Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50118 del 26/09/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50118 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

Data Udienza: 26/09/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MAROTTA ANTONINO n. 9/7/1953
avverso l’ordinanza n. 1391/2012 del 3/4/2012 della CORTE DI APPELLO DI
MILANO
visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
letta la requisitoria scritta del Procuratore Generale in persona del Dott.
ANTONIO MURA che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di Milano con ordinanza del 3/4/2012 ha dichiarato
inammissibile l’appello presentato da Marotta Antonio avverso la sentenza del
Tribunale di Monza del 18/6/2010 per genericità dei motivi; ha ritenuto, difatti,
che il ricorrente non abbia tenuto conto di quanto riportato nella sentenza ;
limitandosi a ribadire la propria tesi difensiva, che a fronte del “puntuale e ampio
quadro probatorio”

le argomentazioni della difesa sono

“inconferenti ed

inammissibili” anche quanto al trattamento sanzionatorio.
Avverso tale ordinanza Marotta ha proposto ricorso per cassazione
deducendo vizio di motivazione e violazione di legge; rileva che l’ordinanza
impugnata non motiva sulla ragione per la quale ciascuno dei motivi della
richiesta di assoluzione sia generico, né sulla ragione per cui sia generica la
richiesta di non applicare la recidiva o di sostituzione della pena detentiva in
quella pecuniaria. La motivazione adottata appare predefinita e non riferibile al
caso di specie, come dimostra la affermazione di genericità dell’appello quanto

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alla richiesta di riduzione del trattamento sanzionatorio laddove l’appello non
investiva affatto tale profilo, limitandosi a chiedere la sostituzione della pena
detentiva in pecuniaria.
Il Procuratore Generale presso questa Corte con propria requisitoria scritta,
ritenuto che l’appello presenti motivi sufficientemente specifici, chiede
l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il ricorso è fondato.
La regola in tema di specificità dei motivi dell’impugnazione di cui all’art.

sentenza impugnata la cui cognizione è devoluta al giudice del gravame,
l’indicazione dei motivi per i quali la stessa sentenza sia erronea nonché,
ovviamente, il risultato che si intende ottenere, rispetto al quale va misurato
l’interesse alla impugnazione. Tale regola, la cui funzione è quella di delimitare
l’ambito del giudizio di impugnazione che non può consistere, invece, in una
sostanziale ripetizione del processo, va interpretata in conformità ad una
indiscutibile regola generale di “favor impugnationis” (Sez. 4, n. 48469 del
07/12/2011 – dep. 28/12/2011, El Katib e altro, Rv. 251934) e non al contrario,
trasformandola in una sorta di strumento di fatto per la deflazione dei carichi di
lavoro.
La valutazione di genericità deve, poi, tenere conto del tipo di impugnazione
e della consistenza degli argomenti del provvedimento impugnato. In particolare,
in ordine al giudizio di appello, la anzidetta regola generale di specificità dei
motivi va modulata tenendo conto che l’ appello consente una nuova valutazione
in fatto e, quindi, i motivi possono anche consistere sostanzialmente in un
motivato invito alla rilettura delle prove.
Nel caso di specie, la sentenza di primo grado affermava come la prova del
reato di evasione dagli arresti domiciliari fosse data dalla mancata risposta al
citofono e dalle telefonate non riuscite dirette alla utenza cellulare del ricorrente.
Rispetto a tali argomenti l’atto di appello, in modo non certo apodittico,
sosteneva le ragioni per le quali non potesse farsi riferimento a circostanze quali
la mancata risposta al citofono per ottenere la certezza della assenza. Tali
valutazioni della difesa potranno essere infondate ma non possono essere
ritenute prive di specificità rispetto alla sentenza, né può anticiparsyn sede di
valutazione di ammissibilità dell’appello / un esame di merito.
Inoltre il provvedimento impugnato è anche aspecifico rispetto all’atto
à; appello laddove afferma che in quest’ultimo vi fosse solo una generica doglianza
in tema di determinazione delle pene; l’atto di appello, invece, come evidente ad
una rapida lettura, si doleva in via più specifica della applicazione della recidiva e
della mancata conversione della pena.

581 lett. c) cod. proc. pen. impone la chiara individuazione dei punti della

In conclusione l’atto di appello consentiva agevolmente la individuazione di
quali fossero i punti della sentenza impugnata in contestazione e di quale fosse
l’ambito di rivalutazione richiesto al giudice di appello; inoltre l’ordinanza
impugnata riteneva l’inammissibilità con motivazione non del tutto conseguente
agli argomenti del medesimo atto di appello.
Ne consegue l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e la
trasmissione degli atti alla Corte di Appello perché proceda al giudizio di secondo
grado.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti
alla Corte di Appello di Milano per l’ulteriore corso.
Roma c ì deciso nella camera di consiglio del 26 settembre 2013
il Con
Pierlu

re estensore
i Stef. 4

il Presidente
Fr

erpico

P.Q.M.

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