Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50080 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 50080 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MORRONE ROSETTA N. IL 29/01/1947
avverso la sentenza n. 310/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
13/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 28/11/2013

-1- Morrone Rosetta, già condannata in primo grado l’ 8.7.2010 dal tribunale di Vallo della
Lucania in composizione collegiale alla pena di anni due, quattro mesi di reclusione ed euro 450,00
di multa per i reati di tentata estorsione, minacce ed ingiurie, ricorre per cassazione avverso la
sentenza della corte di appello di Salerno, datata 13.4/5.6.2012, che, dichiarati prescritti i reati di
cui al capo b) —minacce ed ingiurie-, rideterminava la pena per il delitto residuo – capo capo a) – di
tentata estorsione- in anni uno e quattro mesi di reclusione ed euro 200,00 di multa.
-2- In breve il fatto come ricostruito dai giudici di merito in base alle dichiarazioni testimoniali
ritenute attendibili delle persone offese, riscontrate dai tabulati telefonici e da quanto riferito,
quanto al tempo della loro registrazione, da ufficiali di p.g.:1′ imputata, che annovera precedenti
specifici, tramite telefono, minacciava Casella Angelo e suoi congiunti di ridurre ” ad una sedie a
rotelle” il primo, che non l’ avrebbe lasciato in pace e non avrebbe ritirato tutte le querele
presentate ai suoi danni se non avesse ricevuto la somma di euro 5.000,00.
-3- Ben sette le ragioni di doglianza funzionali a denunciare la nullità delle sentenze : a) nullità
della sentenza di primo e secondo grado per non aver riconosciuto il legittimo
impedimento,documentato, del difensore all’ udienza del 30.9.2009; b) omessa motivazione in
ordine alla eccezione in merito alla incertezza della data del commesso reato; c) improcedibilità per
mancanza di denuncia della reale persona offesa, Ainora Matilde; d) mancanza dei presupposti per
procedere all’esercizio della azione, non potendosi ravvisare nella condotta incriminata sia la
costrizione, che il danno e l’ ingiusto profitto del delitto come contestato; e) mancanza di prova
sull’autore o autrice delle asserite minacce estorsive; f) mancanza di esame dal 4° al 12° dei motivi
di appello; g) carenza di esame sulla affidabilità delle testimonianze rese dalle persone offese.
-4 – Il ricorso è inammissibile e,pertanto va disatteso con ogni conseguenza di legge.
Invero in tema di ricorso per cassazione è onere del ricorrente, che lamenti come nella specie l’
omessa o travisata valutazione di una documentazione relativa al legittimo impedimento del
difensore ed alla conseguente valutazione della situazione di fatto come documentata ed esposta,
nonché indicare l’atto, curare che esso sia effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice
di legittimità o anche provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di cassazione o ancora inserendo
nel corpo del ricorso la sua riproduzione xerografica. Ad un tale necessario impegno si è sottratta la
difesa dell’ imputato, determinando l’ irricevibilità della ragione di doglianza.
Generiche e manifestamente infondate tutte le altre doglianze: la data del commesso reato si trae
con facilità con riferimento alla telefonata minatoria oggetto di contestazione ed alla durata del
tempo indicato in calce a tutte le imputazioni, prescritte quelle di minacce, ingiurie e moleste, la
persona offesa è chiaramente indicata nel Casella Angello, a nulla rilevando che le minacce contro
di lui gli siano state riferite dal congiunto che ha risposto alle telefonate, chiaramente infondate le
censure relative alla mancanza di querela della persona offesa, per essere il delitto di tentata
estorsione procedibile d’ ufficio, generiche , perché avulse dal concreto processuale, tutte le altre
censure.
Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso,
l’imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento,
nonché — ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità ( Corte
cost. n. 186/2000; Cass. S.U. 27.6.2001, Cavalera Rv. 219532) – al pagamento la somma di mille
euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti, nonché alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile che si liquidano in

Letti gli atti, la ordinanza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale, Giuseppe Volpe, per l’ inammissibilità del ricorso.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 28.11.2013

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