Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50052 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 50052 Anno 2015
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: MANZON ENRICO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Manzon;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale PiejIr2
Gaeta, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 19/03/2015 il Tribunale di Bari rigettava l’appello
proposto da Italfondiario spa quale procuratrice di Banco di Napoli spa avverso
l’ordinanza di altra sezione dello stesso Tribunale che in data 19/12/2014 aveva
rigettato l’istanza dell’appellante di revoca del sequestro preventivo disposto in
data 12/11/2006 dal GIP presso il Tribunale medesimo, avente ad oggetto beni
di proprietà di Fiore Mario a loro volta oggetto di pegno di cui era titolare
l’Istituto bancario come sopra rappresentato.
Nel provvedimento di appello il Tribunale osservava che l’appellante non aveva
comprovato la propria legittimazione attiva né la titolarità/tipologia del diritto
reale di garanzia allegato in nome e conto della rappresentata, sicchè ne
derivava necessariamente il rigetto del gravame.
2.Avverso tale decisione, tramite il difensore fiduciario, Italfondiario spa ha
proposto ricorso per cassazione.

Data Udienza: 19/11/2015

i

2.1 Con un primo motivo lamenta la violazione delle norme sostanziali e
processuali in materia di prove, per omessa ovvero errata valutazione/esame
della documentazione acquisita agli atti; travisamento dei fatti; violazione
dell’art.182, Cod. proc. civ.
A sostegno di tale complesso motivo sostiene la ricorrente che la carenza
probatoria rilevata nella ordinanza impugnata non dipendeva da sua colpa e
comunque dal mancato assolvimento dell’onere processuale correlativo,
affermando che tutta la documentazione occorrente ai fini decisionali era stata

esaminata ed utilizzata per le proprie valutazioni, pur sfavorevoli alla ricorrente
medesima, in quanto si era opinato per la natura “regolare” del pegno de quo,
essendo tale valutazione necessariamente presupposta dalla valutazione di
effettiva sussistenza del credito pignoratizio (peraltro asseritamente portato da
titolo giudiziale definitivo) nonché del correlativo diritto reale di garanzia
(documentazione avente data certa e quindi opponibile ai terzi). Soggiunge che
per effetto di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del relativo atto notarile la
cessione del credito pignoratizio da Intesa SanPaolo spa a Banco di Napoli spa,
sua rappresentata, deve ritenersi pienamente opponibile a qualunque terzo,
Stato compreso, ex art. 58, d.lgs. n. 385/1993 (TUB).
In virtù di tali considerazioni allega la ricorrente la violazione da parte del
Tribunale di Bari della previsione di cui all’art. 182, cod. proc. civ., nel senso che
il Tribunale avrebbe dovuto invitarla a produrre la documentazione, anche in
punto di legittimazione attiva, ritenuta mancante.
2.2 Con un secondo motivo la ricorrente censura l’ordinanza impugnata per
violazione dell’art. 597, cod. proc. pen. e dell’art. 112, cod. proc. civ., nonché
delle norme e dei principi in materia di effetti devolutivi dell’appello penale, limiti
dello stesso, ultrapetizione, sollevando altresì eccezione di giudicato interno.
A sostegno di questa censura la ricorrente rileva che la sua legittimazione
procuratoria e la titolarità del diritto di credito de quo non erano stati oggetto di
devoluzione gravatoria, sicchè su tali questioni doveva considerarsi appunto
formato il giudicato interno.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è fondato.
1.1 Si deve rilevare in premessa che avverso le ordinanze emesse dal Tribunale
in sede di appello ex art. 322 bis, cod. proc. pen. è prevista la possibilità del
ricorso per cassazione, ma soltanto per violazione di legge. Peraltro la
giurisprudenza consolidata di questa Corte ravvisa tale vizio anche nella
mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente
apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali,

2

da essa medesima allegata in prime cure. Tanto che il primo giudice l’aveva

quali ad esempio l’art. 125 cod. proc. pen. -che impone la motivazione anche per
le ordinanze- ma non la manifesta illogicità della motivazione, la quale può
denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo
motivo di ricorso daWart.606, lett.e), c.p.p. (cfr. Cass., S.U., n.5876 del
28.1.2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv.226710). Sempre le S.U. di
questa Corte hanno anche specificato che nella violazione di legge debbono
intendersi compresi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi
della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a

coerenza, completezza e ragionevolezza, quindi inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (sentenza n. 25932 del
29.5.2008, Ivanov, Rv. 25932).
1.2 Nel caso concreto la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta affetta
dalle carenze suindicate e deve quindi affermarsi non conforme allo

standard

previsto dalle norme processuali correlative ed in particolare da quella di cui all’
art. 125, comma 3, cod. proc. pen.
Il Tribunale di Bari, quale giudice di appello, ha infatti posto alla base della
decisione impugnata il mancato assolvimento da parte di Italfondiario spa
dell’onere di comprovare sia la propria legittimazione attiva, quale procuratrice di
Banco di Napoli spa, sia la titolarità del diritto di pegno fatto valere, in
rappresentanza della mandataria, a sostegno della propria istanza di restituzione
dei beni (valori mobiliari) in sequestro.
Risulta tuttavia inequivocabilmente che tali prove documentali fossero acquisite
agli atti del procedimento incidentale de quo.
In tal senso basta la semplice lettura della ordinanza appellata, reiettiva di detta
istanza di restituzione, emessa dallo stesso Tribunale, altra sezione, quale
giudice di prime cure.
In essa infatti, tra l’altro, si rileva appunto che, l’istanza, poi rigettata, si fondava
“.. sull’allegazione, documentalmente provata, che Fiore Mario è debitore, in
solido con Gianfranco Fiore e la K.P. srl, nei confronti del Banco di Napoli spa
della somma di euro 185.695,85.. giusta decreto ingiuntivo del Tribunale di Bari
n. 2178 del 9/21 ottobre 2008, dichiarato esecutivo in data 16 settembre 2009”;
si attesta altresì che tale credito era assistito da un pegno concesso da Fiore
Mario in favore di Banca Intesa spa (che poi ha ceduto il credito a Banco di
Napoli spa, ndr) e che, essendo la K.P. srl medio tempore fallita, “Il Curatore
fallimentare ha comunicato per iscritto con nota del 2 giugno 2014 che
Italfondiario spa, mandatario del Banco di Napoli spa, è stata ammessa al
passivo in via chirografaria per la somma di euro 212.888,42 ..”.
Il giudice di prime cure, dati per assodati questi elementi di fatto, interpretati i
contratti di pegno in esame, dei quali quindi doveva avere la disponbilità

3

sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di

materiale, ha qualificato gli stessi quali negozi costitutivi di “pegno regolare” e
non “irregolare” come in diritto affermato dalla Italfondiario spa; pertanto ha
statuito che, non essendosi trasferita la proprietà dei beni pignorati, gli stessi
dovessero permanere in sequestro, dovendo l’istante, come giurisprudenza di
questa Corte che richiamava, far valere il proprio diritto di prelazione nella sede
esecutiva della confisca eventualmente disposta all’esito del procedimento.
Va poi ancora sottolineato che, come chiaramente emerge dalle premesse del
provvedimento impugnato, il gravame sottoposto allo stesso Tribunale di Bari,

giudizio di diritto del primo giudice sulla natura del pegno in esame.
Tenuto conto delle considerazioni che precedono, il vizio motivazionale
denunziato con il primo motivo di ricorso risulta quindi evidente ed è assorbente
del secondo motivo di ricorso.
Secondo i primi giudici i infattif la ricorrente aveva 11~,(pienamente assolto al
proprio onere probatorio sia in punto legittimazione attiva sia in punto
sussistenza del diritto reale di garanzia fatto valere.
Il giudice di appello perciò aveva una cognizione limitata alla valutazione della
censura mossa da Italfondiario spa sul punto, strettamente giuridico, della
natura di detto diritto e, conseguentemente, pronunciarsi sul petitum immediato
della ricorrente ossia la domanda di restituzione dei beni in sequestro.
Qualora a questo fine fosse stato necessario esaminare direttamente i documenti
allegati in prime cure da Italfondiario spa ed in particolare i contratti costitutivi
del diritto di pegno de quo, così come pacificamente fatto dal giudice del primo
grado, e se tali documenti, come pare non fossero stati, indipendentemente dalla
causa, nella disponibilità dello stesso giudice di appello, questo non poteva
emettere la decisione così come erroneamente motivata, ma doveva provvedere
ad acquisire la documentazione mancante, se del caso ordinandone nuovo
deposito alla parte appellante ovvero disponendo per le opportune ricerche dei
documenti stessi presso la cancelleria.
1.3 Le considerazioni che precedono inducono all’annullamento dell’ordinanza
impugnata con rinvio al Tribunale di Bari per nuovo esame dell’appello proposto
da Italfondiario spa.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bari.
Così deciso il 1

1/2015

quale giudice di appello incidentale cautelare, riguardava esclusivamente il

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