Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50031 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50031 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ADINOLFI CARMINE N. IL 02/04/1960
avverso la sentenza n. 2574/2009 CORTE APPELLO di SALERNO, del
06/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 11/10/2013

Con sentenza in data 6/11/2012 la Corte di Appello di Salerno ha confermato la condanna e
rideterminato la pena inflitta con la sentenza del 16/10/2009 del Tribunale di Nocera Inferiore
con cui il Sig. Carmine ADINOLFI è stato condannato in relazione al reato previsto dall’art.
256 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, accertato il 5/3/2008.
Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta vizio di motivazione ai
sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. sia con riferimento all’affermazione di responsabilità
sia con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

In effetti, secondo il costante orientamento di questa Corte, si considerano generici, con
riferimento al disposto degli artt.581, comma primo, lett.c) e 591, comma primo, lett. c)
c.p.p., i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimità le medesime doglianze
presentate in sede di appello avverso la sentenza di primo grado e che nella sostanza non
tengono conto delle ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento della decisione sui
punti contestati. Si tratta di interpretazione costantemente applicata dalla giurisprudenza di
questa Corte ed espressa, da ultimo, con la sentenza della Sesta Sezione Penale, n.22445 del
2009, P.M. in proc.Candita e altri, rv 244181, ove si afferma che “e’ inammissibile per
genericità il ricorso per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti già
illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione
del provvedimento impugnato”.
La lettura della sentenza impugnata rivela la correttezza dell’applicazione al caso concreto del
dato normativo e della giurisprudenza puntualmente richiamata. Nessun dubbio sussiste sulla
natura di rifiuto dei materiali abbandonati, trovando piena applicazione la disposizione
contenuta nella lett.a) dell’art.183 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152, così come nessun dubbio
sulla pericolosità dei liquidi e dei materiali presenti (art.184, comma 4, della medesima legge e
relativo allegato). Chiara e priva di illogicità, poi, la motivazione della sentenza impugnata
allorché illustra le ragioni per cui, pur dovendosi ridurre drasticamente la pena inflitta in primo
grado, non sono state ritenute concedibili le circostanze attenuanti generiche; si tratta di
valutazione di merito che, correttamente motivata, non può essere sindacata davanti al giudice
di legittimità.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11/10/2013.

I motivi di ricorso sono inammissibili perché generici.

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