Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50095 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50095 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BENATI DANIELE N. IL 03/12/1976
avverso l’ordinanza n. 1380/2012 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
30/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENZO IANNELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 28/11/2013

t

-1- Tramite difensore, Benati Daniele, già ristretto in custodia cautelare in carcere per il delitto di
estorsione ex art. 629 c.p. in forza dell’ ordinanza del gip del tribunale di Modena in data 4.10.2012,
ricorre per cassazione avverso l’ ordinanza in data 30.10/2.11.2012 del tribunale della stessa città
che,in sede di riesame del provvedimento restrittivo, confermava la misura cautelare adottata,
valorizzando le fonti di prova costituite dalla deposizione della persona offesa, il contenuto di sms
dal prevenuto inviate alla predetta, le denunce di altre persone truffate dal Benati con un analogo
modus operandi.
-2- In breve il fatto come ricostruito dai giudici di merito: il prevenuto, “agganciava” Tiziana
Lamberti , persona ingenua ed inesperta, tramite una chat-line, si presentava, tra l’altro, come un
esperto in investimenti finanziari, si faceva consegnare la somma di 3.000 euro che non restituiva ,e
con minacce consistite e nel far intervenire amici “calabresi” si faceva consegnare a più riprese
somme di denaro., Altre due donne, dopo aver appreso dell’arresto ,lo denunciavano per analoghi
comportamenti truffaldini.
-3- Il ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato
Senza alcun riferimento al concreto processuale, alla tipologia delle minacce, alle somme in un
primo momento oggetto di truffa, in un secondo momenti estorte, la difesa contesta la gravità degli
indizi, censurando il discorso giustificativo giudiziale perché asseritamente condotto
decontestualizzando le singole condotte, prospettando la qualificazione del fatto per cui è
intervenuta la misura cautelare non come estorsione ,ma come truffa, al pari della qualifica della
condotta precedente alla condotta minacciosa, contestando infine la sussistenza di esigenze cautelari
che non consentirebbero comunque, ove il fatto fosse diversamente qualificato, come proposto, la
misura cautelare adottata.
Il vero è che la censure oltre che generiche svolgono il tentativo di indurre questa Corte alla
rivisitazione del materiale probatorio, per nulla contestato nella sua realtà fenomenica, attraverso
criteri di ragione anch’essi generici ed incompatibili con il significato estraibile dalla piana
rappresentazione dei fatti.
Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso,
l’imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento,
nonché — ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ( Corte
cost. n. 186/2000; Cass. S.U. 27.6.2001, Cavalera Rv. 219532) – al pagamento la somma di mille
euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, nonché alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile che si liquidano in
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.Si provveda a norma
dell’art. 94, 1° ter disp.att. c.p.p.
Così deciso in Roma il 28.11.2013

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Giuseppe Volpe, per l’ inammissibilità del ricorso;

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