Il militare recante lo stesso cognome ha invece partecipato solo a in una

già censurato in sede di legittimità. (Sez. 4, Sentenza n. 20044 del 17/03/2015
dep. 14/05/2015 Rv. 263864. La Corte ha precisato che eventuali elementi di
fatto e valutazioni contenuti nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti
per il giudice di rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al
fine dell’individuazione del vizio o dei vizi segnalati e, non, quindi, come dati che
si impongono per la decisione a lui demandata, di talché si devono ritenere
inammissibili le censure sollevate in merito).

Questa Corte ha precisato che, in tema di associazione per delinquere di tipo
mafioso, la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis, comma sesto, cod.
pen., concernente l’illecito finanziamento di attività economiche, ha natura
oggettiva ed è, pertanto, riferibile all’attività dell’associazione in quanto tale; ne
consegue che essa è valutabile, anche in difetto di formale contestazione, a
carico di tutti i componenti del sodalizio mafioso, ed anche al concorrente
esterno consapevole dei fatti oggetto della predetta aggravante o che per colpa li
ignori. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 52094 del 30/09/2014 dep. 15/12/2014 Rv.
261334).
Anche la circostanza aggravante di cui all’art. 7 D.L. n. 152 del 1991,
convertito nella legge n. 203 del 1991 – integrata dalla finalità di agevolare
l’associazione di tipo mafioso – ha natura oggettiva e si trasmette, pertanto, a
tutti i concorrenti nel reato, di guisa che è sufficiente che l’aspetto volitivo espresso nella norma con il riferimento al “fine di agevolare” l’associazione
mafiosa – sussista in capo ad alcuni, o anche ad uno soltanto, dei predetti
concorrenti nel medesimo reato. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 10966 del
08/11/2012 dep. 08/03/2013 Rv. 255206).
Pertanto l’aggravante prevista dall’art. 7 D.L. n. 152 del 1991 (conv. in I. n.
203 del 1991) può essere applicata ai concorrenti nel delitto, secondo il disposto
dell’art. 59 cod. pen., anche quando essi non siano consapevoli della
finalizzazione dell’azione delittuosa a vantaggio di un’associazione di stampo
mafioso, ma versino in una situazione di ignoranza colpevole. (Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 51424 del 05/12/2013 dep. 19/12/2013 Rv. 258581).
Correttamente quindi il Tribunale ha ritenuto configurabile anche nei
confronti del ricorrente la menzionata circostanza aggravante sul presupposto
che egli, a diretto contatto con Cannizzaro Luca Bruno, fosse consapevole del
fine agevolativo insito nell’essere costui alter ego di Paviglianiti Settimo o
avrebbe potuto esserlo con ordinaria diligenza.

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

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2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono infondati.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta
il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso il 16/12/2015.

processuali.

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