Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50027 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 50027 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RUMORE FRANCESCA N. IL 01/07/1962
D’ANGELO ANGELA N. IL 16/11/1965
avverso la sentenza n. 2228/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 10/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/10/2013

1) Con sentenza del 10.1.2013 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Palermo, in composizione monocratica, emessa in data
24.2.2011, con la quale Rumore Francesca e D’Angelo Angela erano state condannate
per i reati di cui agli artt.110 c.p., 44 lett.b) DPR 380/2001 (capo a), 110 c.p., 93, DPR
380/2001 (capo b), 110 c.p., 94 e 95 DPR 380/01 (capo c), unificati sotto il vincolo
della continuazione, riduceva la pena inflitta in primo grado a mesi 3 di arresto ed
euro 11.500,00 di ammenda.
Ricorre per cassazione il difensore delle imputate, denunciando la violazione di legge e
la mancanza di motivazione in ordine alle censure proposte con i motivi di appello, con
le quali si evidenziava che non vi era stata alcuna modifica sostanziale della sagoma,
dei volumi e della superficie della costruzione; denuncia altresì la violazione di legge e
la manifesta illogicità della motivazione in relazione al rigetto della richiesta di
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Per giurisprudenza consolidata di questa Corte sono realizzabili con denuncia di
inizio attività (D.I.A.) gli interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore,
ovvero che comportano una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le
diverse parti dell’immobile, e con conservazione della consistenza urbanistica iniziale,
classificabili diversamente dagli interventi di ristrutturazione edilizia descritti
dall’art.10 comma 1 lett.c) DPR n.380/01, che portano ad un organismo in tutto o in
parte diverso dal precedente con aumento delle unità immobiliari, o modifiche del
volume, sagoma, prospetti e superfici, e per i quali è necessario il preventivo permesso
di costruire (cfr.ex multis Cass.pen.sez. 3 23.1.2007 n.1893).
E rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia anche gli interventi di
demolizione e ricostruzione dell’organismo edilizio preesistente purchè con la
medesima volumetria e sagoma. Ne consegue che, ove il risultato finale dell’attività
demolitoria-ricostruttiva non coincida, per volumetria o sagoma, con il manufatto
preesistente, l’intervento deve essere qualificato come “nuova costruzione” e
necessita del permesso di costruire, non essendo sufficiente la semplice denuncia di
inizio attività (cfr.in termini Cass.pen.sez.3 n.47046 del 26.10.2007; conf.Cass.sez.3
n.16393 del 17.2.2010).
2.2) La Corte territoriale, con motivazione congrua ed immune da vizi logici, ha
rilevato che dalle risultanze processuali specificamente richiamate (rilievi fotografici,
test. Cruciti) emergeva che i lavori effettuati avevano comportato una modificazione
della sagoma dell’edificio, un aumento della volumetria complessiva e della superficie,
per cui era necessario permesso di costruire (pag.3 sent.).
Ha poi correttamente evidenziato che, potendo il processo essere definito allo stato
degli atti (sulla base delle univoche risultanze processuali in precedenza richiamate)
non era necessario procedere alla richiesta rinnovazione del dibattimento.

OSSERVA

2.3) Le ricorrenti propongono, attraverso una formale denuncia di violazione di legge e
vizi di motivazione, una sostanziale rivisitazione, non consentita in questa sede, del
materiale probatorio.
Le censure sollevate date ricorrenti non tengono conto, invero, che il controllo
demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni
e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento
impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di
cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare
se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle
acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito della
modifica dell’art.606 lett.e) c.p.p., con la L.46/06, il sindacato della Corte di
Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza,
contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da “altri atti del
processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di
legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo
quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e
di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida,
scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr.Cass.pen. sez.6 n.752 del
18.12.2006;Cass.pen.sez.2 n.23419/2007-Vignaroli; Cass.pen. sez. 6 n. 25255 del
14.2.2012).
2.4) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna delle
ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che
pare congruo determinare in euro 1.000,00 ciascuna ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00 ciascuna.
Così deciso in Roma l’11.10.2013

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