Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50150 del 21/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50150 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANDREANI MASSIMO N. IL 09/08/1969
RAPARO GIANCARLO N. IL 24/04/1960
avverso la sentenza n. 2134/2006 CORTE APPELLO di ANCONA, del
30/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 21/10/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Ancona ha confermato la sentenza emessa in data 19 agosto 2006 dal Tribunale di Fermo, appellata da ANDREANI Massimo e RAPARO Giancarlo, dichiarati responsabili del delitto di furto aggravato in concorso, commesso il 18 agosto
2006.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati lamentando che sia stato ritenuto il furto mentre
si erano impossessati di materiale ferroso abbandonato in un terreno non recintato, che sia stata
ritenuta l’aggravante della violenza alle cose non avendo essi rotto alcun sistema di chiusura di n
cancello trovato aperto, e lamentando la mancata applicazione delle attenuanti generiche sulla
base solo dei precedenti e di quella ex art. 62 n. 4 c.p. in relazione a oggetti di scarso valore di
realizzo.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.
Infatti la Corte di merito ha riportato integralmente, anche senza interventi riparatori sull’assetto
grafico dei medesimi, i motivi di appello dei due prevenuti, così rendendo palese che il ricorso,
graficamente identico all’appello (a parte leggere modifiche), non è dotato della necessaria specificità non avendo ad oggetto le argomentazioni della sentenza impugnata.
Peraltro la Corte territoriale ha chiarito che dalle emergenze processuali risultava che le barre di
acciaio-manganese sottratte al cantiere si trovavano all’interno dell’area recintata, costituendo
pezzi di ricambio di un macchinario in funzione nel cantiere medesimo, area alla quale i prevenuti erano giunti con la forzatura dell’ingresso chiuso da cancello, mentre il materiale ferroso che
in precedenza avevano caricato sul camion si trovava realmente abbandonato in un terreno adiacente al cantiere, ma non aveva formato oggetto di imputazione.
La Corte di Appello ha poi chiarito in modo assolutamente adeguato come il valore del materiale
sottratto dal cantiere non potesse mai definirsi di speciale tenuità e come i plurimi precedenti dei
due prevenuti avessero giustificato la mancata applicazione delle attenuanti generiche, con ciò
correttamente riferendosi a parametri previsti dall’art, 133 c.p. valutabili anche ex art. 62 bis c.p.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 ottobre 2013.

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