Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50152 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50152 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AIELLI LUCIA

Data Udienza: 12/11/2015

GRILLO ROSARIO nato il 7.1.1959
TEMPIO Luigi nato il 28.6.1966
KURTI Sonila nata il 15.4.1976
avverso la sentenza del 16.12.2013 della Corte d’APPELLO di ANCONA n. 4475/13;
visti gli atti , la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita in pubblica udienza del 12.11.2015 la relazione del Consigliere dott. Lucia Aielli;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Alfredo VIOLA che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;

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)

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza emessa il 16.12.2013 la Corte d’Appello di Ancona confermava la sentenza di
condanna, pronunciata in esito al giudizio abbreviato, dal GUP del Tribunale di Camerino, che
condannava GRILLO Rosario e TEMPIO Luigi per delitto di tentata rapina impropria aggravata e
KURTI SONILA per il delitto di favoreggiamento.
Avverso la sentenza di secondo grado proponevano distinti atti di impugnazione gli imputati
Tempio e Kurti a mezzo del proprio difensore di fiducia ed il Grillo personalmente.

norma processuale di cui agli artt. 192 e 533 c.1 c.p.p., avendo la Corte pronunciato la
condanna dell’imputato in assenza di prova, violazione dell’art. 213 c.p.p., relativamente alle
ricognizioni fotografiche, ed alle dichiarazioni delle persone offese che in quanto tra loro
contrastanti, non sarebbero probanti; inoltre l’autovettura asseritamente riconducibile al
Tempio ed a bordo della quale sarebbero fuggiti i malviventi, tamponando per due volte l’auto
della p.o., che si era frapposta a chiudere la via di fuga, non presentava alcun segno di
danneggiamento, sicchè non poteva da essa desumersi la responsabilità dell’imputato ; 2)
mancanza manifesta illogicità della motivazione per travisamento della prova ; 3) inosservanza
della norma processuale ( art. 597 c.p.p.) ,avuto riguardo alle doglianze difensive prospettate
in fase di appello ; 4) inosservanza della norma processuale, avuto riguardo alla mancanza di
motivazione relativamente alla ritenuta recidiva; 5) inosservanza della norma processuale (
art. 129 c.p.p.) avuto riguardo alla mancata pronuncia di proscioglimento dell’ imputato per
prescrizione .
Per l’imputata KURTI Sonila il difensore eccepiva l’omessa motivazione in punto di specifiche
doglianze difensive prospettate in grado di appello ed afferenti alla carenza di prova circa la
responsabilità dell’imputata, ricavata da tabulati telefonici invero non riferibili ai due imputati
Kurti e Tempio; alla carenza di prova circa la riconducibilità dell’autovettura a bordo della
quale erano fuggiti i malviventi, con quella del Tempio, l’omessa pronuncia, in grado d’appello
circa l’intervenuta prescrizione , maturata prima della sentenza di secondo grado.
L’imputato GRILLO Antonio presentava ricorso personalmente lamentando : la carenza o
omessa motivazione in quanto la Corte d’Appello di Ancona, pur in presenza di un quadro
probatorio insufficiente e contraddittorio, per ritenere fondata l’ ipotesi d’accusa, avrebbe
richiamato quanto affermato dal primo giudice, senza tener conto delle doglianze difensive in
punto di attendibilità delle persone offese, nonché in tema di derubricazione del reato ( da
rapina impropria in tentato furto in abitazione) e senza assolvere al dovere motivazionale
avuto riguardo alla necessità , nel caso di condanna, della ricorrenza di una prova certa al di là
di ogni ragionevole dubbio

CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati.
2

Quanto a TEMPIO Luigi, il difensore lamentava 1) la violazione e/o errata applicazione della

I motivi di ricorso si sostanziano in censure relative alle valutazioni di merito, insindacabili
nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai
principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie.
(Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Rv. 216260;
Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Rv. 226074 ). Si tratta nel complesso, di questioni
proposte in appello e sulle quali la Corte si è pronunciata in maniera esaustiva, senza
errori logico – giuridici. In particolare, anche attraverso un rinvio alla decisione di primo
grado, viene ribadito, con motivazione esaustiva ed all’esito dell’esame delle doglianze

al reato loro ascritto. In punto di diritto occorre rilevare che la sentenza di primo grado e
quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano
vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logicogiuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della
motivazione. Pertanto, il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella
appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del
fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (sez. 1, n. 4827 del 18/3/1994, Rv.
198613; Sez. 6 n. 11421 del 29/9/1995, Rv. 203073). Inoltre, la giurisprudenza di questa
Suprema Corte ritiene che non possano giustificare l’annullamento minime incongruenze
argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della
parte, avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, sempreché tali elementi non
siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè,
obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa decisione. In
argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione
concernente l’analisi di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli
dati non può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma
devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che soltanto
una valutazione globale e una visione di insieme, permettono di verificare se essi
rivestano realmente consistenza decisiva oppure se risultino inidonei a scuotere la
compattezza logica dell’impianto argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso,
implicitamente confutati. (Sez. 5 n. 3751 del 15/2/2000, Rv. 215722; Sez. 5 n. 3980 del
23/9/2003, Rv.226230; Sez. 5 n. 7572 del 22/4/1999, Rv. 213643). In applicazione di
tali principi, può osservarsi che la sentenza di secondo grado recepisce in modo critico e
valutativo la sentenza di primo grado sia in ordine alla ricostruzione del fatto che in ordine
alla valutazione giuridica dello stesso, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad
approfondire alcuni aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da
parte della difesa.
E così con riferimento all’attendibilità delle persone offese, contestata dal Tempio e dal Grillo,
che la sentenza d’appello ha valorizzato, spiegando le ragioni delle apparenti e solo marginali
contraddizioni, che non inficiano il portato dell’accusa, poggiante essenzialmente sul

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proposte con l’atto di appello, un giudizio di responsabilità penale degli imputati in ordine

riconoscimento fotografico operato dal Gianfelici, sul positivo riscontro circa il possesso
dell’autovettura da parte dell’imputato Tempio Luigi, controllato su strada il 6.12.2005, sul
ritrovamento dell’autovettura, quattro giorni dopo la rapina, completamente ristrutturata e
privata di segni di danneggiamento ( poag. 20 e 21), così come esaustiva e corretta in diritto,
la motivazione delle sentenza in punto di qualificazione giuridica del fatto e ritenuta
sussistenza dell’aggravante dell’arma, di cui, nonostante il mancato ritrovamento, la p.o. udiva
l’esplosione del colpo (pag. 21 della sentenza), altrettanto infondate le doglianze avanzate dai
ricorrenti in merito al riconoscimento fotografico effettuato dal Gianfelici. Al riguardo questa

discende dal riconoscimento come strumento probatorio ma dall’attendibilità accordata alla
deposizione di chi ( nella specie la p.o. ), avendo esaminato le foto dell’imputato, si dica certo
della sua identificazione e ciò soprattutto quando questa venga confermata davanti al Giudice (
Sez. IV, 28.11.2003, n. 46024, rv. 226722; Sez. IV, 9 dicembre 2008 n. 45496, rv.242029).
Generico il motivo di ricorso riguardante l’ applicazione della recidiva reiterata specifica che il
giudice ha motivato attraverso il ponderato richiamo alla sentenza di primo grado, senza che il
ricorrente ( in particolare il Tempio) , censuri il metro di verifica della ricorrenza
dell’aggravante in parola, in forza della quale, tra l’altro, non può ritenersi maturata la eccepita
prescrizione.
Quanto all’ imputata Kurti , condannata per il solo delitto di favoreggiamento personale, il
giudice di merito fornisce incontrovertibili e logicamente connesse argomentazioni (pagg. 20 e
21 della sentenza), circa la penale responsabilità dell’imputata poggiante non già sull’incrocio
di tabulati telefonici, ma su plurimi e convergenti dati oggettivi quali : il controllo eseguito dalla
Polizia stradale il 6.12.2005 sull’autovettura Fiat Brava tg. AL 367 EE , risultata condotta da
Tempio Luigi e a bordo della quale, il giorno della rapina, fuggivano i malviventi; le circostanze
di tempo e di spazio del denuncia di furto dell’auto da parte della Kurti, il luogo di ritrovamento
dell’autovettura e l’assenza, a distanza di quatto giorni dalla rapina, di segni di
danneggiamento sulla stessa. Infondata è la questione riguardante la prescrizione del reato,
consumato il 25 maggio 2006, atteso che dal fascicolo di primo grado risultano plurimi e
reiterati atti interruttivi del termine di prescrizione idonei, per la loro durata (circa due anni), a
scongiurare il maturare del termine prima della pronuncia di secondo grado ( 16.12.2013).
Ali’ inammissibilita’ dell’impugnazione consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 1000,00 ciascuno.

P.Q.M.
DichiariNnammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 ciascuno alla cassa delle ammende.
COSI’ DECISO IL 12.11.2015

Corte ha ritenuto, con affermazione condivisa dal Collegio, che la certezza della prova non

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