Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50116 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50116 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GAROFALO ANTONIO N. IL 11/08/1969
avverso la sentenza n. 265/2009 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 11/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLO CITTERIO
e.0
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. l’
che ha concluso per ,

mAmAA-r X4.4.4-ou et, i’mAl tiA

tAy, c,t, 1 3-171.1( dttA

Udito, per la p)h civile, l’Avv
Udit i dif7/Or Avv.

i C-0-.41-Y.P14/U-444es

Data Udienza: 21/11/2013

51076/12 RG

1

CONSIDERATO IN FATTO
1. Antonio Garofalo è imputato della ricettazione di circa 3000 kg di trefoli in
alluminio, provento di furto in danno delle Ferrovie dello Stato, consumato
1’8.1.1998, in concorso con tale Luciano Padulo. Il reato ascritto all’imputato è stato
accertato il 13.1.1998.

reato. Certa la sua provenienza furtiva, secondo il Tribunale il fatto che Garofalo
avesse rivenduto il materiale a tale Moscato (anch’egli imputato di ricettazione e
assolto) con un documento scritto, ricevendo in pagamento un assegno, fondava il
dubbio in ordine alla sua consapevolezza circa la provenienza furtiva del materiale
venduto.
Appellava nei soli confronti del Garofalo il procuratore generale distrettuale.
Dopo un’iniziale dichiarazione di inammissibilità dell’appello della parte pubblica, ai
sensi della legge 46/2006, annullata da questa Corte suprema, con sentenza in
data 11-17.10.2012 la Corte d’appello di Campobasso accoglieva l’impugnazione
della parte pubblica, deliberava la colpevolezza del Garofalo e, con le attenuanti
generiche, lo condannava alla pena di un anno quattro mesi di reclusione.

2. Con ricorso personale l’imputato enuncia tre motivi:
1-. “mancanza e illogicità della motivazione” sul punto dell’affermazione di
responsabilità, tenuto conto che i tre elementi sulla base dei quali in altro processo
il coimputato Padulo era stato assolto (aver lasciato tracce evidenti e
incontrovertibili del proprio ‘mercimonio’, con la dichiarazione di vendita e la
ricezione di assegno; mancare nei trefoli timbri o segni identificativi) erano comuni
alla posizione di Garofalo. Da qui la dedotta illogicità dell’aver valutato
diversamente i medesimi elementi probatori, nonché l’insufficienza della medesima
motivazione per aver trascurato quell’assenza di segni distintivi valorizzata dal
Giudice di Padulo. Né dal silenzio di Garofalo nel processo potrebbero trarsi
elementi di prova, essendo stato richiesto il giudizio abbreviato “convinti che
l’innocenza di Garofalo risultasse già dagli atti e dalla sentenza nei confronti del
Padulo”;
2-. Violazione degli artt. 530.2 e 533.1 c.p.p., perché il passaggio in giudicato
della sentenza assolutoria nei confronti di Padulo (nonché di altri due imputati di

Il 10.1.2005 il Tribunale di Larino lo ha assolto, perché il fatto non costituisce

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2

ricettazione) per sé fonderebbe il ragionevole dubbio incompatibile con la condanna
per Garofa lo;
3-. Violazione dell’art. 442.3 c.p.p., perché la pena sarebbe stata determinata
senza la riduzione per il richiesto rito abbreviato.

RAGIONI DELLA DECISIONE
3.

Il reato è ad oggi estinto per prescrizione, pur tenendo conto

dell’interruzione pertinente intervenuta in primo grado.

della fondatezza del terzo motivo relativo al trattamento sanzionatorio, non
sussistendo invece le condizioni per il proscioglimento nel merito ai sensi dell’art.
129.2 c.p.p., avuto riguardo, allo stato, al contenuto della sentenza d’appello.

4. Infatti i primi due motivi, che vanno trattati insieme prospettando la
medesima questione sotto formalmente distinti aspetti, sono infondati. In definitiva
il ricorrente lamenta che sulla base dei medesimi elementi di prova altri soggetti
nella sua stessa posizione siano stati assolti in diversi processi, o nello stesso
processo, e che l’imputato sia stato assolto in primo grado e condannato in appello.
Ma le assoluzioni dei soggetti che avrebbero presentato il medesimo quadro
probatorio, in ordine all’intervento nella commercializzazione di parti del materiale
di certa provenienza furtiva, sono inidonee per sé a fondare un vizio logico della
valutazione operata in questo processo dalla sentenza impugnata. E’ infatti costante
l’insegnamento di questa Corte suprema che esclude la decisività della diversa
valutazione del medesimo materiale probatorio da parte di giudici diversi in
procedimenti diversi (Sez.1 sent. 6273/2009; Sez.5 sent. 4225/2008) anche sotto il
mero aspetto logico della contraddittorietà delle decisioni (Sez. 12809/2011; Sez. 3
sent. 1130/1999). Altrettanto irrilevante, e per le medesime ragioni, è l’assoluzione
di altri originari coimputati di questo processo. La Corte d’appello in ragione
dell’effetto devolutivo si è occupata, ed ha motivato, della sola posizione
processuale del Garofalo, cui era limitato l’appello del procuratore generale
distrettuale (sul punto specificamente p. 2 della sentenza d’appello), sicché è da
escludere anche la astratta configurabilità di intrinseche contraddizioni della
motivazione per il sol fatto delle diverse valutazioni di posizioni comunque
differenti, definite in grado diverso del medesimo processo.
La Corte d’appello di Campobasso si è poi attenuta agli insegnamenti di

Sez.6

sent. 22120/2009 e SU sent.45276/2003, nonché di Sez.6 sent. 40159/2011 e
8705/2013; Sez.2 sent. 11883/2013,

sul tema degli obblighi di motivazione

i

L’impugnata sentenza deve pertanto essere annullata senza rinvio, in ragione

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3

‘rafforzata’ nel caso di riforma di deliberazione assolutoria del primo grado. In
particolare ha evidenziato un punto essenziale della vicenda sul quale il primo
Giudice aveva omesso alcuna motivazione: non avere l’imputato voluto o potuto
fornire una plausibile giustificazione sul modo in cui era venuto in possesso dei
trefoli di alluminio rubati, spiegando espressamente (e in termini conformi alla
giurisprudenza di questa Corte suprema sul punto:

per tutte, Sez.2, sent.

29198/2010) la valenza probatoria univoca di tale omessa indicazione, a fronte
della certa provenienza illecita della merce. La Corte distrettuale ha altresì

qualità del materiale rubato in possesso dell’imputato) perché il residuo dato
valorizzato dal primo Giudice (la formalizzazione della cessione successiva) non
fosse per sé idoneo a superare la valenza accusatoria dell’assenza di alcuna
allegazione sulla provenienza della merce furtiva (possesso per sé incompatibile,
per massima di comune esperienza, con un lecito acquisto, non allegato
dettagliatamente come tale). Si tratta quindi di un apprezzamento di stretto merito,
non contrastante in diritto con l’interpretazione di questa Corte suprema e
argomentato con motivazione specifica, attenta a indicare le ragioni della carenza
della prima motivazione e, quindi, non risolventesi in una mera alternativa lettura di
tutti gli aspetti rilevanti del medesimo materiale probatorio. Manifestamente
infondata è, infine, la parte di motivo in cui si lamenta l’omessa risposta
all’allegazione in appello della mancanza di prova sulla riconducibilità al Garofalo
della cessione del materiale al Moscato, oggetto invece di specifica motivazione a p.
3 della sentenza d’appello, rispetto alla quale le deduzioni del ricorso si risolvono in
censure di merito e sostanzialmente generiche.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 21.11.2013

espressamente spiegato (e con motivazione assorbente dei vari aspetti inerenti la

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