Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50146 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50146 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: AIELLI LUCIA

CARUSO MASSIMO nato a Catania il 4/1/1991;
GIUFFRIDA Salvatore nato a Catania il 25.2.1988;
avverso la sentenza n. 2007/13 della Corte d’Appello di Catania del 15.10.2013 ;
visti gli atti , la sentenza ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Lucia AIELLI ;
udite le conclusioni del Sostituto procuratore generale dott. Alfredo VIOLA che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 15.10.2013 la Corte d’Appello di Catania confermava la
sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Catania il 15.4.2013 che , in esito al giudizio
abbreviato, condannava Giuffrida Salvatore e Caruso Massimo alla pena di anni quattro di
reclusione ed euro 1.200,00 di multa ciascuno , per i reati di rapina aggravata , resistenza
a pubblico ufficiale e ricettazione.
Avverso tale pronuncia proponevano appello i suddetti imputati che lamentavano
l’erronea ed omessa motivazione in merito al ritenuto concorso di persone nel reato di
resistenza a pubblico ufficiale, in merito alla configurabilità del reato di furto, piuttosto

Data Udienza: 12/11/2015

che di ricettazione, in merito alla esclusione delle circostanze attenuanti generiche, ed
alla mancata concessione dell’attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 c.p..
La Corte d’Appello confermava integralmente la pronuncia di condanna .
Con ricorso per Cassazione i due imputati riproducono le stesse censure già
prospettate in fase di appello: 1) con il primo motivo non contestano la consumazione del
reato di rapina aggravata, ma lamentano che il giudice d’appello avrebbe ricavato la
prova della loro penale responsabilità – in ordine al delitto di resistenza a pubblico
ufficiale, consistito nello speronare l’autovettura di servizio in uso alla Polizia e nell’usare
violenza contro gli agenti intervenuti nell’immediatezza della rapina, per eseguire l’arresto

quale i rapinatori si davano alla fuga, senza individuare in concreto quale sarebbe stato
l’apporto fornito dai ricorrenti, alla consumazione del reato di cui all’art. 337 c.p. ; 2) con
il secondo motivo i ricorrenti lamentano la carenza o illogicità della motivazione e la
violazione di legge ( artt. 606 lett. b) ed e) c.p.p., non avendo la Corte d’Appello motivato
in ordine alla sussistenza del reato di ricettazione che ha attribuito, indistintamente, a
tutti gli occupanti dell’autovettura; 3) con il terzo motivo il Giuffrida lamenta la violazione
di legge in relazione agli artt. 125 c.p.p., 111 della Costituzione e 648 cpv. c.p. non
avendo la Corte d’Appello motivato sulla mancata concessione della circostanza
attenuante indicata; mentre con il terzo motivo il Caruso e con il quarto motivo il
Giuffrida, parallelamente, lamentano la mancanza o illogicità della motivazione avuto
riguardo alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n.4 c.p.; con il quarto
motivo il Caruso lamenta il vizio di motivazione avuto riguardo alla mancata concessione
delle circostanze attenuanti generiche ( motivo quinto del Giuffrida). Ancora i due
ricorrenti si dolgono del trattamento sanzionatorio in quanto la Corte avrebbe errato nel
considerare applicabile l’aumento di pena ai sensi dell’att. 63 c. IV c.p. , in quanto
avrebbe tenuto conto della recidiva senza motivare circa la sua ricorrenza , così come
avrebbe errato nell’aumentare la pena ai sensi dell’art. 63 c. 4 c.p., anziché ex art. 99. 6
c.p. ed avrebbe reso una motivazione carente riguardo ai criteri utilizzati per la
determinazione, in concreto, della pena.

Considerato in diritto

Occorre premettere che la richiesta di rinvio dell’odierna udienza, avanzata
dall’avv. Salvatore Sterlino , difensore di Giuffrida Salvatore, è stata disattesa da
questa Corte in quanto proposta con riferimento ad altro concomitante impegno
professionale il cui avviso risulta essere stato notificato successivamente a quello
dell’odierna udienza; inoltre la richiesta di rinvio appare carente avuto riguardo all’
assenza di qualsiasi indicazione circa l’impossibilità di nominare sostituti
processuali in quel procedimento ovvero, in alternativa, nel presente giudizio di
cassazione.La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha già enunciato il
principio, che va qui ribadito, secondo cui il difensore che chiede il rinvio del
dibattimento per assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento,
non deve limitarsi a documentare la contemporanea esistenza di altro suo

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– semplicemente dalla presenza dei due imputati all’interno dell’autovettura, a bordo della

impegno professionale, ma deve fornire l’attestazione dell’assenza di un
codifensore nell’altro procedimento e prospettare le specifiche ragioni per le
quali non possa farsi sostituire nell’uno o nell’altro dei due processi
contemporanei, nonché i motivi che impongono la sua presenza nell’altro
processo, in relazione alla particolare natura dell’attività che deve svolgervi, al
fine di dimostrare che l’impedimento non sia funzionale a manovre dilatorie (Sez.
1^, n. 13351 del 11/02/2004, Appio, Rv. 228160; Sez. 2^, n. 25754 del
11/06/2008, Staibano, Rv. 241457; Sez. 3^, n. 26408 del 02/05/2013,
Convertini, Rv. 256294).

fondatezza, avuto riguardo alle statuizioni relative alla recidiva. Quanto agli altri
motivi, entrambi i ricorsi riproducono pedissequamente gli argomenti prospettati
nel gravame, ai quali la Corte d’appello ha dato adeguate e argomentate risposte,
esaustive in fatto e corrette in diritto, che i ricorrenti non considerano, né
specificatamente censurano. Il giudice di appello per affermare l’infondatezza
della tesi difensiva in punto di insussistenza degli estremi del concorso da parte
dei ricorrenti nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale, ha infatti, con
argomentazioni ineccepibili sia logicamente che giuridicamente, evidenziato che
benché nessuno dei due imputati si trovasse alla guida del mezzo, essi,
manifestando la scelta di sfuggire alla cattura con l’auto, hanno accettato di
condividere ogni possibilità offerta all’auto stessa , in quanto idonea a riuscire
nell’intento, ed ha aggiunto che nel caso in esame si verte nell’ipotesi tipica di
concorso di persone nel reato , trattandosi di reato ulteriore rispetto a quello
programmato , sia pure ad esso collegato. Per il concorso di persone nel reato
infatti , è stato ripetutamente affermato da questa Corte che non è necessario un
previo accordo diretto alla causazione dell’evento, ben potendo il concorso
esplicitarsi in un intervento di carattere estemporaneo sopravvenuto a sostegno
dell’azione altrui, ancora in corso ( Cass. Pen. Sez. H, n. 18745/2013) .Tuttavia
l’intesa spontanea nel corso dell’esecuzione del reato rileva a condizione che l’atto
riferibile all’autore principale ed addebitato al correo a titolo di concorso pieno,
rappresenti una naturale conseguenza evolutiva degli atti posti in essere in
precedenza di comune accordo. Ne consegue che se nel momento in cui uno dei
correi nel porre in essere un’azione aggressiva, ad esempio, con l’uso di un’arma
da fuoco, trasmoda nell’uso dell’arma e si serve di quest’ultima per uccidere , il
risultato dell’azione individuale non può che essere riferito anche ai correi a titolo
di concorso pieno con dolo eventuale. ( Cass. Pen. Sez. Unite 337/08; Sez. 5, n.
36135/2010).
Quanto al motivo riguardante la omessa motivazione in punto di derubricazione
del reato di ricettazione in quello di furto, la Corte territoriale correttamente ricava
la responsabilità piena degli imputati per il delitto di cui all’art. 648 c.p., in
ragione della materiale disponibilità del bene di provenienza furtiva, da parte degli
imputati, escludendo la minore ipotesi di furto, in ragione della totale mancanza di
riscontri probatori a tale alternativa prospettazione; sul punto è’ stato affermato

Venendo, ora, alla disamina dei motivi di ricorso, ne va rilevata la parziale

da questa Corte che risponde del delitto di ricettazione l’imputato, che, trovato
nella disponibilità della refurtiva, in assenza di elementi probatori indicativi della
riconducibilità del possesso alla commissione

del furto, non fornisca una

spiegazione attendibile dell’origine del possesso.( Sez. 2 , 5522/13, rv. 258264).
Il giudice d’appello, inoltre, a motivato correttamente circa la non riconoscibilità
della circostanza attenuante di cui all’art. 648 cpv. c.p., laddove, sia pure con
riferimento alla non riconoscibilità dell’attenuante comune di cui all’alt 62 n. 4 c.p.
e delle circostanze attenuanti generiche, effettuando una valutazione complessiva
del fatto, avuto riguardo alle modalità dell’azione ed agli effetti dell’azione lesiva,
ha escluso una rilevanza criminosa, della vicenda, assolutamente marginale.

grado, appare carente. Non si rinviene infatti alcuna argomentazione in merito alla
applicazione della recidiva, considerata dal giudice di primo grado, obbligatoria e
per nulla valutata dal giudice secondo grado. La Corte d’Appello non ha effettuato
alcuna concreta verifica circa la sussistenza degli elementi indicativi di una
maggiore capacità a delinquere dei rei, come imposto dalla norma invocata,
tenuto conto che l’applicazione dell’aumento di pena per effetto della recidiva,
rientra nell’esercizio dei poteri discrezionali del giudice e richiede adeguata
motivazione, in particolare, con riguardo alla nuova azione costituente reato e alla
sua idoneità a manifestare una maggiore capacità a delinquere che giustifichi
l’aumento di pena ( Cass. Sez. 5, n. 46452/2008, rv.242601). Da ultimo la Corte
Costituzionale, in tema di recidiva obbligatoria di cui al c. V dell’art. 99 c.p., ha
escluso che l’aumento di pena possa essere correlato ad una presunzione di
maggiore pericolosità del reo, ricavata esclusivamente dall’appartenenza del
nuovo reato, al novero dei reati di cui all’art. 407 c.p.p., senza alcun
accertamento concreto della effettiva significatività del nuovo episodio delittuoso (
sent. 185/2015).
Alla luce dei principi sopra enunciati, deve procedersi all’annullamento della
sentenza impugnata, limitatamente alle statuizione attinenti alla recidiva ed alla
determinazione della pena.
P.Q.M.

Annulla sentenza impugnata nei confronti di entrambi i ricorrenti limitatamente alle
statuizioni attinenti alla recidiva ed alla determinazione della pena , con rinvio ad altra
Sezione della Corte d’Appello di Catania.Rigetto nel resto.
Così deciso, il 12 novembre 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Con riferimento alla determinazione della pena, tuttavia, la sentenza di secondo

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