Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50099 del 24/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 50099 Anno 2013
Presidente: LANZA LUIGI
Relatore: FIDELBO GIORGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Andrea Viti, nato a Milano il 27.5.1969
avverso la sentenza del 20 aprile 2012 emessa dalla Corte d’appello di
Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere dott. Giorgio Fidelbo;
udite le richieste del sostituto procuratore generale, Giuseppe Volpe, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avvocato Nicoletta Parvis, difensore della parte civile, che ha chiesto il
rigetto del ricorso dell’imputato;
udito l’avvocato Luca Jacopo Lauri, che ha insistito per l’accoglimento del suo
ricorso.

Data Udienza: 24/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Milano, in parziale
riforma della sentenza emessa il 24 novembre 2010 dal Tribunale di Milano,
ha confermato la responsabilità di Andrea Viti per i reati di maltrattamento e
lesioni ai danni della moglie, Valentina Matteucci, riducendo la pena ad anni

generiche; inoltre, ha confermato le statuizioni civili in favore della costituita
parte civile.

2.

Gli avvocati Mino Auletta e Luca Jacopo Lauri, nell’interesse

dell’imputato, hanno proposto ricorso per cassazione deducendo tre distinti
motivi, che di seguito si riassumono.
Con il primo si denuncia l’erronea applicazione dell’art. 572 c.p., in
quanto la sentenza d’appello ha ritenuto sussistente il reato di maltrattamenti
in mancanza dell’elemento dell’abitualità della condotta di sopraffazione che
sarebbe stata posta in essere dal Viti ai danni della moglie, essendo emerso
dall’istruttoria soltanto una forte conflittualità tra i coniugi caratterizzata da
frequenti litigi, solo alcune volte degenerati in scontri fisici. Inoltre, si
evidenzia come i giudici di merito non abbiano preso in alcuna considerazione
la consulenza tecnica d’ufficio della dott.ssa Marina Loi, disposta nel parallelo
procedimento civile di separazione e acquisita, sull’accordo delle parti, al
processo penale, dalla quale emergerebbe un profilo della Valentina Matteucci
difficile da conciliare con la sopraffazione, l’umiliazione e lo stato di
prostrazione che caratterizza il reato di cui all’art. 572 c.p., essendo emerso
un suo atteggiamento “rigido, distaccato e di superiore conoscenza
intellettiva” con una tendenza a “proporsi sempre con una modalità
discettante nei confronti del Viti”; nella stessa direzione avrebbe dovuto
condurre la testimonianza di Moretti, che ha riferito della gelosia ossessiva
della Matteucci e della sua insofferenza per il lavoro svolto dal marito, ritenuto
inadeguato.
Con riferimento al reato di lesioni si è rilevata la totale mancanza di
motivazione, sebbene fosse stata oggetto di impugnazione.
Con il secondo motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione
in ordine alla valutazione dell’attendibilità della persona offesa, costituitasi

2

uno e mesi undici di reclusione per effetto del riconoscimento delle attenuanti

parte civile. Si sostiene che i giudici d’appello avrebbero omesso di valutare
due circostanze che avrebbero dovuto condurre ad un giudizio negativo
sull’attendibilità della persona offesa: il riferimento è a quanto riferito dalla
Matteucci circa l’uso di stupefacenti (cocaina) da parte del marito e alle
violenze fisiche che avrebbe posto in essere anche ai danni della figlia minore.
Circostanze risultate del tutto false, senza che la Corte territoriale abbia tratto

Con il terzo motivo si deduce l’omessa motivazione su uno dei motivi
proposti in appello e relativi all’assegnazione della provvisionale
immediatamente esecutiva in favore della parte civile, di cui la difesa aveva
chiesto la revoca perché concessa senza alcuna prova del danno subito e
senza considerare le condizioni economiche dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato limitatamente alle censure che riguardano la
condanna per il reato di lesioni personali, mancando sul punto ogni
motivazione.

4. Per il resto il ricorso è infondato.
La sentenza ha ampiamente motivato sulla sussistenza del reato di
maltrattamenti, ritenendolo provato non solo sulla base delle dichiarazioni
della persona offesa, ma prendendo in attento esame le testimonianze dei
vicini di casa, nonché quelle di Nadia Muscialdini, psicologa responsabile del
Centro Soccorso Rosa, e soprattutto di Roberto Maria Pinna, neuropsichiatra
che ha avuto in cura la Matteucci, il quale ha riferito di episodi di aggressione
subiti da quest’ultima ad opera del marito, evidenziando la situazione di
spavento e di prostrazione della donna; inoltre, a conferma delle dichiarazioni
accusatorie della persona offesa i giudici hanno utilizzato i certificati medici
prodotti in atti. Sulla base di questo quadro probatorio la Corte territoriale ha
escluso che le condotte oggetto di contestazione fossero il sintomo di un
semplice conflitto familiare – così come sostenuto dal ricorrente – ritenendo,
invece, trattarsi di una “situazione di violenza e di sopraffazione (…) divenuta
un vero e proprio stile di vita”.

3

le dovute conseguenze per quanto concerne l’attendibilità della Matteucci.

Le censure mosse nel ricorso non appaiono in grado di mettere in crisi
questa ricostruzione, limitandosi a proporre una lettura alternativa dei fatti;
d’altra parte, nessun rilievo a questi fini può essere attribuito alle
considerazioni espresse nella consulenza disposta in sede civile ovvero alla
testimonianza di Moretti, cui si riferisce il ricorrente, dal momento che
riferiscono situazioni soggettive della persona offesa che non incidono

Per quanto concerne la persona offesa, la sua attendibilità è dimostrata
dai riscontri cui si è già fatto riferimento e, inoltre, dalla stessa valutazione
compiuta dai giudici di merito, che hanno messo in rilievo la coerenza delle
dichiarazioni rese e, soprattutto, l’assenza di qualsiasi intento di rivalsa o di
vendetta nei confronti del marito. Peraltro, nessun cenno è rinvenibile in
sentenza in ordine alle pretese dichiarazioni false che la persona offesa
avrebbe fatto circa l’uso di stupefacenti da parte del marito e sulla circostanza
che questi, in alcune occasioni, avrebbe usato violenza anche nei confronti
della figlia minore.
Infine, del tutto infondato è anche il motivo relativo alla provvisionale.
Infatti, il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare
condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una
somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per
cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e
destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale
risarcimento (Sez. V, 17 gennaio 2007, n. 5001, Mearini).

5. In conclusione, la sentenza deve essere annullata limitatamente al
reato di lesioni personali con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di
Milano per nuovo giudizio sul capo.
Per il resto il ricorso deve essere rigettato.

P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di lesioni personali
e rinvia per nuovo giudizio sul capo ad altra sezione della Corte d’appello di
Milano.
Rigetta nel resto il ricorso.

4

minimamente sulla ricostruzione operata in sentenza.

Così deciso il 24 ottobre 2013

Il Consigli re estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA