Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50186 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50186 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CIONI GIORGIO N. IL 13/07/1934
avverso la sentenza n. 7829/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
19/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 21/10/2013

Cioni Giorgio ricorre avverso la sentenza 19.4.12 della Corte di appello di Roma che ha confermato
quella, in data 26.9.07, del locale tribunale con la quale è stato condannato, per il reato di bancarotta
fraudolenta aggravata, concesse attenuanti generiche equivalenti, alla pena di anni tre e mesi due di
reclusione, oltre le pene accessorie di legge.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo

colpevolezza dell’imputato senza affrontare i pur articolati motivi di impugnazione con i quali si era
anche chiesta la rinnovazione del dibattimento al fine di assumere — si lamenta con il secondo
motivo – , in particolare una
perizia contabile per accertare le cause del dissesto finanziario.
Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto del tutto generico,
atteso che la censura è formulata in modo stereotipato, senza alcun collegamento concreto con la
motivazione della sentenza impugnata, della quale non vengono nemmeno precisamente individuati
i capi o i punti oggetto di doglianza.
L’impugnazione si presenta peraltro anche manifestamente infondata, avendo compiutamente la
Corte romana disatteso la richiesta ex art.603 c.p.p. evidenziando la superfluità della richiesta
integrazione probatoria alla luce degli accertamenti eseguiti dal curatore della fallita presso la
Camera di commercio dai quali era emerso che l’imputato, nella sua veste di amministratore unico,
aveva ceduto il ramo d’azienda costituito da una discoteca, al prezzo di Lire 53.000.000, denaro non
rinvenuto nelle casse della fallita ‘La Pinta’ s.r.l.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma di favore della Cassa delle Ammende che reputasi equo determinare in
€1.000,00.

violazione dell’art.606, comma 1, lett.e) c.p.p. per avere i giudici di appello ritenuto la

P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di E 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Roma, 21 ottobre 2013

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