Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50061 del 01/12/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50061 Anno 2015
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

CAPUTO ENRICO nato a Foggia il 29/11/1991

avverso l’ordinanza del 8/10/2015 del Tribunale del Riesame di Potenza

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Dott. Ciro Angelillis, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Giorgio Cassotta e l’avv. Giuseppe Colucci, che
hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 01/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 28.9.2015 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Potenza applicava a Caputo Enrico, indagato in ordine ai reati di 1)
concorso in illegale detenzione di una pistola semiautomatica calibro 6.36,
completa di serbatoio contenente 6 cartucce e di 20 cartucce calibro 7,65, di cui 4
con ogiva corazzata, 2) concorso in illegale detenzione e ricettazione di una pistola

irrilevabilità della marca e della matricola, 3) concorso nella detenzione a fine dì
spaccio di sostanze stupefacenti sia del tipo cocaina, confezionata in nove involucri
di plastica, per un peso totale di grammi 3,4 lordi, sia del tipo hascisc, pari a
grammi 2,40 lordi, la misura degli arresti domiciliari per la sussistenza di gravi
indizi di colpevolezza con riferimento ai reati di cui ai punti 1) e 3) e dell’esigenza
cautelare di cui all’artt. 274 lett. c) cod. proc. pen..
Con ordinanza del 8.10.2015 il Tribunale del riesame di Potenza-a seguito di
istanza di riesame proposta nell’interesse dell’indagato Caputo Enrico- confermava
l’ordinanza applicativa della misura cautelare personale.

2. Avverso l’ordinanza del Tribunale proponeva ricorso per cassazione la
difesa dell’indagato, articolando il seguente motivo:
Nullità dell’ordinanza per inosservanza o erronea applicazione della legge
penale, ex art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen., con riferimento all’art. 273
cod. proc. pen..per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nonché per
carenza e illogicità della motivazione ex art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen.
Il ricorrente lamenta che l’ordinanza applicativa della misura cautelare risulta
carente in ordine alla sussistenza del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza
a carico dell’indagato e che tale carenza non è stata superata dalla motivazione
offerta dai Tribunale del Riesame.
Deduce, poi, che il Tribunale in maniera illogica ha ritenuto che la mancata
trasmissione dell’attività processuale svolta in sede di convalida dell’arrestoverbali di interrogatorio e documentazione prodotta dalla difesa- non costituisse
motivo di nullità dell’ordinanza applicativa della misura cautelare e non integrasse
la caducazione della misura ex art. 309 comma 10 cod. proc. pen.
Allega che dai verbali di interrogatorio e dalla documentazione prodotta dalla
difesa in sede dì convalida di arresto si evinceva che.il Caput° non era residente
presso l’abitazione nella quale erano state rinvenute le armi e la droga sequestrate
dalla Polizia giudiziaria.

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revolver calibro 7.35, con segni di smerigliatura lungo il castello e conseguente

Argomenta, quindi, che il Tribunale ha ritenuto generico l’argomento difensivo
attinente l’affermazione che il Caput° non fosse convivente con la coindagata
perché non sufficientemente dimostrato e, in maniera illogica, ha posto, invece, a
fondamento della valutazione della responsabilità proprio il dato della convivenza
tra i coindagati, senza valutare quanto emerso in sede di convalida dell’arresto su
tale specifico aspetto a favore del Caputo.
Deduce, infine, che, pur prescindendo da quanto emerso in sede di convalida
dell’arresto, è evidente la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in quanto

colpevolezza dell’indagato sulla circostanza della convivenza more uxorio con la
coindagata Glicaj, ritenendo elementi indiziari sufficienti la relazione sentimentale
tra i due indagati e la presenza del Caputo presso l’abitazione della GlIcaj all’atto
della perquisizione.
Argomenta, quindi, che le predette circostanze non possono ritenersi
sufficienti per ritenere che il Caputo fosse a conoscenza della presenza di due
pistole e di alcuni grammi di sostanza stupefacente presso l’abitazione della
compagna, tutti occultati, in buste o calzini, nella stanza adibita a camera da letto
nella parte sottostante l’armadio e precisamente tra lo stesso e il pavimento.
Il ricorrente chiede, pertanto, l’annullamento dell’impugnata ordinanza con
ogni conseguenza di legge.

CONSIDERATO /N DIRITTO

1. Va premesso che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali,
il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di
specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche
quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si
risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di
merito (Cass. pen., Sez. 5, sentenza n. 46124 dell’8 ottobre 2008, CED Cass. n.
241997; Sez. 6, sentenza n. 11194 dell’8 marzo 2012, CED Cass. n. 252178).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.p.) e delle
esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.) è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se
si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità
della motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo “all’interno”
del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non può, infatti, riguardare
la ricostruzione dei fatti.
Sarebbero, pertanto, inammissibili le censure che, pur formalmente
investendo la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa

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sia il Giudice per le indagini preliminari che il Tribunale del Riesame fondano la

valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, dovendosi in sede
di legittimità accertare unicamente se gli elementi di fatto sono corrispondenti alla
previsione della norma incriminatrice.
Va, poi, ricordato che la giurisprudenza di questa Corte si è da tempo
consolidata nell’affermare che in tema di misure cautelari personali, per gravi indizi
di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 c.p.p., devono intendersi tutti quegli elementi
a carico, di natura logica o rappresentativa che – contenendo

in nuce tutti o

soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova – non valgono,

consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso la futura
acquisizione di ulteriori elementi, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità,
fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza. (Sez. U, n. 11
del 21/04/1995 – dep. 01/08/1995, Costantino ed altro, Rv. 202002, Sez. 2,
Sentenza n. 28865 del 14/06/2013, dep.08/07/2013, Rv.256657).
E’ stato, poi, ribadito da questa Corte che in tema di misure cautelari personali,
l’obbligo di motivazione dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in
carcere nonché di quella di conferma in sede di riesame non può ritenersi assolto,
per quanto concerne l’esposizione dei gravi indizi di colpevolezza, con la mera
elencazione descrittiva degli elementi di fatto, occorrendo invece una valutazione
critica ed argomentata delle fonti indiziarie singolarmente assunte e
complessivamente considerate, il cui controllo in sede di legittimità deve limitarsi
a verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza di completezza espositiva (Sez.6, Sentenza n 40609 del 01/10/2008,
dep.30/10/2008, Rv.241214, Sez.6, Sentenza n 18190 del 04/04/2012,
dep.14/05/2012, Rv. 253006, Sez. 6, Sentenza n. 27928 del 14/06/2013, dep.
26/06/2013, Rv.256262).
La recente legge 16 aprile 2015 n. 47 avente ad oggetto “modifiche al codice di
procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche alla legge 26
luglio 1975 n. 354 in materia di visita a persone affette da handicap in situazione
di gravità” ha codificato tale principio, rendendo più rigoroso l’obbligo
motivazionale e, prima ancora, valutativo del giudice della cautela, inserendo alle
lett. c) e c-bis del secondo comma dell’art. 292 cod. proc. pen., accanto alla
“esposizione”, l’ulteriore requisito della “autonoma valutazione” degli elementi ivi
indicati (esigenze cautelari, indizi, irrilevanza delle argomentazioni difensive, ecc.)
La funzione di legittimità, dunque, è limitata alla verifica della adeguatezza
del ragionamento e della valutazione adottata nel provvedimento sottoposto al suo
esame, che deve manifestare con chiarezza ed esaustività quale argomentazione
critica lo abbia sorretto nel pervenire alla ricostruzione dei fatti, tenendo conto di
tutti gli elementi, sia contro che a favore del soggetto sottoposto al suo esame
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di per sè, a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato e tuttavia

(Sez.6,Sentenza n 40609 del 01/10/2008, dep.30/10/2008, Rv.241214, Sez.6,
Sentenza n. 18190 del 04/04/2012, dep.14/05/2012, Rv.253006, Sez.6, Sentenza
n. 27928 del 14/06/2013, dep. 26/06/2013, Rv.256262).
2.Ciò premesso, vanno valutati i motivi addotti a fondamento del ricorso.
2.1 E’ infondata la prima doglianza.
Le Sezioni unite di questa Corte Suprema (sentenza n. 25 del 26 settembre
2000, dep. 11 gennaio 2001, CED Cass. n. 217443) hanno affermato che tra gli
elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini non rientra

trasmesso al Tribunale del riesame, a norma dell’art. 309 c.p.p., comma 5, ultima
parte, solo se in concreto li contenga.
E’ stato, poi, ulteriormente precisato che tra gli atti che il P.M. deve
trasmettere al tribunale ai sensi del quinto comma dell’art.309 cod. proc. pen. non
rientra il verbale dell’udienza di convalida dell’arresto (o del fermo)contenente
l’interrogatorio dell’arrestato (o fermato), posto che tale documentazione non è
stata “presentata” a corredo della richiesta del pubblico ministero di applicazione
della misura coercitiva, ma è il risultato di un’attività svolta al cospetto del giudice
in una sede caratterizzata dalla piena esplicazione del contraddittorio; ne consegue
che il diritto di difesa dell’imputato non è impedito in alcun modo sotto il profilo
della conoscenza dell’atto in questione, e quindi egli ha assicurata la sua facoltà di
controdeduzione rispetto a una simile risultanza probatoria alla quale abbia fatto
eventualmente riferimento il giudice nell’ordinanza applicativa (Sez. 6,Sentenza
n.10493 del 12/02/2001, dep.14/03/2001, Rv.218436, Sez.6,Sentenza n.2276
del 17/12/2002, dep.17/01/2003, Rv.223507, Sez.5,Sentenza n.1518 del
24/11/2003, dep.21/01/2004, Rv.227191).
Questa Corte ha, poi, chiarito che in tema di riesame delle ordinanze
applicative di misure coercitive, l’obbligo di trasmissione al Tribunale, a pena
d’inefficacia dell’ordinanza, degli atti posti a fondamento della richiesta e di quelli
sopravvenuti e favorevoli alla persona sottoposta alle indagini, non riguarda quegli
atti, come l’interrogatorio di garanzia, già a conoscenza della difesa e di cui, quindi,
essa può rendere edotto il Tribunale (Sez. 2, sentenza n. 25985 del 3 maggio
2007, CED Cass. n. 237157).
Invero, il predetto interrogatorio non rientra – proprio in considerazione del
momento in cui è assunto – ex art. 309 c.p.p., comma 5, tra gli “atti presentati a
norma dell’art. 291”, ne’ rientra tra “gli elementi sopravvenuti a favore della
persona sottoposta alle indagini”, poiché detta previsione riguarda gli atti compiuti
successivamente d’iniziativa del pubblico ministero nell’ambito della sua attività
investigativa, e quindi normalmente non conoscibili dalla difesa, non anche gli atti
costituenti mezzo di difesa svoltisi (come nel caso di specie) alla presenza del

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necessariamente il verbale dell’interrogatorio di garanzia, che, pertanto, va

difensore. Questi ultimi esulano dall’ambito applicativo della citata disposizione di
cui all’art. 309, comma 5, perché possono sempre essere prodotti dall’interessato
davanti al Tribunale del riesame ex art. 309 c.p.p., comma 9; lo stesso indagato
può reiterare la sua linea difensiva presenziando all’udienza di riesame e
chiedendo di essere sentito (ex art. 309 c.p.p., comma 8, e art. 127 c.p.p., comma
3).
Ne consegue che la mancata trasmissione del verbale de quo non comporta
la perdita di efficacia della misura ex art. 309 c.p.p., comma 10.

garanzia reso dopo l’esecuzione di una misura cautelare coercitiva non rientra tra
gli atti di cui deve essere disposta la trasmissione al Tribunale del Riesame, pena
la perdita di efficacia della misura cautelare emessa all’esito della procedura di
convalida”.
2.2 E’ infondata anche la doglianza relativa alla insussistenza dei gravi indizi
di colpevolezza.
Il Tribunale del riesame, nel confermare l’ordinanza applicativa della misura
cautelare, ha valutato in un quadro d’assieme unitario le diverse acquisizioni, per
dedurne, poi, in forza di motivazione del tutto coerente, la sussistenza del requisito
della gravità indiziaria in ordine ai reati di cui ai capi 1) e 3) dell’incolpazione
provvisoria.
Il Tribunale, con riferimento al capo 3), ha valorizzato quali gravi indizi di
colpevolezza i seguenti elementi: la parcellizzazione delle dosi di sostanza
stupefacente in sequestro, la differenziazione tipologica della sostanza
stupefacente, il rinvenimento di strumenti utilizzati per il taglio (alcuni dei quali
anche intrisi di sostanza stupefacente, fra tutti il coltello in porcellana) nonché di
sostanza notoriamente utilizzata per il taglio (mannitolo).
Ha, quindi, valutato i predetti elementi ed argomentato dalla evidenza di tali
circostanze fattuali la configurabilità della condotta di detenzione di sostanza
stupefacente a fini di spaccio.
Del resto, costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il
principio secondo il quale, in materia di stupefacenti, il possesso di un quantitativo
di droga superiore al limite tabellare previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73,
comma 1 bis, lett. a), se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva
destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere
a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione ( Sez. 6^, n. 11025 del
06/03/2013, De Rosa e altro, Rv. 255726. 242111 Sez.6, Sentenza n. 2652, dep.
21/01/2014, Rv.258245).

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Va, in proposito, ribadito il seguente principio di diritto: “L’interrogatorio di

Con riferimento al reato di cui al capo 1) dell’imputazione provvisoria, il
Tribunale ha valorizzato l’elemento evidente del rinvenimento dell’arma e delle
relative cartucce menzionate.
Il Tribunale, inoltre, ha dato rilievo alle ulteriori circostanze di fatto emergenti
dalle indagini e, cioè, che l’appartamento ove venivano rinvenute le sostanze
stupefacenti e le armi risultava occupato dal ricorrente e dalla coindagata HlIcaj
Silvana e che le sostanze stupefacenti e la strumentazione utilizzata per il taglio
erano sparse per tutta la casa ed alcuni involucri erano custoditi unitamente alle

Con motivazione congrua e logica, ha, dunque, valutato la disponibilità
dell’appartamento da parte degli indagati quale ulteriore e dirimente elemento
indiziario per configurare il concorso nei reati contestati.
Le censure che H ricorrente svolge, da un lato isolano dal contesto un singolo
profilo indiziante per screditarne il valore dimostrativo e, sotto altro profilo, si
rivelano in larga misura orientate verso un non consentito scrutinio del merito,
dilungandosi in considerazioni in punto di fatto, che non possono trovare ingresso
nel giudizio di legittimità, non essendo demandato alla Corte di cassazione un
riesame critico delle risultanze istruttorie.
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 1/12/2015

pistole.

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