Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50057 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50057 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BIANCO LUIGI N. IL 05/11/1967
CIRILLO GIOVANNI N. IL 04/01/1982
avverso la sentenza n. 35869/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di NAPOLI, del 10/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 11/10/2013

I

Con sentenza emessa il 10/12/2012 ex art.444 cod. proc. pen. il G.u.p. presso il Tribunale di
Napoli ha applicato ai sigg. Luigi BIANCO e Giovanni CIRILLO in relazione al reato ex
artt.110 e 81 cod. pen., 44, llet.c), del d.P.R. n.380 del 2001 e 6 del decreto legge n.172 del
2008 la pena di nove mesi di reclusione, con demolizione delle opere abusive.

Osserva la Corte che i limiti che la giurisprudenza ha fissato circa l’interpretazione degli
artt.129 e 444 cod. proc. pen. e circa l’obbligo di motivazione del giudice sono costanti a far
data dalla decisione delle Sez.Un. Penali n.10732 del 27 settembre 1995, Serafino (rv
202270), secondo cui la motiva-zione può limitarsi a dare conto degli estremi del materiale
probatorio dal cui esame il giudice ha tratto la convinzione che non emergono gli estremi di
non procedibilità ex art.129 cod. proc. pen. così che in presenza dell’accordo delle parti non
sono necessari ulteriori approfondimenti (Sez.Unite Penali, sentenza n.3 del 1999, udienza 25
Novembre 1998, Messina, rv 212437).
A tali consolidati principi consegue che le parti che hanno sottoscritto e proposto l’accordo
sull’applicazione della pena accolto dal giudice non sono legittimate a mettere in discussione
con successiva impugnazione i presupposti dell’accordo medesimo (principio costantemente
affermato fin dalla sentenza della Sez.1, n.1549 del 1995, Sinfisi, rv 201160), con la
conseguenza che il controllo di legittimità in ordine alla sentenza di applicazione della pena può
avere ad oggetto la motivazione soltanto nel caso che dal provvedimento emerga l’evidenza
dell’esistenza di una delle condizioni indicate dall’art.129 c.p.p. (per tutte, sentenza della
Sez.3, Sezione n.2309 del 1999, Bonacchi, rv 215071) e che il ricorrente adempia all’onere di
fornire puntuale indicazione dell’errore compiuto dal giudicante.
Posto che nel caso di specie la motivazione non appare meritevole di censure, il ricorso deve
essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per ciascun ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza
della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è
ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11/10/2013
L’Es tehsre

Il Pre3dente

Avverso tale decisione è stato presentato unico ricorso con cui si lamenta difetto di
motivazione in ordine alla insussistenza delle condizioni che imporrebbero l’applicazione
dell’art.129 cod. proc. pen

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