Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50101 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50101 Anno 2013
Presidente: LANZA LUIGI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Corrado Catena, nato a Venezia il 1.4.1954
avverso la sentenza dell’8 giugno 2012 emessa dalla Corte d’appello di
Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale, Giuseppe Volpe, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avvocato Chiara Russo, sostituto processuale dell’avvocato Mauro
Ambrogio Pirovano, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 24/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Milano ha dichiarato
l’inammissibilità dell’appello proposto da Corrado Catena avverso la sentenza
del Tribunale di Milano del 15 dicembre 2009, con cui era stato condannato
alla pena di sette mesi di reclusione per il reato di cui agli artt.

12-sexies

assistenza familiare nei confronti della figlia minore Francesca omettendo la
corresponsione della somma di euro 400,00 mensili come disposto nella
sentenza civile di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con
Serafina Valente.
Secondo la sentenza l’imputato ha proposto appello tempestivamente a
mezzo di telegramma senza specificare i motivi, mentre successivamente, in
data 25.3.2010, il difensore ha depositato l’atto di appello contenente i motivi,
ma a termini di impugnazione scaduti.

2. L’avvocato Mauro Pirovano, nell’interesse dell’imputato, ha proposto
ricorso per cassazione, con cui contesta la decisione di inammissibilità e
sostiene che la tempestiva proposizione dell’appello da parte dell’imputato,
con la spedizione del telegramma in data 19.1.010, consentisse la successiva
specificazione dei motivi, come del resto è avvenuto attraverso
l’impugnazione del difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il motivo proposto è manifestamente infondato.
Il nuovo codice prevede l’impugnazione come atto unitario, senza
distinguere tra dichiarazione e motivi come invece accadeva nel codice del
1930 (artt. 199 e 151). Il regime delle impugnazioni così come disciplinato
dall’art. 581 e segg. c.p.p. impone che dichiarazione e motivi siano presentati
contestualmente una volta depositata la motivazione del provvedimento da
impugnare. Più precisamente deve ritenersi che l’unicità dell’impugnazione
abbia di fatto portato al superamento della concezione dell’impugnazione
come negozio processuale costituito da “dichiarazione e motivi”, per essere
inteso come negozio processuale unitario, in cui i motivi perdono la loro
autonomia, per essere parte integrale dell’atto di impugnazione.

legge n. 898 del 1970 e 570 c.p., per essersi sottratto agli obblighi di

Pertanto, nella presente fattispecie, la Corte d’appello milanese ha
correttamente dichiarato l’inammissibilità dell’appello, in quanto l’atto di
impugnazione proposto con telegramma, seppur tempestivo, era privo di
motivi, quindi in violazione di quanto stabilito dall’art. 581 comma 1 lett. c)
c.p.p.; mentre l’appello proposto successivamente, a firma del difensore,

4. La manifesta infondatezza del motivo proposto determina
l’inammissibilità anche del presente ricorso, con la condanna del ricorrente, ai
sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una
somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo
quantificare in euro 1.000,00.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2013
(

risultava tardivo, perché depositato oltre i termini indicati dall’art. 585 c.p.p.

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