Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50110 del 21/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 50110 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Pagano Guglielmo Bernardo, nato a Orbetello il 01/10/1987

avverso la sentenza del 19/09/2011 della Corte di appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata;
udito per l’imputato l’avv. Umberto Richiello, in sostituzione dell’avv. Bruno
Leporatti, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO E
CONSIDERATO IN DIRITTO

cgo

d,d .eoulA,

f.(4 , ,

i. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Firenze, in riforma della
sentenza assolutoria di primo grado del 24/11/2009 del Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Grosseto, condannava Guglielmo Bernardo Pagano

Data Udienza: 21/11/2013

alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 1 bis, d.P.R. n.
309 del 1990, per avere, in Capalbio il 19/01/2009, illecitamente detenuto gr.
425,13 di sostanza stupefacente del tipo hashish, divisa in più panetti con
percentuale di thc variabile tra l’11,87 ed il 13,22%.
Rilevava la Cortei-M10144 come fosse fondato l’appello avanzato dal P.M. e
come le emergenze processuali avessero dimostrato la colpevolezza
dell’imputato in ordine al reato contestatogli, attesi il rilevante valore ponderale
della droga rinvenuta nello zaino dell’imputato, nascosto nella vettura con la

difficilmente destinabile al prolungato consumo personale in ragione
dell’accelerato processo di deperimento cui quello stupefacente è soggetto; il
fatto che la sostanza fosse divisa in distinti panetti, di quattro interi ed uno
aperto; ed ancora la circostanza che il Pagano, asseritamente consumatore
abituale di quello stupefacente, non avesse fornito una prova convincente circa
la sua capacità economica ad affrontare la spesa di 500 euro, indicata come la
somma che aveva versato all’ignoto tunisino che, incontrato alla stazione di
Roma, gli aveva venduto la sostanza.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Pagano, con atto sottoscritto
personalmente, il quale, con un unico moli” ha dedotto la violazione di legge, in
relazione all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., ed il vizio di motivazione, per
contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte di appello riformato la
sentenza di prime cure dando un differente significato probatorio a quei
medesimi elementi fattuali che avevano indotto il primo giudice ad assolvere
l’imputato, dati inadatti a fornire una prova certa della destinazione allo spaccio
della droga sequestrata, invece della sua destinazione al consumo personale,
attestata dall’interessato.

4. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato.
Costituisce oramai espressione di un consolidato orientamento nella
giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale è illegittima la
sentenza d’appello che, in riforma di quella assolutoria, condanni l’imputato sulla
base di una alternativa e non maggiormente persuasiva interpretazione del
medesimo compendio probatorio utilizzato nel primo grado di giudizio: ciò perché
la regola di valutazione probatoria dell’ “atttgni ragionevole dubbio”, inserita
nel nostro ordinamento processuale dalla legge n. 46 del 2006, comporta che, in
mancanza di elementi di prova sopravvenuti, una rilettura in senso peggiorativo,
all’esito del giudizio di secondo grado, dello stesso materiale probatorio già
acquisito in primo grado e lì giudicato insufficiente a fondare una affermazione di

2

quale lo stesso stava tornando a casa provenendo da Roma, quantitativo

colpevolezza dell’imputato, sia possibile solamente se la diversa ricostruzione
probatoria della vicenda sia sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare
oggettive carenze o insufficienze della decisione assolutoria, in termini tali da
non lasciare alcun residuo ragionevole dubbio sulla condanna dell’imputato. “Non
basta, insomma, per la riforma caducatrice di un’assoluzione” – si è
convincentemente detto – “una mera diversa valutazione caratterizzata da pari o
addirittura minore plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice,
occorrendo invece, come detto, una forza persuasiva superiore, tale da far

situazione di contrasto: la condanna, invero, presuppone la certezza della
colpevolezza, mentre l’assoluzione non presuppone la certezza dell’innocenza ma
la mera non certezza della colpevolezza” (così Sez. 6, n. 40159 del 03/11/2011,
Galante, Rv. 251066; conf., in seguito, Sez. 6, n. 8705 del 24/01/2013, Farre,
Rv. 254113; Sez. 6, n. 1514/13 del 19/12/2012, Crispi, Rv. 253940; Sez. 6, n.
49755 del 21/11/2012, G., Rv. 253909; Sez. 6, n. 1266/13 del 10/10/2012,
Andrini, Rv. 254024; Sez. 6, n. 46847 del 10/07/2012, Aimone, Rv. 253718;
Sez. 2, n. 27018 del 27/03/2012, Urcioli, Rv. 253407; Sez. 6, n. 4996/12 del
26/10/2011, Abbate, Rv. 251782).
Alla stregua di tale regula iuris va rilevato come la Corte di appello di Firenze
non abbia rispettato l’indicato canone di legittimità, in quanto ha offerto una
mera valutazione alternativa degli elementi di prova già verificati dal Giudice di
prime cure e da questi ritenuti inidonei a superare le perplessità circa una
destinazione della droga sequestrata diversa da quella del consumo personale
reiteratamente sostenuta dall’imputato. Ed invero – escluso che possa essere
riconosciuta una qualche rilevanza al non meglio precisato ‘fatto notorio’ della
facile e rapida deperibilità dell’hashish, sia perché è discutibile che si tratti del
risultato di una reale conoscenza comune e diffusa, sia anche perché appare di
incerta valenza l’asserita connessa massima di esperienza secondo cui un
tossicodipendente non acquisterebbe poco più di 400 grammi di quella sostanza
perché non farebbe in tempo per farne un consumo personale – va osservato
come la Corte di merito, in assenza di nuovi dati informativi, sopravvenuti o
precedentemente non valutati, si sia limitata ad offrire una semantica diversa ed
alternativa, ma ugualmente priva di inequivoca significanza dimostrativa, ai
medesimi elementi di prova già valutati dal Giudice di prime cure: in specie,
asserendo che la divisione della droga in panetti fosse sintomatica di una
possibile destinazione alla rivendita della sostanza, laddove il Giudice per le
indagini preliminari aveva convincentemente chiarito come la suddivisione in più
tavolette, separatamente confezionate in ‘panetti’, costituisse la classica forma di
impacchettamento dell’hashish, dunque compatibile anche con l’ipotesi
3

cadere “ogni ragionevole dubbio”, in qualche modo intrinseco alla stessa

dell’acquisto per proprio conto; e che la dichiarazione testimoniale della madre
dell’imputato in ordine alle capacità economiche del figlio derivanti dallo
svolgimento stagionale di piccole attività lavorative, non fosse attendibile in
quanto proveniente da persona non disinteressata rispetto all’esito del processo,
laddove il primo Giudice aveva evidenziato come quella deposizione, pur
provenendo da persona non del tutto credibile, avesse fornito un principio di
prova in ordine ad una circostanza, peraltro in parte riscontrata dalla copia di
alcune buste paga prodotte dalla difesa, che, anche in considerazione della non

ritrovamento in casa del prevenuto di materiale atto alla divisione dello
stupefacente ed alla preparazione di dosi da rivendere, legittimamente aveva
fatto sorgere il dubbio sulla destinazione allo spaccio della sostanza rinvenuta
nella disponibilità dell’interessato. Né conduce a differenti conclusioni
l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, alla giustificazione data
dall’imputato in ordine alle modalità di incontro con il venditore della droga
perché dal silenzio serbato dal predetto sulla reale identità del suo fornitore non
potevano essere desunti elementi sicuri in ordine alla successiva destinazione
allo spaccio della droga recuperata: situazione fattuale nella quale congruamente
il Giudice di primo grado aveva reputato di poter fare applicazione del principio di
diritto secondo il quale, in materia di stupefacenti, il mero dato quantitativo del
superamento dei limiti tabellari previsti dall’art. 73, comma 1 bis, lett. a), d.P.R.
cit. non vale ad invertire l’onere della prova a carico dell’imputato, ovvero ad
introdurre una sorta di presunzione, sia pure relativa, in ordine alla destinazione
della sostanza ad un uso non esclusivamente personale, dovendo il giudice
globalmente valutare, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta
disposizione normativa, se le modalità di presentazione e le altre circostanze
dell’azione siano tali da escludere una finalità esclusivamente personale della
detenzione (così, tra le tante, Sez. 6, n. 12146 del 12/02/2009, P.M. in proc.
Delugan, Rv. 242923).
La sentenza gravata deve essere, dunque, annullata con rinvio 494/

Ismu.
Sttecryttillwa ,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA