Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50104 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50104 Anno 2013
Presidente: LANZA LUIGI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Tiziano Repole, nato a Roma il 7.4.1988
avverso la sentenza del 25 febbraio 2013 emessa dalla Corte d’appello di
Roma;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale, Giuseppe Volpe, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 24/10/2013


i■

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Roma ha confermato
la sentenza del 5 giugno 2012 del locale Tribunale nella parte in cui ha
riconosciuto l’appellante, Tiziano Repole, responsabile del reato di cui all’art.
73 d.P.R. 309/1990, ma in accoglimento dell’appello del pubblico ministero ha

all’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 cit., pervenendo alla medesima
pena stabilita dal primo giudice, pari ad anni due di reclusione ed euro
5.000,00 di multa.

2. L’avvocato Angelo Staniscia, nell’interesse dell’imputato, ha proposto
ricorso per cassazione in cui deduce l’erronea applicazione dell’art. 99 c.p. e il
vizio di motivazione, evidenziando che i giudici d’appello hanno riconosciuto
sussistente la recidiva facoltativa senza enunciarne le ragioni per le quali il
fatto contestato, sebbene ritenuto modesto, fosse in concreto indicativo di
una maggiore pericolosità dell’imputato.

3. Il ricorso è inammissibile.
La Corte d’appello con una motivazione adeguata e coerente ha
giustificato le ragioni per cui ha ritenuto sussistente la recidiva reiterata,
evidenziando che a carico dell’imputato risultano tre condanne definitiva di cui
una specifica (risalente a circa quattro anni prima) e sulla base di tali
circostanze ha desunto la pericolosità dell’imputato.
Si tratta di una motivazione che non presenta i caratteri di
contraddittorietà cui si riferisce il ricorrente, dal momento che il
riconoscimento della pericolosità si è basato su dati oggettivi relativi alle
condanne preg resse.
Peraltro, si rileva come la ritenuta sussistenza della recidiva non abbia
determinato alcuna conseguenza sulla pena inflitta, che è rimasta quella
applicata in primo grado, nonostante l’accoglimneto dell’appello del pubblico
ministero avente ad oggetto proprio il mancato riconoscimento della recidiva
reiterata.

2

ritenuto sussistente la contestata recidiva, seppure sub valente rispetto

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., delle spese processuali e di una
somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo
determinare in euro 1.000,00.
P. Q. M.

delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2013

Il Consigli re stensore

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

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