Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50111 del 21/11/2013
Penale Sent. Sez. 6 Num. 50111 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: CITTERIO CARLO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI NATALE RAFFAELE N. IL 07/04/1970
avverso la sentenza n. 6452/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLO CITTERIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e6tAr -in Cet~-e4
che ha concluso per /e x
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Data Udienza: 21/11/2013
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CONSIDERATO IN FATTO
1. Con sentenza del 27.1.12 la Corte d’appello di Napoli confermava la
condanna di Raffaele Di Natale, deliberata il 30.5.2007 per due delitti ex art. 73.5
dPR 309/90, solo riducendo la pena.
– vizi alternativi della motivazione sul ritenuto concorso di persone nel reato;
– omessa motivazione sul diniego delle attenuanti generiche;
– sopravvenuta prescrizione, dovendo la fattispecie ex art. 73.5 dPR 309/90
essere considerata autonoma.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile. Consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma, equa al caso, di euro 1000 in
favore della Cassa delle ammende.
Il primo motivo è al tempo stesso manifestamente infondato e diverso da
quelli consentiti, risolvendosi in censure di merito all’apprezzamento del materiale
probatorio. La Corte d’appello non ha argomentato la sufficienza logica
dell’accettazione del rischio di essere scoperto ad attestare il concorso, ma ha
descritto gli elementi in fatto che, come già il primo Giudice, ha giudicato sufficienti
ad imporre la conclusione del consapevole concorso, precisando che tale
conclusione non era frutto di generalizzata lettura della complessiva vicenda, bensì
di valutazione degli specifici elementi afferenti determinate condotte, come
comprovato dall’affermazione di responsabilità per due soli episodi del giorno 4
luglio 1998, a fronte di un monitoraggio di polizia di più giorni, avente ad oggetto
anche Di Natale in occasioni ulteriori rispetto a quelle giudicate uniche riconducibili
a personale adesione all’attività di spaccio (p. 4, 6).
Il secondo motivo è manifestamente infondato essendovi specifica
motivazione sul diniego delle attenuanti generiche (p.6) ed anche in questo caso le
doglianze del ricorso risolvendosi in censure in fatto.
Il terzo motivo è manifestamente infondato, quanto al decorso della
prescrizione. Infatti, per consolidato insegnamento di questa Corte suprema i reati
previsti dal d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, relativi a sostanze stupefacenti inserite
nelle vecchie tabelle 1 e 3 allegate al citato decreto, commessi prima dell’entrata in
2. Ricorre nell’interesse dell’imputato il difensore, enunciando motivi di:
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vigore della I. 5 dicembre 2005, n. 251, o per i quali a tale data risulta emessa la
sentenza di condanna in primo grado, si prescrivono, ove sia stata ritenuta la
circostanza attenuante di cui all’art. 73 comma quinto d.P.R. n. 309 del 1990, nel
termine ordinario di dieci anni ed in quello massimo di quindici anni, a tutt’oggi non
decorsi (rispetto al 4.7.1998) [Sez.3, sant. 444/2012].
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
Così deciso in Roma, il 21.11.2013
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.