Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5009 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 5009 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FORMICHELLA GIUSEPPE N. IL 25/02/1973
avverso la sentenza n. 11252/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
22/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
r 097
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e»che ha concluso per ‘Le, 2,i(ie44-o t/te-e vi4
1-9 24’h-79N/2/Q.0 C09-?f
-29() .A cA-t, fr1-1-32e0-42_ clí D1/20;0 %

Udito, per la parte civile, l’Avv
L-Lklit i difensor Avv.

Data Udienza: 10/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Il 22/04/2013 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza
emessa il 3/05/2011 dal Tribunale di Benevento, con cui Formicheila Giuseppe
era stato dichiarato colpevole del reato di cui all’art.186 d.lgs. 30 aprile
1992,n.285 per aver circolato alla guida di un’autovettura in stato di ebbrezza
con tasso accertato pari a g/I 1,65 e condannato, previa concessione delle
attenuanti generiche, alla pena di mesi 2 di arresto ed euro 2.000,00 di
ammenda, con sospensione della patente per anni 1 e confisca dell’autovettura.

motivi:
a) inosservanza dell’art.114 disp.att. cod.proc.pen. in relazione all’art.356
cod.proc.pen. per omessa informativa, al momento dell’esame del tasso
alcolemico, della facoltà di farsi assistere da un difensore. Il ricorrente,
evidenziando come nel verbale redatto dalla Polizia Giudiziaria sia stata indicata
erroneamente la data del fatto e sia stato attestato che il controllo del tasso
alcolemico era stato eseguito nell’immediatezza del fatto, nonostante tale
operazione fosse stata eseguita a distanza di tre ore e mezza, ritiene che gli
agenti avrebbero barrato la casella riguardante l’avviso al difensore in modo
automatico, senza procedere effettivamente a tale adempimento;
b) inosservanza ed erronea applicazione dell’art.186 cod.strada per avere la
sentenza indicato che il ricorrente, trasportato in ospedale, si era rifiutato di
sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico, senza tuttavia prendere in
considerazione l’ipotesi prevista dall’art.186, comma 7, cod.strada;
c)

vizio motivazionale, per avere la sentenza ritenuto accertata la

sussistenza del reato nonostante avesse dato atto che il sinistro si era verificato
alle 4:35 mentre il primo controllo del tasso alcolemico era avvenuto alle 8:13,
con una frattura di continuità tra la guida dell’auto e l’alcoltest che rendeva
impossibile raggiungere la certezza sul dato quantitativo della concentrazione
alveolare. Il giudice di merito, si assume, avrebbe giustificato la pronuncia di
condanna sostenendo che il lasso di tempo trascorso non fosse imputabile ai
Carabinieri in quanto l’imputato si era rifiutato di sottoporsi all’esame quando era
in ospedale, ma quest’ultimo aveva appreso di dovervisi sottoporre solo una
volta tornato sul luogo del sinistro ed era, per contro, obbligo della polizia
giudiziaria acquisire il referto redatto in ospedale. La sentenza impugnata, pur
prendendo in esame tali circostanze, nonchè la dichiarazione dell’imputato di ‘
aver ingerito un caffè corretto una volta uscito dall’ospedale, aveva illogicament
ritenuto valido il valore accertato dopo quattro ore dal fermo;

2

2. Ricorre per cassazione Giuseppe Formichella sulla base dei seguenti

d) erronea applicazione delle statuizioni relative al giudizio di comparazione.
La sentenza impugnata, secondo il ricorrente, ha negato la richiesta modifica del
trattamento sanzionatorio richiamando la condotta dell’imputato, che tuttavia
non ha cagionato alcun incidente ed è ritornato spontaneamente sul luogo del
sinistro sottoponendosi all’alcoltest, con soluzione disancorata dalle risultanze
processuali e dai requisiti soggettivi.
3. Con nota pervenuta il 9/01/2014 il difensore del ricorrente ha formulato
istanza di rinvio per impedimento della parte, allegando certificato medico.

1. Occorre, preliminarmente, considerare che il termine di prescrizione del
reato contravvenzionale previsto dall’art.186 cod. strada, commesso in data
25/12/2008, alla data odierna non risulta spirato in ragione della sospensione del
processo dal 12/04/2011 al 3/05/2011. Tale sospensione è stata disposta, come
emerge dal verbale dell’udienza del 12/04/2011, a seguito della richiesta
istruttoria di esame dell’imputato contumace formulata dalla difesa, su istanza di
rinvio presentata dal difensore dell’imputato al fine di procedere all’esame di
quest’ultimo. Trattasi, quindi, di sospensione del processo che incide,
sospendendolo, sul corso di prescrizione del reato a norma dell’art.159, comma
1, n.3 cod.pen., non essendo il rinvio riconducibile ad altre, concomitanti, ragioni
o richieste di rinvio (Sez. 1, n.27676 del 17/05/2013, Fiumara, Rv. 256363; Sez.
5, n.49647 del 02/10/2009, Delli Santi, Rv. 245823; per la distinzione tra le
diverse ipotesi di cui all’art.159, comma 1, n.3 cod. pen. Sez. 3,
n. 45968 del 27/10/2011, Diso, Rv. 251629).
2. Risulta, poi, inapplicabile nel giudizio di cassazione la norma dettata
dall’art.420 ter cod.proc.pen., che impone il rinvio dell’udienza preliminare
qualora risulti il legittimo impedimento dell’imputato. Né è prevista da alcuna
norma la presenza dell’imputato all’udienza pubblica dinanzi alla Corte di
Cassazione, espressamente disciplinata per il giudizio camerale dagli artt.127 e
599 cod.proc.pen., tanto più che, come affermato con riferimento al previgente
art.536 cod.proc.pen., il concetto di assistenza difensiva non si identifica
necessariamente in quello di presenza personale dell’imputato nel giudizio, ma
va inteso come inderogabile garanzia della possibilità di difesa, che nel giudizio
innanzi alla Corte di Cassazione è ampiamente assicurata attraverso il
riconoscimento e la tutela di vari diritti processuali connessi, appunto, alla
assistenza

difensiva

(Sez. 1, n.15479 del 22/03/1988,

Fochetti, Rv.182483).
3. Il primo motivo di ricorso è infondato.

3

dep. 11/11/1989,

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.1. Nel caso in cui l’accertamento del tasso alcolemico muova dalla ritenuta
emersione di una notizia di reato, esso si concreta in un atto di polizia giudiziaria
urgente ed indifferibile, da ricondursi alla tipologia richiamata dall’art.354,
comma 3, cod.proc.pen.; di conseguenza, in ragione del disposto dell’art.114
disp.att. cod.proc.pen., la polizia giudiziaria, nel compimento dell’atto, avverte la
persona sottoposta alle indagini che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di
fiducia, senza che sia necessario procedere alla nomina di un difensore d’ufficio,
qualora quello di fiducia non sia stato nominato o, nominato, non sia comparso,

nel senso che la violazione del disposto dell’art.114 disp.att. cod.proc.pen. dia
luogo ad una nullità di ordine generale ma non assoluta e richiama l’art.182,
comma 2, cod.proc.pen. per affermare che tale nullità deve essere eccepita
prima del compimento dell’atto ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente
dopo, senza attendere il compimento del primo atto successivo. La nullità in
parola può essere anche rilevata d’ufficio, secondo quanto previsto dall’art.182
cod.proc.pen., ma ciò non è possibile quando la parte sia decaduta dalla
possibilità di proporre la relativa eccezione e comunque quando la nullità si sia
sanata. Nel caso in esame, peraltro, a prescindere dalla sanatoria e dalla
preclusione derivanti dal fatto che non risulta dedotto che il difensore abbia
eccepito la nullità nei termini sopra indicati, essendosi limitato a menzionarla tra
i motivi di appello (Sez.4, n.31358 del 4/07/2013, Rotani, Rv.256213;
Sez. 4, n.38003 del 19/09/2012, Avventuroso, Rv. 254374), il ricorrente non
contesta che il verbale di accertamento urgente redatto ai sensi dell’art.354,
comma 3, cod.proc.pen. dai Carabinieri della Compagnia di Montesarchio, in atti,
indichi che al conducente è stato formulato l’avviso di cui all’art.114 disp.att.
cod.proc.pen., così come correttamente riportato nel provvedimento impugnato,
ma ipotizza che quanto attestato dal pubblico ufficiale redigente non corrisponda
al vero. Trattasi, peraltro, di atto pubblico che fa fede fino a querela di falso dei
fatti che siano caduti sotto la percezione diretta dell’autore o che siano dallo
stesso riferiti; la non corrispondenza al vero di quanto ivi attestato avrebbe
dovuto, quindi, essere accertata previa rituale proposizione di querela di falso
dinanzi al giudice di merito, al quale è stata invece eccepita la mera
inutilizzabilità dell’esame tecnico.
4. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
4.1. Il ricorrente si duole dell’errata sussunzione del fatto nell’ipotesi
prevista e disciplinata dall’art.186, comma 2, anziché nell’ipotesi prevista
dall’art.186, comma 7, cod. strada, emergendo dalla stessa sentenza impugnata

4

per procedere nell’accertamento. La giurisprudenza di legittimità è consolidata

che l’imputato si sarebbe rifiutato di sottoporsi all’accertamento del tasso
alcolemico al momento del ricovero.
4.2.

Come anche

di

recente

affermato da

questa

Corte

(Sez. 4, n. 6755 del 06/11/2012, dep. 11/02/2013, Guardabascio, Rv. 254931),
la richiesta degli organi di polizia giudiziaria di effettuare l’analisi del tasso
alcolemico, in presenza di un dissenso espresso dell’interessato, è illegittima e,
quindi, l’eventuale accertamento, comunque effettuato a mezzo del prelievo
ematico da parte dei sanitari, è inutilizzabile ai fini dell’affermazione di

strada (Sez.4, n.26108 del 16/05/2012, Pesaresi, Rv. 253596 secondo cui i
risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di pronto soccorso
successive ad incidente stradale e non preordinato a fini di prova della
responsabilità penale sono utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in
stato di ebbrezza, senza che rilevi l’assenza di consenso dell’interessato. In
applicazione di tale principio la Corte ha affermato che, per il suo carattere
invasivo, il conducente può opporre un rifiuto al prelievo ematico se sia
finalizzato esclusivamente all’accertamento della presenza di alcol nel sangue).
4.3. Ma è bene ricordare che la Corte Costituzionale, nella motivazione della
sentenza con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.224
cod.proc.pen. (Corte Cost. n.238 del 9/07/1996), nel momento in cui censurava
la genericità della disciplina del rito penale, ha segnalato come invece, “…. in un
diverso contesto, che è quello del nuovo codice della strada (artt. 186 e 187), il
legislatore – operando specificamente il bilanciamento tra l’esigenza probatoria di
accertamento del reato e la garanzia costituzionale della libertà personale – abbia
dettato una disciplina specifica (e settoriale) dell’accertamento (sulla persona del
conducente in apparente stato di ebbrezza alcolica o di assunzione di sostanze
stupefacenti) della concentrazione di alcool nell’aria alveolare espirata e del
prelievo di campioni di liquidi biologici, prevedendo in entrambi i casi la
possibilità del rifiuto dell’accertamento, ma con la comminatoria di una sanzione
penale per tale indisponibilità dei conducente ad offrirsi e cooperare
all’acquisizione probatoria.
4.4. Ora, secondo quanto dedotto dallo stesso ricorrente, non risulta che egli
abbia opposto un rifiuto a sottoporsi all’esame del tasso alcolemico a mezzo
etilometro, emergendo con evidenza la corretta sussunzione della condotta al
medesimo ascrivibile nella disciplina dettata dall’art.186, comma 2, cod. strada
piuttosto che nell’alveo della diversa ipotesi di reato prevista e disciplinata
dall’art.186, comma 7, cod. strada che, come detto, presuppone la totale
indisponibilità del conducente a cooperare all’acquisizione probatoria.
5

responsabilità per una delle ipotesi di reato previste dall’art. 186, comma 2, cod.

5. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
5.1. La sentenza impugnata, premesso che l’imputato era stato fermato per
aver invaso con la propria autovettura l’opposta corsia di marcia investendo altro
veicolo e che lo stato di ebbrezza alcolica del conducente di un autoveicolo può
essere provato con qualsiasi mezzo e che non è, dunque, indispensabile l’utilizzo
della strumentazione e della procedura indicate dall’art. 379 del regolamento di
attuazione cod. strada, è giunta con motivazione congrua ed esente da illogicità
a desumere lo stato di ebbrezza dell’appellante dagli elementi indiziari,

coordinamento descritte dagli agenti della polizia giudiziaria, dal fatto che
l’esame mediante etilometro fosse stato eseguito a distanza di tre ore e mezza
dall’incidente a seguito del rifiuto dell’indagato di sottoporsi all’esame ematico
richiesto dai Carabinieri, dal risultato dell’esame che, pur a distanza di tempo,
indicava un tasso di alcol nel sangue elevato, dall’assenza di prova che
l’imputato avesse, come da lui solo dichiarato, bevuto un caffè corretto alla
sambuca appena uscito dall’ospedale.
5.2. Deve, in proposito, essere ribadito il principio già affermato nella
giurisprudenza di questa Corte per cui, ai fini della configurazione del reato di
guida in stato di ebbrezza, tale stato può essere accertato, per tutte le ipotesi
attualmente previste dall’art. 186 cod. strada, con qualsiasi mezzo, e quindi
anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale,
dovendosi comunque ravvisare l’ipotesi più lieve, priva di rilievo penale, quando,
pur risultando accertato il superamento della soglia minima, non sia possibile
affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’agente rientri
nell’ambito di una delle due altre ipotesi, che conservano rilievo penale (Sez. 4,
n.28787 del 09/06/2011, P.G. in proc. Rata, Rv. 250714;
Sez. 4, Sentenza n. 45122 del 06/11/2008, Corzani, Rv. 241764). Tale principio
può essere ulteriormente sviluppato, con la precisazione che il decorso di
un intervallo temporale di alcune ore tra la condotta di guida incriminata e
l’esecuzione del test alcolemico rende necessario, ai fini della sussunzione del
fatto in una delle due ipotesi di rilievo penale, verificare la presenza di altri
elementi indiziari. La motivazione espressa dalla Corte territoriale risulta esente
da contraddittorietà proprio perché, tenendo conto del lasso di tempo intercorso
tra l’incidente e l’esame alcolemico, ha fornito adeguata giustificazione del
percorso logico seguito per pervenire alla conferma della sentenza di primo
grado, applicando correttamente il principio indicato e pervenendo alla
sussunzione del fatto nella più grave delle ipotesi disciplinate dall’art.186,
comma 2, cod. strada in ragione del concorrente accertamento di una serie di
6

specificamente indicati a pag.3, concretati dalle difficoltà di espressione e di

elementi indiziari idonei a corroborare il dato, acquisito mediante etilometro, di
un tasso alcolemico superiore a g/I 1,65.
6. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
6.1. La censura risulta genericamente formulata e deduce come ipotesi di
violazione di legge una critica al provvedimento impugnato tendente ad ottenere
una diversa valutazione della determinazione della pena e dei benefici applicabili.
La mancanza di specificità del motivo, in vero, deve essere apprezzata non solo
per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza

poste a fondamento dell’impugnazione, non potendo il ricorrente ignorare
l’esplicitazione del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, mente dell’art.591, comma 1, lett.c) cod.proc.pen.
all’inammissibilità.
6.2. Trattasi, inoltre, di censura che concerne un giudizio, quale quello
riguardante la determinazione della pena e la concessione dei benefici come la
sospensione condizionale, riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede
di legittimità ove, come nel caso in esame, congruamente motivato.
7. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato con la conseguente condanna
del ricorrente, ai sensi dell’art.616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigettata l’istanza di rinvio, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/1/2014

di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle

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