Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50089 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50089 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
BRUCCI PAOLO nato il 13/07/1988, avverso l’ordinanza pronunciata in data
03/06/2013 dal Tribunale del Riesame di Napoli;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha concluso
per l’inammissibilità;
FATTO e DIRITTO
1. Con ordinanza del 03/06/2013, il Tribunale di Napoli confermava
l’ordinanza con la quale, in data 17/05/2013, il giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva applicato a BRUCCI Paolo la
misura della custodia cautelare in carcere per il reato di tentata rapina
aggravata, detenzione e porto di armi da fuoco e ricettazione della pistola
utilizzata durante il tentativo di rapina conclusosi con la morte di un C.C. ed il
ferimento di altre persone.
Il tribunale riteneva che il quadro indiziario a carico dell’indagato fosse
grave in quanto costituito dalla chiamata in correità di Ronga Domenico,
chiamata che aveva trovato un riscontro sia in altre due chiamate in correità
effettuate da Capone Antonio ed Esposito Nuzzo Rosario sia nell’acquisizione
delle immagini di videosorveglianza del bar “Tortora” di Acerra che
documentavano «la presenza del Brucci insieme agli altri indagati per lungo
tempo e dalla titolarità in capo a quest’ultimo di un’automobile Toyota Yaris».

Data Udienza: 14/11/2013

Il tribunale, poi, dopo aver preso in esame la tesi difensiva secondo la quale
il ricorrente si era trovato coinvolto nel tentativo di rapina a sua insaputa
essendosi limitato ad accompagnare i rapinatori sul posto senza esserne stato
messo a conoscenza, l’ha disattesa ritenendo poco credibile anche le
dichiarazioni con le quali un altro coindagato, Iazzetta Antonio, aveva scagionato
il Brucci.

2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, in proprio, ha proposto ricorso
per cassazione deducendo

MANIFESTA

ILLoGicrÀ

DELLA MOTIVAZIONE

per avere il

credito, invece, alle dichiarazioni accusatorie di Ronga e Capone, soggetti
inaffidabili, anche perché smentiti dallo Iazzetta che, in quanto rispondeva anche
dell’omicidio, aveva tutto l’interesse a riferire i fatti per come si erano svolti
realmente, al contrario del Capone che aveva solo cercato di addossare ad altri il
suo ruolo di palo e di quelle rese dal Ronga che le aveva effettuate solo dopo
avere avuto conoscenza di tutte le dichiarazioni rese dagli altri indagati.

3.

Il ricorso, nei termini in cui è stata dedotta la doglianza, è

manifestamente infondato.
Il tribunale, con motivazione amplissima, congrua ed aderente agli
evidenziati elementi fattuali, ha ritenuto la gravità del quadro indiziario a carico
del ricorrente in quanto costituito da tre chiamate in correità.
Il tribunale, sulla base della consolidata giurisprudenza di questa Corte, ha
minuziosamente analizzato le suddette chiamate in correità e, alla stregua di una
puntuale motivazione, ha concluso che erano attendibili intrinsecamente in
quanto spontanee, disinteressate, dettagliate, ed indipendenti. Sotto il profilo
della verifica estrinseca, il tribunale ha evidenziato che il narrato dei suddetti
chiamanti in correità era stato avallato dalle immagini acquisite di
videosorveglianza del bar “Tortora” di Acerra che documentavano «la presenza
del Brucci insieme agli altri indagati per lungo tempo e dalla titolarità in capo a
quest’ultimo di un’automobile Toyota Yaris».
Il tribunale, infine, ha preso in esame anche la tesi difensiva e la circostanza
che uno dei coindagati, Iazzetta Antonio, aveva scagionato il Brucci, ma, con
motivazione, congrua e logica, ha ritenuto che la tesi difensiva fosse poco
credibile e che Iazzetta fosse poco attendibile avendo reso dichiarazioni
incoerenti.
Il ricorrente, in questa sede, in pratica, si è limitato a ribadire la propria tesi
difensiva ma senza evidenziare alcun vizio motivazionale.

2

tribunale disatteso, in modo incongruo, la tesi difensiva di esso ricorrente e dato

Di conseguenza, le censure riproposte con il presente ricorso, vanno ritenute
null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una
nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame
dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto
coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi
difensiva.
Pertanto, non essendo evidenziabile alcuna delle pretese incongruità,
carenze o contraddittorietà motivazionali dedotte dal ricorrente, la censura,
essendo incentrata tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e,

In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in
quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è
pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con «i limiti di una
plausibile opinabilità di apprezzamento»: infatti, nel momento del controllo di
legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito
proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv
230568; Cass. 1004/1999 rv 215745; Cass. 2436/1993 rv 196955.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché
al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e
valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C
1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.
Roma 14/11/2013

quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.

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