Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50087 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50087 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
1. BIONDO CARMELO nato il 01/09/1968;
2.

BLONDINE METALLE S.R.L., in persona del suo legale rappresentante,
Biondo Carmelo;

avverso l’ordinanza pronunciata in data 16/05/2013 dal Tribunale del Riesame di
Monza;
Visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
udito il Procuratore Generale in persona del dott. Fulvio Baldi che ha concluso
per l’inammissibilità;
FATTO
1. Con ordinanza del 16/05/2013, il Tribunale di Monza confermava il
decreto con il quale, in data 16/04/2013, il giudice per le indagini preliminari del
medesimo Tribunale aveva ordinato il sequestro preventivo della somma di €
100.000,00 rinvenuta nella disponibilità di BIONDO Carmelo Mario indagato per il
reato di cui all’art. 646 e 61 n° 11 cod. pen. ai danni della società Blondine
Metalle s.r.l. le cui quote erano possedute al 100% dal suddetto Biondo e della
quale era l’amministratore unico.
Il Tribunale, rilevava che il fumus delicti doveva rinvenirsi nel fatto che il
Biondo era stato trovato in possesso della suddetta somma, prelevata,
pacificamente, dalla cassa societaria «in assenza di una giustificazione fondante
la destinazione della stessa a finalità inerenti all’oggetto sociale. Sul punto

Data Udienza: 14/11/2013

specifico di nessuna conducenza rispetto alla prospettazione difensiva si sono
rilevati i nominativi dei fornitori della società, risultati sconosciuti ovvero
sprovvisti di codice fiscale all’anagrafe tributaria; nessuna documentazione è
stata rinvenuta dalla GdF ovvero esibita dalla parte privata circa la esistenza di
commesse ovvero lato sensu di rapporti contrattuali idonei a giustificare il
prelievo di una tale considerevole somma di denaro dalle casse della Blondine
Metalle srl da parte dell’indagato e, conseguentemente, la sua destinazione a
finalità rientranti nell’oggetto sociale della predetta società. Di nessun pregio
logico-giuridico appaiono sul punto le argomentazioni difensive circa la totale

dalla esclusiva appartenenza delle quote sociali all’indagato, al contempo
amministratore unico: la circostanza che sussista in fatto una incontestata
riferibilità della Biondine Metalle sr/ in capo a Biondo Carmelo Mario non è idonea
a superare comunque la distinzione netta tra i due ben definiti soggetti giuridici,
tra l’altro dotati ciascuno di assoluta autonomia patrimoniale l’uno rispetto
all’altro, alla stregua della quale non può accogliersi la deduzione difensiva circa
la sussistenza di una legittima incontrollata libertà del Biondo di disporre di
risorse della Blondine Metalle sr/, svincolata dalla necessaria destinazione delle
stesse alle finalità di etti all’oggetto sociale».
Quanto al periculum, il tribunale rilevava che «le assai peculiari modalità
della condotta posta in essere dal/indagato configurano per tabulas il periculum
necessario a fondare la sussistenza della cautela reale allo stato vigente, atteso
che esse denotano una disinvolta ed incontrollata operatività del Biondo sulla
provvista della società in assenza di finalità sociali, vieppiù rafforzata in termini
accusatori delle risultanze tratte dalla GdF in esito all’esame della
documentazione della Biondine Metalle srl. attestanti pregressi prelievi del
Biondo dai conti della società per la oltremodo considerevole somma complessiva
di euro 1.030.000,00 (di cui 830.000 euro pacificamente prelevati) senza alcuna
giustificazione documentale. E’ in sostanza emerso un reiterato drenaggio di
risorse sociali da parte del Biondo, rispetto al quale la somma attualmente in
sequestro costituisce soltanto un episodio di plastica evidenza di laiche il vincolo
reale appare necessario ad impedire l’aggravamento ovvero la protrazione delle
conseguenze del reato di appropriazione indebita aggravata, come esplicitato nel
capo di incolpazione».
Alla stregua delle suddette considerazioni il Tribunale, riteneva, quindi, che, ai
fini del sequestro preventivo fosse sufficiente la sussistenza «di un collegamento,
anche indiretto, tra un qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi, anche
a persona estranea al reato – ed il reato medesimo e che il bene, ove lasciato in
libera disponibilità, sia idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di
2

coincidenza di fatto tra Biondo Carmelo Mario e la Biondine Metalle srl, derivante

protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della
commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti».
Sul punto, pertanto, «appaiono irrilevanti le argomentazioni della persona
offesa Blondine Metalle srl, astrattamente legittimata alla richiesta di restituzione
di somme di denaro di sua proprietà. L’applicazione al caso concreto del principio
ermeneutico sopra indicato impone, pertanto, il mantenimento del sequestro
preventivo oggetto di riesame, atteso che la libera disponibilità della somma di
denaro, ancorchè di proprietà della predetta società, configura e radica in

destinato a impedire. Orbene, rispetto a siffatte emergenze ricorre nel caso in
esame un profilo ulteriore che rafforza la fondatezza del sequestro preventivo qui
impugnato e che attiene alla concreta non estraneità al reato della stessa
Blondine Metalle srl in quanto la effettiva modalità di esclusiva partecipazione
dell’indagato alla quote sociali e il suo ruolo di amministratore unico consentono
di assumere che, pur a fronte della astratta distinzione tra i due soggetti
giuridici, in fatto sussista una non indifferenza della società rispetto alle condotte
in incolpazione quantomeno, per l’appunto, per la unicità della persona fisica del
Biondo nella compagine e nella gestione sociale».

2. Avverso la suddetta ordinanza, BIONDO Carmelo Mario ha proposto due
separati ricorsi per cassazione, peraltro perfettamente identici nel contenuto: il
primo, nella sua qualità di indagato del delitto di cui agli artt. 646, 61 n° 11 cod.
pen. ed il secondo ricorso nella sua qualità di amministratore unico della
Blondine Metalle s.r.I., deducendo

VIOLAZIONE DELL’ART.

321

COD. PROC. PEN.

per i

seguenti motivi.
Il ricorrente, innanzitutto, quanto al

fumus delicti,

pur mostrando di

condividere, in astratto la tesi del Tribunale in ordine alla «distinzione netta tra i
due ben definiti soggetti giuridici, tra l’altro dotati ciascuno di assoluta
autonomia patrimoniale l’uno rispetto all’altro», rileva che la fattispecie in esame
è del tutto diversa da quella ipotizzata dal Tribunale «perché l’unico reato per cui
si sta procedendo è l’appropriazione indebita aggravata del Biondo in danno della
persona offesa Blondine Metalle srl».

Sul punto, il Tribunale non aveva

considerato che era la stessa Blondine che aveva chiesto la restituzione del
denaro e alla quale, in ogni caso, all’esito del processo, qualunque esso fosse,
dovrebbe essere restituito. Il ricorrente, poi, contesta l’ultima affermazione del
Tribunale secondo il quale anche la Biondine sarebbe corresponsabile del delitto
di appropriazione indebita, sostenendo che la suddetta affermazione sarebbe
contraddittoria perché, da una parte, il tribunale «dice che Biondo ha commesso
l’appropriazione indebita perché persona fisica distinta dalla persona giuridica
3

concreto il predetto periculum che il vincolo reale é, per sua natura giuridica,

Biondine Metalle s.r.I., dall’altro dice che non può restituire i soldi alla Blondine
Metalle s.r.l. perché di fatto essa coincide con la persona del Biondo e peraltro
non è estranea al reato». Da questa paradossale situazione, quindi, deriverebbe,
secondo il ricorrente, anche la mancanza del fumus delicti.
DIRITTO
1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

proposto due separati – sebbene identici – ricorsi per cassazione: uno, nella sua
qualità di socio unico della s.r.l. Blondine Metalle s.r.I., l’altro nella sua qualità di
Amministratore unico della suddetta società.
Sfruttando questa sua duplice qualità, il ricorrente ha dedotto i motivi di
ricorso supra illustrati, con i quali, sostanzialmente, ha paventato una situazione
paradossale in base alla quale il Tribunale aveva negato la restituzione della
somma alla società alla quale apparteneva il denaro sequestrato e che, quindi,
essendo, a tutti gli effetti giuridici, terza, aveva o comunque avrebbe avuto
diritto – qualunque fosse stato l’esito del processo – alla restituzione del denaro.
Per dare soluzione alla problematica, occorre, innanzitutto, fare chiarezza
processuale: indagato per il reato di appropriazione indebita aggravata è solo ed
esclusivamente il Biondo nella sua qualità di amministratore unico della società:
tanto si desume agevolmente non solo dalla descrizione del fatto ma anche e
soprattutto dalla contestazione dell’aggravante di cui all’art. 61 n° 11 cod. pen.
Da questa prima precisazione di natura processuale, discende la carenza di
interesse ad impugnare del Biondo come socio nonché titolare al 100% delle
quote della società, e, quindi, l’inammissibilità del ricorso.

3. L’attenzione, va quindi, concentrata sul solo ricorso proposto dal Biondo
nella sua qualità di Amministratore unico e, quindi, verificare sia la sussistenza
del fumus delicti che del periculum ai fini della legittimità del disposto sequestro
preventivo.

3.1. In ordine al fumus delicti, resta ben poco da dire non peraltro perché lo
stesso ricorrente non ha minimamente contestato, in punto di fatto, quanto
accertato dal tribunale e cioè che era stato sorpreso dalla Guardia di Finanza in
possesso della somma di € 100.000,00 prelevata senza alcuna causale dalle
casse societarie.

4

2. Come si è illustrato nella presente parte narrativa, l’indagato Biondo ha

La suddetta condotta, integra sicuramente gli estremi dell’elemento materiale
del contestato reato di appropriazione indebita come ritenuto dalla costante e
consolidata giurisprudenza di questa Corte: Cass. 3397/2012 Rv. 254312
secondo la quale «integra il delitto di appropriazione indebita, e non quello di
infedeltà patrimoniale previsto dall’art. 2634 cod. civ., l’erogazione di denaro
compiuta dall’amministratore di una società di capitali in violazione delle norme
organizzative di questa e per realizzare un interesse esclusivamente personale,
in assenza di una preesistente situazione di conflitto d’interessi con l’ente, senza
che possa rilevare l’assenza di danno per i soci»; Cass. 40136/2011 Rv. 251197;

società per azioni, che sia anche l’unico azionista, il quale, avendo ottenuto degli
sconti da una ditta fornitrice, anzichè versarne il relativo importo – come doveva,
nelle casse della società – li abbia trattenuti per sè, convertendoli in proprio
profitto, commette il reato di appropriazione indebita».
Il ricorrente, ancora una volta, ha insistito sulla tesi difensiva secondo la quale
il reato non sarebbe configurabile perché «la società è lui» (pag. 2 del ricorso)
sicchè non potrebbe essere ritenuto colpevole di essersi appropriato di denaro di
sua proprietà.
Si tratta di una singolare tesi difensiva che trascura di considerare quel che
costituisce un punto invalicabile della differenziazione fra la posizione giuridica
dei soci (quand’anche proprietari dell’intero capitale sociale) e quella della
società.
Sul punto, è sufficiente ribadire che, proprio in virtù dell’autonomia
patrimoniale e giuridica fra i soci e la società

«non risulta giuridicamente

configurabile in capo ai singoli soci un potere di disposizione delle somme di
pertinenza delle società di capitali e ciò in ragione del principio di autonomia
patrimoniale perfetta di tali enti; con la conseguenza che la società di capitali
risponde delle proprie obbligazioni esclusivamente con il suo patrimonio, che
pertanto deve rimanere integro, in quanto, in caso di insolvenza della società, i
creditori non possono rivalersi sul patrimonio personale dei singoli soci che, a
loro volta, proprio per tale ragione, non possono amministrare il capitale
sociale»: Cass. 3397/2012 cit.
A fortiori, il suddetto principio vale nei confronti dell’Amministratore unico
della società di cui è anche socio unico, proprio perché l’amministratore, al di là
del fatto che sia anche socio unico, ha la funzione di adempiere ai propri doveri
di amministratore così come codificati dal cod. civ., fra i quali, di sicuro, non
rientra quello di appropriarsi ad libitum e senza alcuna giustificazione delle
somme della società che amministra e della cui amministrazione deve dar conto
all’esterno (ad es. ai creditori).
5

Cass. 13241/1976 Rv. 134923 secondo la quale «l’amministratore unico di una

Il fumus delicti, quindi, nella fattispecie deve ritenersi sussistente alla stregua
del seguente principio di diritto:

«l’amministratore unico di una società a

responsabilità limitata, che sia anche l’unico socio in quanto detentore del 100%
delle quote, il quale si appropri – trattenendolo per sé – senza alcun giustificato
motivo di denaro della società distraendolo quindi dallo scopo cui è destinato,
commette il reato di appropriazione indebita».

3.2. Resta da verificare la sussistenza del periculum.

incontrollata operatività del Biondo sulla provvista della società in assenza di
finalità sociali, vieppiù rafforzata in termini accusatori delle risultanze tratte dalla
Guardia di Finanza in esito all’esame della documentazione della &ondine Metalle
srl. attestanti pregressi prelievi del Biondo dai conti della società per la
oltremodo considerevole somma complessiva di euro 1.030.000,00 (di cui
830.000 euro pacificamente prelevati) senza alcuna giustificazione documentale.
E’ in sostanza emerso un reiterato drenaggio di risorse sociali da parte del
Biondo, rispetto al quale la somma attualmente in sequestro costituisce soltanto
un episodio di plastica evidenza di laiche il vincolo reale appare necessario ad
impedire l’aggravamento ovvero la protrazione delle conseguenze del reato di
appropriazione indebita aggravata, come esplicitato nel capo di incolpazione».
In punto di diritto, è noto che la giurisprudenza di questa Corte, in modo
costante, ha ritenuto che il “periculum in mora” che, ai sensi dell’art. 321,
comma primo, cod. proc. pen., legittima il sequestro preventivo, deve intendersi
come concreta possibilità che il bene assuma carattere strumentale rispetto
all’aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o
all’agevolazione della commissione di altri reati in modo che l’individuato legame
non sia meramente occasionale ed episodico, bensì abitualmente protratto nel
tempo e tipicamente indicativo delle modalità di realizzazione dell’attività illecita
ipotizzata: ex plurimis: Cass. 15667/2013 Rv. 255351; Cass. 35394/2011 Rv.
250930.
E’ stato, poi, precisato che il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche
beni appartenenti a terzi estranei al procedimento penale, incombendo, in tale
caso, sul giudice un dovere specifico di motivazione sul requisito del “periculum
in mora” in termini di semplice probabilità del collegamento di tali beni con le
attività delittuose dell’indagato, sulla base di elementi che appaiano indicativi
della loro effettiva disponibilità da parte di quest’ultimo, per effetto del carattere
meramente fittizio della loro intestazione ovvero di particolari rapporti in atto tra
il terzo titolare e l’indagato stesso: ex plurimis Cass. 11287/2010 Rv. 246359.

6

Il Tribunale, come si è detto, ha rinvenuto il perículum nella «disinvolta ed

Il ricorrente, come si è detto, non contesta quanto appena detto né in punto di
fato né in punto di diritto: sostiene, invece, che, provenendo la richiesta di
restituzione della somma sequestrata dalla Blondine Metalle s.r.I., e cioè di
persona giuridica terza estranea, il paventato

periculum

non sarebbe

configurabile.
Al che deve replicarsi che il ricorrente continua ad insistere nell’equivoco
generato dal fatto che egli assomma in sé due funzioni e cioè quella di
Amministratore unico e socio unico della società.

altra cosa è la carica di Amministratore, altra cosa ancora è la società; b) che nel
presente procedimento egli, nella sua veste di Amministratore, è l’unico indagato
del reato di appropriazione indebita, allora diventa anche chiaro che:
sussiste il periculum perché, continuando il Biondo a rivestire la carica di
Amministratore unico, ove il denaro venisse restituito, concreto sarebbe il
pericolo di nuova e definitiva appropriazione essendo il denaro, il bene,
per eccellenza, occultabile: sul punto, infatti, il Tribunale ha accertato, in
modo incontestato, che il ricorrente, nella sua qualità di Amministratore
unico, drenava, in modo sistematico, reiterato e senza alcuna
giustificazione, denaro dalle casse sociali e la somma sequestrata
costituiva solo una minima parte di altre somme illegittimamente
prelevate;
è irrilevante che la somma di denaro sequestrata appartenga ad un
soggetto terzo (Blondine s.r.I.), perchè si tratta di un bene collegato con
l’attività delittuosa dell’indagato, atteso che il Biondo ha potuto effettuare
l’illegittimo prelievo proprio avvalendosi dei suoi poteri di Amministratore
unico della società. Sul punto, corretta deve, quindi, ritenersi
l’affermazione del tribunale che ha richiamato la costante giurisprudenza
di questa Corte secondo la quale «oggetto del sequestro preventivo può
essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente – purchè esso sia, anche
indirettamente collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità,
idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle
conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di
ulteriori fatti penalmente rilevanti»: Cass. 11287/2010 riv 246358; Cass.
17865/2009 riv 243751; Cass. 32964/2009 riv 244797.
Pertanto, la circostanza che il ricorrente continui, imperterrito, a sostenere che
essendo lui e la società la medesima cosa, può disporre a suo piacimento dei
beni della società è un argomento che, di per sé solo, è sufficiente a far ritenere
il periculum almeno fino a che il Biondo continua ad essere l’Amministratore
unico: sul periculum in caso di dismissione dalla carica, cfr Cass. 15667/2013
7

Ma, una volta rammentato, ancora una volta: a) che una cosa è essere socio,

Rv. 255351
In conclusione, il ricorso della Blondine Metalle s.r.I., proposto dal Biondo,
nella sua qualità di Amministratore unico, dev’essere respinto, alla stregua del
seguente principio di diritto:
«l’amministratore unico di una società a responsabilità limitata, che sia anche
l’unico socio in quanto detentore del 100% delle quote, il quale si appropri trattenendolo per sé – senza alcun giustificato motivo di denaro della società
distraendolo quindi dallo scopo cui è destinato, commette il reato di

Nella suddetta ipotesi – almeno fino a che l’Amministratore continui a rivestire
la suddetta carica – sussiste il periculum ove, in punto di fatto, il giudice accerti
che se il denaro venisse restituito, l’indagato potrebbe nuovamente e
definitivamente appropriarsene. Di conseguenza, legittimamente è disposto il
sequestro del suddetto denaro sebbene appartenente ad un soggetto terzo (la
società), trattandosi di un bene collegato con l’attività delittuosa dell’indagato».

4. In conclusione, mentre l’impugnazione proposta da Biondo Carmelo Mario in
proprio deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606/3 cod.proc.pen. – con
conseguente condanna del ricorrente anche al versamento in favore della Cassa
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in C 1.000,00 – quella proposta dalla
Blondine Metalle s.r.l. dev’essere rigettata.
P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso proposto da Biondo Carmelo Mario in proprio
RIGETTA
il ricorso proposto da Blondine Metalle s.r.l. in persona dell’Amministratore unico
Biondo Carmelo Mario e
CONDANNA
entrambi al pagamento delle spese processuali ed il solo Biondo Carmelo Mario
in proprio anche al versamento della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Roma 14/11/2013

appropriazione indebita.

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