Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50127 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50127 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’ALESSANDRO LUIGI N. IL 18/11/1952
avverso l’ordinanza n. 28/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
15/01/2013

Data Udienza: 21/11/2013

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
lette/se n e le conclusioni del PG Dott. ìl k
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..e’ ilt.i. t A Aux.: » ,■ l4evta.-

Uditi difensor Avv.;

9224/13 RG

1

CONSIDERATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 15.1.2013 la Corte d’appello di L’Aquila ha dichiarato
inammissibile la dichiarazione di ricusazione del cons. Aldo Manfredi, presentata da
Luigi D’Alessandro il 1.12.12 nel procedimento 1653/2008 perché avrebbe già
conosciuto dei medesimi fatti nel precedente procedimento 1038/2000 della stessa
Corte distrettuale (corrispondente al 1385/91 RGNR), argomentando che in realtà i

proposta la dichiarazione di ricusazione in esame) e quelli definiti con precedente
sentenza 11.1.11 dal medesimo magistrato nel procedimento già 1385/1991 erano
del tutto diversi. In particolare il Giudice distrettuale ha dato conto della natura dei
reati e di alcuni aspetti in rito, evidenziando soprattutto che “in alcun punto della
motivazione la Corte di Appello ha trattato dei fatti posti a base del processo
1653/2008”.
2. Con ricorso personale D’Alessandro chiede l’annullamento dell’ordinanza
per violazione dell’art. 37 lett. B c.p.p., perché “la lettera stessa” della precedente
sentenza dimostrerebbe che “il suo autore è entrato nel merito dei fatti di cui
all’imputazione” attuale, avendo ritenuto insussistenti i fatti attribuiti agli avv.
Marrone e Zanna.
3. Il procuratore generale in sede ha presentato conclusioni scritte per
l’inammissibilità del ricorso, attesa la genericità degli assunti.

RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la genericità del motivo. A fronte
di una articolata motivazione della Corte d’appello in ordine a due punti specifici: la
diversità dei reati e dei fatti nei due processi e l’assenza nella precedente sentenza
di alcuna valutazione in ordine ai fatti dell’attuale processo, il ricorrente afferma il
contrario in termini solo assertivi, senza così consentire alcuna verifica di ordine
logico che possa muovere da un confronto tra due argomentazioni specifiche posta
a base della propria apodittica censura.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma, equa al caso, di euro 1500 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1500 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21.11.2013

fatti oggetto del processo per calunnia a carico del D’Alessandro (nel quale è stata

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