Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50108 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50108 Anno 2013
Presidente: SERPICO FRANCESCO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sui ricorsi presentati da
1. Bresciani Manuel, nato a Gavardo (BS) il 12/08/1980
2. Samir Abdessamad, nato in Marocco il 26/09/1985

avverso la sentenza del 29/05/2012 della Corte di appello di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi;
udito per il Bresciani l’avv. Antonino Ordile per il Bresciani, che ha concluso
chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO E
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Brescia confermava la
pronuncia di primo grado del 05/12/2011 con la quale il Tribunale della stessa

Data Udienza: 21/11/2013

città aveva condannato alla pena di giustizia, all’esito di giudizio abbreviato,
Romano Bresciano e Abdessamad Samir in relazione ai reati loro rispettivamente
ascritti di cui all’art. 73, commi 1 bis e 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per avere, in
Molinetto di Mazzano il 18/10/2011, il primo detenuto a fine di spaccio gr. 6,3
lordi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, confezionata in due dosi, e gr.
1,4 di sostanza del tipo marijuana; e il secondo detenuto a fine di spaccio gr. 8,8
di sostanza stupefacente del tipo cocaina, suddivisa in quattordici dosi.
Rilevava la Corte di appello come le emergenze processuali avessero

come nessuno dei due imputati fosse meritevole del riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche e come per gli stessi la pena finale fosse stata
determinata in maniera adeguata alla gravità delle condotte accertate.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Bresciani, con atto
sottoscritto dal suo difensore avv. Antonino Ordile, il quale ha dedotto i seguenti
quattro motivi.
2.1. Vizio di motivazione, per contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere
la Corte territoriale ingiustificatamente escluso che la droga rinvenuta nell’auto
del Bresciani fosse stata da questi poco prima acquistata dal Samir e fosse
destinata al proprio consumo personale.
2.2. Violazione di legge, in relazione all’art. 73, comma 1 bis, d.P.R. cit., per
avere la Corte distrettuale valorizzato il dato ponderale della sostanza
sequestrata e le circostanze concrete della condotta, elementi che, invece,
avrebbero dovuto confermare che la droga fosse destinata al consumo personale
dell’imputato.
2.3. Violazione di legge, in relazione all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.,
per avere i Giudici di merito erroneamente valutato gli elementi di prova
segnalati a carico del prevenuto.
2.4. Violazione di legge, in relazione all’art. 62 bis cod. pen., per avere la Corte
bresciana immotivatamente negato all’imputato il riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche che, invece, in ragione non solo dello stato di
incensuratezza, ma anche della lieve entità del fatto e delle condizioni personali
e familiari dell’interessato, ben potevano essergli concesse.
2.5. Con memoria depositata il 09/10/2013 il difensore del Bresciani, nel
formulare quattro nuovi motivi, è tornato a sottolineare gli aspetti posti a
fondamento dei tre primi motivi dell’originario ricorso. Con una ulteriore
memoria del ‘5/11/2013 lo stesso difensore ha domandato rinviarsi la decisione
in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sulla questione di legittimità
sollevata dalla Terza sezione della Cassazione con ordinanza n. 2554 del 2013.
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dimostrato la colpevolezza dei due imputati in ordine ai reati loro contestati;

3. Contro la medesima sentenza ha presentato ricorso anche il Samir, con atto
sottoscritto dal suo difensore avv. Vincenzo Trommacco, il quale, con un unico
punto, ha denunciato la violazione di legge, in relazione all’art. 192, comma 2,
cod. proc. pen., ed il vizio di motivazione, per avere la Corte di appello
erroneamente confermato la sentenza di primo grado sulla base di una non
corretta lettura degli elementi indiziari che avrebbero dovuto, invece, indurre i
Giudici di merito a ritenere che la droga rinvenuta nella vettura del Samir era

personale.

4. Ritiene la Corte che entrambi i ricorsi siano inammissibili.

4.1. Preliminarmente va disattesa la richiesta di rinvio formulata dalla difesa
del Bresciani in quanto la questione di legittimità costituzionale sollevata con
l’ordinanza innanzi richiamata non è pertinente al caso di specie, nel quale
l’imputato è stato condannato per la detenzione illegale anche di una sostanza
stupefacente (cocaina) già facente parte della tabella delle droghe c.d. ‘pesanti’.

4.2. I primi tre motivi del ricorso del Bresciani, strettamente connessi e perciò
esaminabili congiuntamente, sono inammissibili perché presentati per fare valere
ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.
Al di là del dato enunciativo, il ricorrente solo formalmente ha indicato, come
motivo della sua impugnazione, la violazione di norme di legge penale
sostanziale o processuale ed il vizio di motivazione della decisione gravata, ma
non ha, invero, prospettato alcuna reale contraddizione logica, intesa come
implausibilità delle premesse dell’argomentazione, irrazionalità delle regole di
inferenza, ovvero manifesto ed insanabile contrasto tra quelle premesse e le
conclusioni; né ha lamentato una incompleta descrizione degli elementi di prova
rilevanti per la decisione, intesa come incompletezza dei dati informativi
desumibili dalle carte del procedimento.
Il ricorrente, invero, si è limitato a criticare il significato che la Corte di appello
di Brescia aveva dato al contenuto delle emergenze acquisite durante
l’istruttoria: tuttavia, bisogna rilevare come il ricorso, lungi dal proporre un
‘travisamento delle prove’, vale a dire una incompatibilità tra l’apparato
motivazionale del provvedimento impugnato ed il contenuto degli atti del
procedimento, tale da disarticolare la coerenza logica dell’intera motivazione, è
stato presentato per sostenere, in pratica, una ipotesi di ‘travisamento dei fatti’
oggetto di analisi, sollecitando un’inammissibile rivalutazione dell’intero

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stata da questi acquistata, poco prima, dal Bresciani per poterne fare consumo

materiale d’indagine, rispetto al quale è stata proposta dalla difesa una
spiegazione alternativa alla semantica privilegiata dalla Corte territoriale
nell’ambito di un sistema motivazionale logicamente completo ed esauriente.
Questa Corte, pertanto, non ha ragione di discostarsi dal consolidato principio
di diritto secondo il quale, a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma 1, lett.
e), cod. proc. pen., ad opera dell’art. 8 della legge 20 febbraio 2006, n. 46,
mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di ‘travisamento
della prova’, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il

obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale, non è affatto
permesso dedurre il vizio del ‘travisamento del fatto’, stante la preclusione per il
giudice di legittimità a sovrapporre la propria valutazione delle risultanze
processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e considerato che,
in tal caso, si domanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione
estranea al giudizio di legittimità, qual è quella di reinterpretazione degli
elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (così, tra le
tante, Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623; Sez. 5, n. 39048
del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215).
Né risulta violata la norma incriminatrice applicata, in quanto i Giudici di
merito hanno fatto buon governo della regola secondo la quale, in materia di
stupefacenti, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare
previsto dall’art. 73, comma 1 bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990, se da solo
non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo
spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri
elementi, tale conclusione (così, da ultimo, Sez. 6, n. 11025 del 06/03/2013, De
Rosa e altro, Rv. 255726).
La motivazione contenuta nella sentenza impugnata possiede una stringente e
completa capacità persuasiva, nella quale non sono riconoscibili vizi di manifesta
illogicità, avendo la Corte lombarda spiegato come la destinazione allo spaccio
delle sostanze stupefacenti rinvenute nella vettura guidata dal Bresciani fosse
stata dimostrata, oltre che dalla duplice natura delle sostanze medesime e dal
consistente quantitativo della cocaina sequestrata (peraltro divisa in due distinti
pacchetti ciascuno contenente droga di diversa qualità), dal fatto che gli
stupefacenti fossero stati trasportati in luogo pubblico, all’interno della vettura
con la quale l’interessato si era pure incontrato con altro soggetto gravitante nel
mondo del narcotraffico, ma soprattutto dalla circostanza che il Bresciani avesse
con sé, nell’abitacolo, tutto quanto occorrente per la preparazione di ulteriori
confezioni destinate alla rivendita in favore di terzi, quali buste di cellophane
ritagliate / un paio di forbici, il filo verde impiegato per la chiusura dei pacchetti ed
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proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova

un barattolo di sostanza in polvere, utilizzabile come eccipiente per ‘tagliare’ la
droga: dati fattuali dall’inequivoco valore indiziario, a fronte dei quali
scarsamente attendibili erano state le ragioni maldestramente esposte dal
prevenuto per cercare di giustificarne il trasporto in auto (v. pagg. 5-6 sent.
impugn.).

4.3. Il quarto motivo del ricorso del Bresciani è manifestamente infondato.
Il ricorrente ha preteso che in questa sede si proceda ad una rinnovata

il potere discrezionale a lui concesso dall’ordinamento ai fini del riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche: esercizio che deve essere motivato nei
soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero del giudice in ordine
all’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla
personalità del reo.
Nella specie, del tutto legittimamente la Corte di merito ha ritenuto ostativo al
riconoscimento delle attenuanti generiche la obiettiva gravità delle condotte
accertate a carico di un soggetto pure incensurato e l’assenza di aspetti, nel
comportamento processuale, che potessero permettere un più benevolo giudizio
(v. pagg. 6-7 sent. impugn.), trattandosi di parametri considerati dall’art. 133
cod. pen., applicabile anche ai fini dell’art. 62 bis cod. pen.

5. Anche il motivo del ricorso presentato nell’interesse del Samir è stato
formulato per ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.
Alla luce di quanto innanzi anticipato nel punto 5.1., al contenuto del quale si
fa rinvio, la sentenza impugnata ricostruisce in fatto la vicenda con motivazione
esaustiva, immune da vizi logici e strettamente ancorata alle emergenze
processuali e, in particolare, agli esiti delle investigazioni svolte, sicché può
ritenersi dato definitivamente acclarato come la cocaina rinvenuta nella vettura
del Samir fosse destinata allo spaccio in favore di terzi in quanto sostanza
stupefacente di rilevante entità ponderale e di elevata qualità, già suddivisa in
ben quattordici dosi immediatamente smerciabili, acquistabili solo con un
rilevante esborso di denaro incompatibile con le condizioni economiche
dell’imputato, il quale, peraltro, aveva tentato poco plausibilmente di far credere
di aver acquistato quella droga per consumarla personalmente nei pochi giorni
che, a suo dire, si sarebbe dovuto trattenere in Italia prima di ripartire per la
Spagna.
I rilievi formulati al riguardo dal ricorrente si muovono nella prospettiva di
accreditare una diversa lettura delle risultanze istruttorie e si risolvono, quindi, in
non consentite censure in fatto all’iter argomentativo seguito dalla sentenza di
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valutazione delle modalità mediante le quali il giudice di merito aveva esercitato

merito, nella quale, per altro, v’è puntuale risposta a detti rilievi, in tutto
sovrapponibili a quelli già sottoposti all’attenzione della Corte territoriale.

7. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento e ciascuno al pagamento in favore della
cassa delle ammende di una somma che si stima equo fissare nell’importo

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 21/11/2013

indicato nel dispositivo che segue.

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