Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5015 del 15/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5015 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOLIDORO SANDRA N. IL 27/06/1974
avverso la sentenza n. 3917/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
05/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. evA ti (NE sIAB
che ha concluso per 4’1 4,;,0‹,72C0 da. 44

Data Udienza: 15/01/2014

Ritenuto in fatto

1. Il Tribunale di Tivoli, Sezione distaccata di Palestrina, ha affermato la
responsabilità dell’imputata in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo
commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale e, riconosciute
le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante di cui al secondo comma
dell’art. 589 cod. pen., l’ha condannata alla pena di mesi quattro di reclusione,
oltre che al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento del danno nei

La pronunzia è stata confermata dalla Corte d’appello di Roma con la
sentenza in epigrafe.
L’addebito ritenuto dai giudici di merito attiene alla guida di un’auto in modo
imprudente ed in violazione dell’art. 154 cod. strada. L’imputata, infatti, secondo
quanto ritenuto nella sentenza impugnata, all’altezza del km. 72+900 della S.S.
155 in direzione San Cesareo, svoltava a sinistra per accedere alla propria
abitazione, senza accertarsi con la dovuta diligenza che non sopraggiungessero
veicoli da tergo, così andando a collidere con il motociclo condotto da Sidoti
Diego che si trovava in fase di sorpasso nella stessa direzione di marcia,
provocando allo stesso lesioni gravi da cui ne conseguiva il decesso (fatto
commesso in Zagarolo il 21/06/2005).

2. Ricorre per cassazione l’imputata, per mezzo del difensore, deducendo
vizio di motivazione.
Lamenta che il giudice d’appello non ha preso in esame i motivi
dell’impugnazione afferenti all’esistenza di colpa specifica ed in particolare alla
prevedibilità ed evitabilità dell’evento per effetto di una condotta diligente.
Deduce che erroneamente la Corte d’appello dà per scontato che vi sia stata
colpa, sia pure solo concorrente, da parte di essa ricorrente, trascurando che in
una norma elastica come quella dell’art. 154 cod. strada occorre un
apprezzamento concreto in ordine al profilo soggettivo del reato, nella specie
mancato non essendo in particolare emerso quando e dove il motociclista, che
sopraggiungeva da tergo, avesse cominciato il sorpasso e se pertanto di tale
manovra l’imputata potesse effettivamente avvedersi.
Lamenta che sul punto il giudice di secondo grado ha omesso di valutare
criticamente le conclusioni del consulente tecnico del PM (che tale prevedibilità
aveva categoricamente affermato) omettendo altresì di «effettuare un compiuto
esame delle censure mosse dall’appellante al provvedimento di primo grado, al
fine di coglierne l’esatto significato».

2

confronti delle parti civili.

Osserva in particolare che la Corte avrebbe dovuto quantomeno motivare
sul «perché la mancanza di prova in ordine al momento esatto in cui la persona
offesa intraprendeva il sorpasso vietato era da ritenersi non influente nell’ambito
di un giudizio di rimproverabilità dell’evento dannoso ascritto all’imputata».

Considerato in diritto

3. Il ricorso è inammissibile.

convincimento, evidenziando che la condotta colposa della vittima, pur accertata,
assume nel caso di specie solo rilievo concorrente nella determinazione causale
del sinistro e non può pertanto valere ad escludere la colpa dell’imputata,
derivante dall’inosservanza oltre che dei canoni di normale prudenza anche della
specifica regola di condotta che le imponeva, nell’effettuare la manovra di svolta
a sinistra, di dare la precedenza ai veicoli provenienti da tergo.
L’assunto del ricorrente secondo cui la stessa non sarebbe stata in grado,
anche tenendo una condotta di guida perfettamente prudente e diligente, di
avvedersi della moto proveniente alle spalle, è disatteso nella sentenza
impugnata sulla scorta dei rilievi offerti dalla perizia, secondo cui «l’imputata,
alla guida della sua auto, poteva avvistare benissimo la moto della persona
offesa, ad una distanza di m. 52,1, perché il tempo era buono, la strada era
asciutta ed il traffico non elevato … e quindi l’evento era prevedibile ed evitabile,
se la Fiat Punto si fosse fermata ed avesse dato la precedenza al motociclo».
Una tale motivazione è perfettamente congrua e valida sul piano logico a
supportare il convincimento detto. Per contro la censura sul punto svolta dal
ricorrente si appalesa del tutto generica e non vale a evidenziare lacune o
incoerenze logiche nel ragionamento probatorio della corte.
Il rilievo secondo cui mancherebbe la prova del momento esatto in cui la
persona offesa ha intrapreso nel tragico occorso la manovra di sorpasso, se
prima o dopo che l’imputata avesse intrapreso la sua manovra di svolta a
sinistra, oblitera il dato istruttorio utilizzato dalla Corte d’Appello, rappresentato
dai rilievi peritali che, evidentemente, nel supportare le conclusioni dette, hanno
anche implicitamente escluso l’esistenza di elementi da cui fosse possibile
inferire una condotta di guida talmente anomala della stessa persona offesa da
potersi porre quale caso fortuito idoneo a interrompere il nesso causale e ad
escludere la rimproverabilità dell’evento alla conducente dell’auto.
In tale contesto, intanto avrebbe potuto ravvisarsi in astratto un vizio di
motivazione, in quanto: a) nei motivi d’appello fosse stata dedotta
specificamente l’esistenza di gravi errori, lacune o incongruenze negli
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La corte territoriale motiva in modo congruo e conforme al diritto il proprio

accertamenti e nelle valutazioni peritali; b) tali motivi non fossero stati esaminati
o vi fosse stata data risposta incoerente o illogica da parte del giudice del merito.
Nulla di tutto questo deduce la ricorrente, la quale si limita piuttosto a
dedurre genericamente che la corte d’appello ha recepito acriticamente le
conclusioni del consulente tecnico e a contrapporvi l’apodittica affermazione che,
senza la prova del momento esatto in cui il motociclista sopraggiungente da
tergo ha iniziato il sorpasso, non sarebbe possibile affermare che l’imputata
avrebbe potuto avvistarlo per tempo. In tal senso la censura si risolve

dei fatti, come tale del tutto inammissibile in sede di legittimità.

4. Peraltro, oltre e prima che in punto di fatto, la censura si rivela
manifestamente infondata anche in punto di diritto, dal momento che,
quand’anche fosse possibile affermare che la manovra della persona offesa abbia
avuto inizio in un momento in cui l’imputata aveva già intrapreso la svolta a
sinistra e per questo la stessa non ha potuto avvedersi del suo sopraggiungere
da tergo, ciò non varrebbe comunque ad escludere la rimproverabilità dell’evento
anche a quest’ultima, per essersi posta nelle condizioni di non accorgersi per
tempo della manovra, quand’anche estremamente a sua volta imprudente, del
conducente del motoveicolo.
Giova in proposito rammentare che, secondo pacifica acquisizione della
giurisprudenza di questa S.C., nei reati colposi, perché una condotta
concomitante a quella dell’imputato, consistente nel comportamento imprudente
della vittima, possa escludere il rapporto di causalità, è necessario che essa sia
del tutto slegata dalla condotta dell’imputato, trovandosi del tutto al di fuori dello
sviluppo causale da questi innescato, tanto che l’evento che si verifica si presenti
come assolutamente eccezionale e da attribuire esclusivamente alla azione della
vittima: situazione questa nient’affatto predicabile rispetto alla manovra di
sorpasso di che trattasi in quanto, benché imprudente e forse anche spericolata,
tuttavia pur sempre riconducibile al novero degli eventi prevedibili nell’ambito
della circolazione stradale.
Secondo l’art. 140 cod. strada, invero, gli utenti della strada devono
comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione
stradale ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale e
secondo l’art. 141 vi è obbligo di adeguare la velocità alle concrete condizioni
della circolazione e obbligo di conservare sempre il controllo del veicolo. Tali
disposizioni dimostrano che la misura della diligenza che si pretende nel campo
della circolazione dei veicoli è massima, richiedendosi a ciascun utente, al fine di
controbilanciare la intrinseca pericolosità della specifica attività considerata,
4

evidentemente nella mera apodittica prospettazione di una diversa ricostruzione

peraltro assolutamente indispensabile alla vita sociale e sempre più in
espansione, una condotta di guida di assoluta prudenza della quale fa parte
anche l’obbligo di preoccuparsi della possibili irregolarità di comportamento di
terze persone. Il principio dell’affidamento dunque, nello specifico campo della
circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell’opposto principio,
secondo cui l’utente della strada è responsabile anche del comportamento
imprudente di altri utenti purché rientri nel limite della prevedibilità (v. ex multis
Sez. 4, n. 27350 del 23/05/2013, Feliziani, non mass.; Sez. 4, n. 17481 del

Mercurio, non mass.; Sez. 4, n. 12361 del 07/02/2008, Biondo, Rv. 239258;
Sez. 4, n. 9420 del 21/06/1988, Rv. 179227).

5. La declaratoria di inammissibilità impedisce di rilevare la prescrizione
maturata successivamente alla sentenza impugnata. La giurisprudenza di questa
Corte Suprema ha, infatti, più volte chiarito che l’inammissibilità del ricorso per
cassazione «non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca,
rv. 217266: nella specie, l’inammissibilità del ricorso era dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi, e la prescrizione del reato era maturata
successivamente alla data della sentenza impugnata con il ricorso; conforme,
Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, Niccoli, rv. 239400).

6. Discende dal detto esito, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché apparendo evidente che essa ha proposto il ricorso determinando la causa di
inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto
della rilevante entità di detta colpa – della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle
…….., ammende.
Così deciso il LIZZGEI:1 I5/O( 1 29 / 41

Il Consigliere estensore

Il Presi nte

14/02/2008, Notarnicola, non mass.; cfr. anche Sez. 4, 28168 del 21/03/2013,

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