Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50036 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50036 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Dl RISO VINCENZO, nato il 04/08/1957, parte offesa nel procedimento
c/

1. MARINO PASQUALE, nato il 30/11/1940
2. GRECO CARMINE, nato il 14/05/1963
3. FRANCO CRISTIAN, nato il 27/02/1975
4. BARLOTTI MARIO, nato il 18/04/1955
5. TADDEO FLAVIO, nato il 06/05/1957
6. DE FEO ROSALBA, nata il 02/03/1955

avverso il decreto n. 455/2014 del Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di
Salerno del 13/12/2014;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Antonio Corbo;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio del
provvedimento impugnato;

1

Data Udienza: 24/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto emesso il 13 dicembre 2014, il Giudice per le Indagini preliminari del
Tribunale di Salerno disponeva “de plano” l’archiviazione del procedimento nei confronti di
Marino Pasquale e degli altri indagati sopra generalizzati, aperto a seguito di denuncia di Di
Riso Vincenzo, e relativo ai delitti di cui agli artt. 323 e 328 cod. pen.

procuratore speciale del denunciante, avv. Catello Di Capua.
2.1. Nel ricorso, si deduce un unico, articolato motivo, con il quale si lamenta la
violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 127,
comma 5, 408, comma 2, e 409 cod. proc. pen., per omesso avviso della richiesta di
archiviazione alla persona offesa e per omessa fissazione dell’udienza camerale.
In particolare, si premette, in fatto, che: a) il Di Riso aveva proposto denuncia per i
reati di cui agli artt. 323 e 328 cod. pen. nei confronti di amministratori e dipendenti del
Comune di Capaccio, ed aveva successivamente presentato un sollecito per la definizione delle
indagini; b) a fronte di richiesta di archiviazione della Procura in data 30 gennaio 2014, il
Giudice per le Indagini preliminari, con provvedimento del 30 luglio 2014, aveva invitato
l’Ufficio inquirente ad identificare le persone nei cui confronti iscrivere la notizia di reato, dopo
aver premesso di aver “ritenuto necessario fissare l’udienza camerale ex art. 409, co. 2,
c.p.p.”; c) all’esito degli accertamenti richiesti, il Pubblico Ministero, in data 3 dicembre 2014,
aveva reiterato la richiesta di archiviazione, ed il Giudice per le Indagini preliminari aveva
disposto “de plano” l’archiviazione del procedimento il 13 dicembre 2014.
Si osserva, quindi, in diritto, che il provvedimento di archiviazione, in quanto emesso
“de plano”, ha violato il diritto al contraddittorio della persona offesa, la quale aveva
“espressamente” chiesto di essere informata ex art. 408 cod. proc. pen. di un’eventuale
istanza in tal senso del Pubblico Ministero, determinando una nullità ex artt. 178, comma 1,
lett. c), 408, 410 e 125, commi 1 e 5, cod. proc. pen. e che tale vizio procedimentale risulta
specificamente evidenziato dal provvedimento interlocutorio del 30 luglio 2014, laddove il
Giudice per le Indagini preliminari aveva disposto la fissazione dell’udienza camerale ex art.
409, co. 2, c.p.p.

3. Con memoria depositata in Cancelleria della Corte di cassazione il 30 ottobre 2015,
l’avv. Sandro Pucciarelli, difensore dell’indagato Greco Carmine, ha chiesto dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso presentato nell’interesse del Di Riso.
Nella memoria, si rappresenta che: a) difetta agli atti del procedimento qualunque
richiesta del Di Riso di ricevere l’informativa ex art. 408, comma 2, cod. proc. pen., come si
evince anche dall’esame della denuncia, dell’integrazione di denuncia e del sollecito per la
definizione delle indagini; b) difetta agli atti del procedimento la documentazione della qualità
2

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso il precisato decreto il difensore e

di procuratore speciale dell’avv. Catello Di Capua; c) la decisione del Giudice per le Indagini
preliminari di non fissare più una camera di consiglio partecipata sulla richiesta di archiviazione
è inoppugnabile, atteso il disposto dell’art. 409, comma 6, cod. proc. pen., che limita la
ricorribilità per il solo caso di nullità ex art. 127, comma 5, cod. proc. pen., e l’orientamento
giurisprudenziale secondo cui, in tema di archiviazione, “rientra tra i poteri del giudice quello di
revocare gli atti ritenuti giuridicamente inutili o ininfluenti, sulla base di una rivalutazione della

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché proposto fuori dei casi nei quali il provvedimento di
archiviazione è impugnabile, posto che la persona offesa non aveva presentato alcuna istanza
di essere informata di un’eventuale richiesta di archiviazione, né l’atto decisorio del giudice può
ritenersi abnorme.

2. Occorre premettere che, da una verifica degli atti presenti nel fascicolo, e, in
particolare, della denuncia dell’11/07/2012, dell’integrazione di denuncia del 17/07/2012 e del
sollecito per la definizione delle indagini del 25/10/2043 non risulta che la persona offesa abbia
presentato una richiesta di informativa ex art. 408, comma 2, cod. proc. pen. Si aggiunga,
inoltre, che il difensore del DO:. Riso, nel ricorso, pur affermando che il suo assistito aveva
“espressamente chiesto di essere informato dell’eventuale richiesta di archiviazione del P.M. ex
art. 408 c.p.p.”, non ha allegato o indicato l’atto da cui risultava tale istanza, ma si è limitato
ad asserire genericamente che ciò risulterebbe “comprovato dalla documentazione in atti”.
E’ incontroverso, inoltre, che il provvedimento del G.I.P. sia stato emesso “de plano”,
quindi, al di fuori di qualunque camera di consiglio, cui abbiano partecipato altri soggetti, e che
si procedeva per i delitti di cui agli art. 323 e 328 cod. pen.

3. Queste essendo le circostanze di fatto, non può ritenersi che il provvedimento di
archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno fosse
soggetto ad impugnazione, in applicazione del principio di tassatività dei mezzi di
impugnazione di cui all’art. 568 cod. proc. pen.
Invero, la legge non prevede in alcun modo l’impugnabilità del decreto di archiviazione,
né la giurisprudenza ritiene ammissibile il ricorso avverso di esso fuori del “solo” caso per il
quale è possibile impugnare l’ordinanza di archiviazione, e cioè quando si verifica una
violazione del diritto al contraddittorio nelle ipotesi in cui questo deve essere assicurato. Tale
violazione, più precisamente, ricorre: a) in caso di omesso avviso della trattazione del
procedimento in camera di consiglio cui si è proceduto per decisione del giudice o a seguito di
opposizione della persona offesa; b) in caso di omessa trattazione del procedimento in camera
di consiglio nonostante l’opposizione della persona offesa o la mancata comunicazione della
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situazione processuale” (cfr. Sez. VI, 28 maggio 2007, n. 30775).

richiesta di archiviazione a quest’ultima, sebbene la stessa avesse formulato espressa richiesta
di esserne informata o avesse comunque diritto all’informazione per essere il procedimento
relativo ad un delitto commesso con violenza alla persona (cfr., per analoghe osservazioni,
Sez. 5, n. 1507 del 30/09/1992, De Angelis, Rv. 192277).
Si consideri, inoltre, che la limitazione dell’impugnabilità del decreto o dell’ordinanza di
archiviazione ai soli casi espressamente previsti è stata più volte ritenuta da questa Corte una
‘regola’ pienamente compatibile con le disposizioni ed i principi costituzionali (cfr., in

Né, ancora, può ritenersi che il decreto di archiviazione, in quanto disposto “de plano”
dopo un ‘preavviso’ di fissazione di camera di consiglio, costituisca provvedimento abnorme, e,
come tale, ricorribile per cassazione. E’ utile richiamare a tal fine il principio indicato dalla
difesa dell’indagato Greco, ed affermato dalla Corte in un caso analogo, nel quale un giudice
per le indagini preliminari, subentrato ad un collega nella celebrazione dell’udienza camerale ex
art. 409, comma 2, e 410 cod. proc. pen., aveva disposto l’archiviazione dopo aver revocato le
indagini suppletive disposte dal precedente giudice, per averle ritenute irrilevanti ai fini della
decisione: in quel caso, infatti, i giudici di legittimità hanno escluso ogni ipotesi di abnormità
osservando che rientra tra i poteri del giudice quello di revocare gli atti ritenuti giuridicamente
inutili o ininfluenti sulla base di una rivalutazione della situazione processuale (Sez. 6, n.
30775 del 28/05/2007, Grimaldi, Rv. 237330). Nella vicenda oggetto del presente scrutinio, si
può anzi aggiungere che il giudice per le indagini preliminari, nel pronunciare decreto di
archiviazione “de plano” nonostante il ‘preavviso’ dello svolgimento di udienza camerale, si è
limitato – più che a revocare – a non dare corso ad un “iter” procedimentale non ancora
disposto, non richiesto dalla legge e da lui ritenuto ininfluente.

4. Alla luce delle considerazioni esposte, pertanto, va dichiarato inammissibile il ricorso
di Di Riso Vincenzo, con conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo
determinare in Euro 500,00.

P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 novembre 2015

Il Consigliere estensore

particolare, Sez. 5, n. 1159 del 04/05/1992, Di Salvo, Rv. 191455).

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