Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5016 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5016 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COPPOLA VINCENZO N. IL 23/09/1975
VICIDOMINI TOMMASO N. IL 27/04/1970
FIORENTE ALFONSO N. IL 11/02/1969
avverso la sentenza n. 2862/2012 CORTE APPELLO di SALERNO, del
19/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e A Rrt uki E STAR ieri
che ha concluso per
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Data Udienza: 15/01/2014

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 12/7/2012, all’esito di giudizio abbreviato, il Giudice per
le indagini preliminari presso il Tribunale di Nocera Inferiore dichiarava Vincenzo
Coppola, Tommaso Vicidomini e Alfonso Fiorente colpevoli dei reati in concorso
di estorsione tentata e di furto aggravato, così derubricata l’originaria
imputazione di rapina aggravata, in danno di Ciro Torino. Applicata la diminuente
del rito, i primi due erano condannati ciascuno alla pena di anni due e mesi

mesi 10 di reclusione e 1.000,00 euro di multa.
Sulla base della ricostruzione dei fatti offerta dalla persona offesa e dal di lei
padre Torino Vincenzo, oltre che delle susseguenti operazioni di polizia
giudiziaria, che avevano condotto all’arresto degli imputati, il G.u.p. aveva
ritenuto accertato che i tre si fossero impossessati della moto Honda CBR di
proprietà di Torino Ciro e che poi allo stesso avessero richiesto, in cambio della
restituzione, la somma di C 2.000,00.
Interposto gravame da parte di tutti e tre gli imputati, la Corte d’appello di
Salerno li rigettava confermando in toto la sentenza impugnata.
Richiamate espressamente le argomentazioni svolte dal primo giudice, la
corte territoriale rilevava in sintesi – per quel che ancora in questa sede rileva che:
correttamente era stata attribuita piena efficacia probatoria alla deposizione
della persona offesa, essendone stata accertata l’intrinseca coerenza logica:
rimarcava in particolare che Torino Ciro aveva dato contezza dei rapporti con il
Fiorente e delle circostanze di tempo e di luogo in cui era stata asportata la
moto da parte degli imputati (ossia recandosi tutti e tre nella propria abitazione
ove, in sua assenza, ma in presenza del padre Torino Vincenzo, il Fiorente,
adducendo un preteso credito nei suoi confronti di C 2.000,00, incaricava il
Coppola di prelevare la moto dal luogo ove era parcheggiata sotto casa,
intimando al Torino Vincenzo di consegnare la predetta somma entro tre giorni o,
in caso contrario, di provvedere al passaggio di proprietà della moto in suo
favore), secondo una ricostruzione apprezzata come «lineare, coerente, esente
da vizi logici o da elementi che possono lasciare ipotizzare l’esistenza di intenti
calunniatori»;
tale dichiarazione aveva trovato conferma non soltanto in quelle del genitore
Vincenzo ma anche nelle modalità con cui, a seguito della denuncia, erano stati
arrestati Vicidomini e Coppola, sopraggiunti a bordo della moto rubata nel luogo
che con Torino Ciro era stato concordato insieme col prezzo del riscatto (C
2.000,00);
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quattro di reclusione e 800,00 euro di multa, il Fiorente a quella di anni due e

le dichiarazioni di Torino Ciro e Torino Vincenzo risultavano del tutto
univoche in ordine al prelevamento della moto che non poteva ritenersi sottratta
con il consenso di Torino Vincenzo, come affermato dal Fiorente;
per ammissione di tutti i protagonisti, i contatti telefonici successivi alla
iniziale richiesta rivolta a Torino Vincenzo presso la sua abitazione sono stati
molteplici e attraverso essi è stato infine fissato l’appuntamento che ha
consentito l’arresto del Coppola e del Vicidomini che si trovavano a bordo della
moto sottratta al Torino;

secondo cui si era solo concordata la restituzione della moto, riservandosi la
consegna del denaro da parte del Torino al momento in cui questo ne avesse
avuta effettiva disponibilità – si era dimostrata non credibile perché in contrasto
anche con le dichiarazioni di Torino Vincenzo, al quale la richiesta era stata già
anticipata nei termini (estorsivi) esattamente ricostruiti da Torino Ciro;
allo stesso modo l’ulteriore versione dedotta dal Fiorente, secondo cui la
vicenda era legata all’offerta d’acquisto da parte sua della moto, da lui effettuata
nell’ottobre 2011, si rivelava in contrasto con il dato cronologico fornito da Torino
Vincenzo, secondo il quale la prima visita ricevuta con la richiesta di pagamento
si collocava nell’agosto dello stesso anno.
In relazione, poi, a specifico motivo di gravame proposto dagli imputati
Vicidomini e Coppola, la corte campana rilevava che correttamente era stata
ritenuta, in relazione al reato di tentata estorsione, la circostanza aggravante
dell’aver agito in più persone riunite, atteso che la richiesta, ancorché
proveniente dal solo Fiorente, era stata rivolta dapprima in modo diretto a Torino
Vincenzo presso la sua abitazione alla presenza di tutti gli imputati e
considerato, inoltre, che poteva ritenersi accertato che, successivamente, Torino
Ciro aveva ricevuto quantomeno una telefonata anche da Vicidomini Tommaso
nel corso della quale si era concordato l’appuntamento per la restituzione del
motoveicolo in cambio della somma predetta, non essendovi dubbio che in
questo caso il Vicidomini avesse agito per conto del Fiorente con il quale lo
stesso Torino aveva avuto in precedenza molteplici contatti telefonici.
Richiamava in tal senso il principio espresso dalla seconda sezione di questa
Suprema Corte, con sentenza n. 16657 del 31/03/2008 (imp. Di Bella, Rv.
239779), secondo il quale

«in tema di estorsione, ricorre la circostanza

aggravante dell’essere la minaccia commessa da più persone riunite, se la
persona offesa riceve le minacce per mezzo di una comunicazione telefonica,
percependo che l’autore della comunicazione manifesta le intenzioni minacciose
non solo sue ma di più persone, di cui è portavoce».

3

quanto al contenuto di tali conversazioni telefoniche, la tesi del Fiorente –

La Corte d’appello infine avallava espressamente le valutazioni svolte dal
primo giudice in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche
valorizzando a tal fine i numerosi precedenti specifici esistenti a carico di tutti gli
imputati e il loro stesso comportamento processuale, ritenuto non
particolarmente meritevole anche alla luce del contenuto delle dichiarazioni
spontanee del Fiorente e del Vicidomini, dimostratosi in pieno contrasto con gli
avvenimenti accertati.

mezzo dei rispettivi difensori.

2.1. Coppola Vincenzo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione alla affermata sua penale responsabilità in ordine ad entrambi i capi di
imputazione.
Ribadita la propria tesi difensiva secondo cui il Fiorente gli aveva
rappresentato la necessità di prelevare la moto presso l’abitazione del Coppola,
senza renderlo edotto dei reali rapporti intercorrenti con il Torino, rileva che
«non emerge in alcun modo dalla lettura degli atti processuali la prova certa ed
inconfutabile che … [egli] fosse a conoscenza dei rapporti intercorrenti tra il
Torino ed il Fiorente» né «della volontà da parte del Fiorente di impossessarsi
furtivamente della moto di proprietà del Torino e della volontà di ricattare il
medesimo per la restituzione della stessa in cambio di denaro in contanti».
Deduce che il contrario convincimento espresso in proposito è
insufficientemente fondato sulle sole dichiarazioni della persona offesa e non
tiene conto che questa è nel caso di specie «sicuramente portatrice di interesse
in causa», ossia quello di riavere la moto senza pagare il debito contratto con il
Fiorente, ancorché di natura illecita perché dovuto all’acquisto di droga.

2.2. Vicidomini Tommaso e Fiorente Alfonso, con ricorsi separatamente
proposti ma pienamente sovrapponibili, denunciano a loro volta vizio di
motivazione in relazione alla confermata sussistenza dell’aggravante dell’essere
stata la minaccia commessa da più persone riunite (art. 628, terzo comma, n. 1,
cod. pen., cbn. disp. art. 629, secondo comma, cod. pen.).
Assumono che al riguardo la corte territoriale ha impropriamente applicato il
principio giurisprudenziale sopra richiamato, atteso che «nel caso di specie, alla
luce delle risultanze istruttorie presenti in atti, la presunta richiesta estorsiva
sarebbe avvenuta da parte di un solo soggetto che manifestava le proprie
intenzioni» e considerato inoltre che «non vi è prova dell’avvenuta violenza o
minaccia al momento dello spossessamento della motocicletta»,
4

non avendo

2. Avverso tale decisione hanno proposto ricorso tutti e tre gli imputati, per

Torino Vincenzo, unica persona presente al momento del furto, mai affermato di
essere stato minacciato.

Considerato in diritto

3. È infondato il ricorso del Coppola.
La Corte d’appello dà adeguatamente conto del convincimento espresso in
ordine alla sua responsabilità penale, fondandolo essenzialmente sulle

occasione in cui si presentò nella sua abitazione in compagnia del Coppola e del
Vicidomini, ebbe a ribadire di vantare un credito nei confronti del figlio e diede
poi ordine al Coppola di portare via il mezzo intimandogli di consegnare la
somma di C 2.000,00 entro tre giorni.
Logicamente congrua e coerente è la valutazione che la corte territoriale ne
trae secondo cui tale racconto:
a) da un lato, «esclude qualsiasi tipo di consenso espresso in ordine alla
consegna della moto agli imputati e descrive una situazione che appare
chiaramente predisposta a conseguire il profitto derivante dall’impossessamento
della moto contro la volontà del Torino, dato che il Fiorente si è recato sul posto
in compagnia di altre due persone, una delle quali ha ricevuto l’incarico di
prelevare il mezzo»,

valendo pertanto a giustificare l’affermazione della

sussistenza del reato di furto aggravato e della consapevole partecipazione ad
esso anche del Coppola e del Vicidomini;
b) dall’altro, essendo (detto racconto) riferito anche alla iniziale richiesta di
denaro, in mancanza della quale la moto non sarebbe stata restituita, esso vale
a rappresentare fatti idonei a configurare il tentativo di estorsione, imputabile a
titolo di concorso anche ai due accompagnatori del Fiorente, e dunque anche al
Coppola, atteso che la loro presenza nel detto contesto da un lato è di per sé
prova certa della consapevolezza dei motivi, doppiamente illeciti, della visita del
Fiorente e dall’altro rappresenta essa stessa contributo causale rilevante rispetto
alla realizzazione dei propositi delittuosi del Fiorente.
La sola circostanza poi che Torino Vincenzo sia il genitore della persona
offesa non può di per sé rappresentare motivo di aprioristica inattendibilità delle
sue dichiarazioni, le quali dunque correttamente possono porsi anche da sole a
fondamento della decisione, in quanto intrinsecamente coerenti e tanto più in
quanto convergenti anche con i riferiti esiti di successivi accertamenti e
operazioni di polizia giudiziaria.

5

dichiarazioni rese da Torino Vincenzo secondo cui il Fiorente, nella seconda

4. Sono altresì infondati i ricorsi separatamente proposti, ma come detto
identici nel contenuto, da Vicidomini Tommaso e Fiorente Alfonso.
È vero che erroneamente la Corte d’appello ha posto a supporto del proprio
convincimento circa la sussistenza, per il reato di estorsione, dell’aggravante di
cui all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen. (minaccia commessa da più
persone riunite) anche la telefonata che Torino Ciro ha dichiarato di aver ricevuto
dal Vicidomini, in ragione della indubbia riferibilità di quella telefonata alla
richiesta ed all’interesse del Fiorente. Il principio al riguardo richiamato in

secondo cui «in tema di estorsione, ricorre la circostanza aggravante dell’essere
la minaccia commessa da più persone riunite, se la persona offesa riceve le
minacce per mezzo di una comunicazione telefonica, percependo che l’autore
della comunicazione manifesta le intenzioni minacciose non solo sue ma di più
persone, di cui è portavoce» (seguito anche da altre pronunce, precedenti e
successive, tra cui da ultimo Sez. 6, n. 197 del 15/12/2011 – dep. 10/01/2012,
Cava, Rv. 251492); deve infatti ritenersi abbandonato a seguito dell’adesione, da
parte delle Sezioni Unite, intervenute a comporre un contrasto in argomento,
all’opposto e più risalente orientamento, secondo cui «nel reato di estorsione, la
circostanza aggravante speciale delle più persone riunite richiede la simultanea
presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione
della violenza o della minaccia»

(Sez. U, n. 21837 del 29/03/2012 – dep.

05/06/2012, Alberti, Rv. 252518). Da tale principio il supremo consesso, con
espresso riferimento al caso che qui ricorre di c.d. estorsione mediata, ovvero di
minacce fatte a mezzo lettera o telefono,

Or ha fatto discendere la conclusione

che «l’aggravante delle più persone riunite sarà ravvisabile nel caso in cui la
lettera sia firmata da due o più persone o se alla telefonata minatoria partecipino
più persone, ma non anche nel caso in cui la parte offesa abbia la sensazione che
colui che abbia spedito la lettera minatoria o abbia fatto la telefonata minacciosa
sia in collegamento con altre persone».
Cionondimeno il riconoscimento dell’aggravante rimane del tutto
adeguatamente motivato in sentenza dal riferimento (peraltro prioritario nel
percorso argomentativo seguito) all’episodio descritto nel primo capo di
imputazione, ossia all’accesso dei tre imputati presso l’abitazione del Torino Ciro
eseguito per impossessarsi della sua moto e alla richiesta che in quella occasione
il Fiorente, alla presenza degli altri due imputati, rivolse, in assenza del predetto,
al di lui padre Torino Vincenzo, di consegnare la somma di 2.000,00 euro entro
tre giorni in cambio della restituzione del mezzo o in caso contrario di
provvedere al passaggio di proprietà: richiesta evidentemente di carattere

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sentenza, affermato da Sez. 2, n. 16657 del 31/03/2008, Di Bella, Rv. 239779,

estorsivo avanzata alla presenza (e certamente nella piena consapevolezza) degli
altri due imputati.
Del tutto inconferente al riguardo è il rilievo svolto in ricorso secondo cui
«non vi è prova dell’avvenuta violenza o minaccia al momento dello
spossessamento della motocicletta» (ciò essendo stato del resto riconosciuto già
in primo grado con la conseguente derubricazione della prima imputazione da
rapina a furto aggravato), atteso che la minaccia fondatamente ravvisata dai
giudici di merito nella configurazione del delitto di tentata estorsione aggravata

in quello successivo della conseguente richiesta e si identifica con la
subordinazione della restituzione del veicolo al pagamento della predetta somma
ovvero in alternativa al trasferimento della proprietà del mezzo: richiesta
evidentemente di carattere estorsivo, traducendosi essa per l’appunto nella
minaccia del mantenimento dell’illecito possesso in assenza della prestazione
richiesta.

5. I ricorsi vanno pertanto tutti rigettati, con la conseguente condanna degli
imputati al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15/01/2014.

non si colloca evidentemente al momento dell’impossessamento della moto, ma

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