Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50109 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50109 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Jassar Avtarsingh, nato a Badwali (India) il 01/10/1978

avverso la sentenza del 23/05/2012 della Corte di appello di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Brescia confermava la
pronuncia di primo grado del 28/09/2011 con la quale il Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Mantova aveva condannato alla pena di giustizia,
all’esito di giudizio abbreviato, Avtarsingh gassar in relazione ai reati di cui agli
artt. 73, commi 1 bis e 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1) e agli artt. 81 cpv. e

Data Udienza: 21/11/2013

y

110 cod. pen., 73, commi 1 bis e 5, d.P.R. cit. (capo 2), per avere, in Marmirolo,
tra il luglio ed il 05/10/2011, illecitamente detenuto presso la propria abitazione
diciassette involucri contenenti 23 gr. di sostanza stupefacente del tipo eroina, e
per avere, in concorso con tale Singh, in quattro distinte occasioni ceduto a Rita
Cressoni sostanza stupefacente del tipo eroina in quantità imprecisata.
Rilevava la Corte di appello come le emergenze processuali avessero
dimostrato la colpevolezza dell’imputato in ordine al reato contestatogli; e come
il prevenuto non fosse meritevole del riconoscimento delle circostanze

adeguata alla gravità delle condotte accertate.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso í0Jassar, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Giampaolo Cazzolla, il quale ha dedotto i seguenti tre
motivi.
2.1. Vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità, per avere la Corte territoriale ingiustificatamente confermato la
sentenza di condanna di primo grado anche con riferimento al reato di cui al
capo 1), benché fosse risultato evidente che l’eroina rinvenuta nella sua
abitazione fosse appartenuta al coimputato Singh, che in quella casa aveva
trovato ospitalità, il quale non era stato imputato di tale condotta illecita.
2.2. Vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità, per avere la Corte bresciana immotivatamente fissato la pena da
infliggere all’imputato / partendo da una sanzione base lontana dai minimi edittali,
benché fosse risultato il ridotto quantitativo e la scarsa qualità della droga
sequestrata, oltre all’incensuratezza del prevenuto.
2.3. Vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità, per avere la Corte distrettuale erroneamente negato all’imputato il
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonostante
l’incensuratezza del predetto e la non particolare gravità dei fatti.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia inammissibile.

3.1. Il primo motivo del ricorso è inammissibile perché presentato per fare
valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.
Al di là del dato enunciativo, il ricorrente solo formalmente ha indicato, come
motivo della sua impugnazione, il vizio di motivazione della decisione gravata,
ma non ha, invero, prospettato alcuna reale contraddizione logica, intesa come
implausibilità delle premesse dell’argomentazione, irrazionalità delle regole di
inferenza, ovvero manifesto ed insanabile contrasto tra quelle premesse e le
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attenuanti generiche e la pena finale fosse stata determinata in maniera

conclusioni; né ha lamentato una incompleta descrizione degli elementi di prova
rilevanti per la decisione, intesa come incompletezza dei dati informativi
desumibili dalle carte del procedimento.
Il ricorrente, invero, si è limitato a criticare il significato che la Corte di appello
di Brescia aveva dato al contenuto delle emergenze acquisite durante
l’istruttoria: tuttavia, bisogna rilevare come il ricorso, lungi dal proporre un
‘travisamento delle prove’, vale a dire una incompatibilità tra l’apparato
motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del

stato presentato per sostenere, in pratica, una ipotesi di ‘travisamento dei fatti’
oggetto di analisi, sollecitando un’inammissibile rivalutazione dell’intero
materiale d’indagine, rispetto al quale è stata proposta dalla difesa una
spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dalla Corte territoriale
nell’ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente.
Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio
di diritto secondo il quale, a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma 1, lett.
e), cod. proc. pen., ad opera dell’art. 8 della legge 20 febbraio 2006, n. 46,
mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di ‘travisamento
della prova’, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il
proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova
obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è affatto
permesso dedurre il vizio del ‘travisamento del fatto’, stante la preclusione per il
giudice di legittimità a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che,
in tal caso, si domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione
estranea al giudizio di legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli
elementi di prova valutati dai giudice di merito ai fini della decisione (così, tra le
tante, Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623; Sez. 5, n. 39048
del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215).
La motivazione contenuta nella sentenza impugnata possiede una stringente e
completa capacità persuasiva, nella quale non sono riconoscibili vizi di manifesta
illogicità, avendo la Corte lombarda spiegato come la riferibilità soggettiva
all’odierno ricorrente della detenzione dello stupefacente rinvenuto nella sua
abitazione fosse stata provata dal fatto che la droga fosse stata scoperta
all’interno della casa occupata dal Jassar e solo temporaneamente dal Singh,
dalla circostanza che altre due dosi di eroina, confezionate in maniera identica a
quella dei pacchetti venduti alla Cressoni, fossero state trovate proprio indosso
allo Jassar, nonché il fatto che questi fosse stato indicato dalla Cressoni, oltre
che da due altri testimoni, come colui che curava in prima persona lo spaccio al

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procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell’intera motivazione, è

minuto di quello stupefacente e che, solo occasionalmente, era stato affiancato o
sostituito nella materiale cessione delle dosi dal Singh (v. pagg. 2-5 sent.
impugn.).

3.2. Il secondo ed il terzo motivo del ricorso sono manifestamente infondati.
Il ricorrente ha preteso che in questa sede si proceda ad una rinnovata
valutazione delle modalità mediante le quali il giudice di merito aveva esercitato
il potere discrezionale a lui concesso dall’ordinamento ai fini del riconoscimento

esercizio che deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente il pensiero del giudice in ordine all’adeguamento della pena concreta
alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Nella specie, del tutto legittimamente la Corte di merito ha ritenuto ostativo al
riconoscimento delle attenuanti generiche la obiettiva gravità delle condotte
accertate, atteso che l’eroina sequestrata era in quantitativo tale da permettere
la formazione di oltre 88 dosi medie singole, e la reiterazione nel tempo dei
comportamenti delittuosi, dati che non avevano permesso un più benevolo
giudizio e che avevano giustificato la fissazione della sanzione in una misura
finale equa e proporzionata alle caratteristiche oggettive e soggettive della
vicenda (v. pag. 5 sent. impugn.), trattandosi di parametri considerati dall’art.
133 cod. pen., applicabile anche ai fini dell’art. 62 bis cod. pen.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento e al pagamento in favore della cassa delle
ammende di una somma che si stima equo fissare nell’importo indicato nel
dispositivo che segue.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 21/11/2013

delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione della pena finale:

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