Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 50013 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 50013 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
CAPODICASA CESARE, nato il 17/03/1967

avverso la sentenza n. 896/2010 della Corte di appello di Bologna del 03/12/2013;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Antonio Corbo;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Vito D’Ambrosio,
che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
Udito il difensori Avv. Aldo Areddu, che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza predibattimentale emessa il 3 dicembre 2013, fuori udienza ed in
assenza di preventivo contraddittorio tra le parti processuali, la Corte di appello di Bologna, in
riforma della decisione di primo grado (di condanna dell’imputato), dichiarava non doversi
procedere nei confronti di Capodicasa Cesare per essere il reato di abuso di ufficio continuato,
al medesimo ascritto, estinto per intervenuta prescrizione.

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Data Udienza: 24/11/2015

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la precisata sentenza l’imputato
personalmente.
2.1. Nell’atto di impugnazione, si deducono due motivi, entrambi addotti per ottenere
l’annullamento con rinvio al fine di una valutazione dell’evidenza dell’insussistenza del fatto, o,
in subordine, l’annullamento senza rinvio con dichiarazione di estinzione del reato per
intervenuta prescrizione.
2.1.1. Con il primo motivo, si lamenta la violazione degli artt. 469, 598, 599 e 601 cod.

applicazione nel giudizio di appello. Si osserva, precisamente che: l’art. 469 cod. proc. pen.,
nel prevedere la sentenza di proscioglimento predibattimentale fa esplicito riferimento
all’inappellabilità della stessa; l’art. 599 cod. proc. pen. non richiama, tra i casi tassativamente
elencati nei quali può procedersi in camera di consiglio, quello del proscioglimento
predibattimentale; l’art. 601 cod. proc. pen. introduce una disciplina della fase
predibattimentale del giudizio di appello autonoma rispetto a quella relativa al giudizio di primo
grado. Di conseguenza, i giudici di appello avrebbero comunque dovuto celebrare il
dibattimento prima di decidere sull’impugnazione.
2.1.2. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 178, comma 1, lett. c),
cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 469-601 cod. proc. pen., perché, anche a voler
reputare ammissibile la pronuncia della sentenza predibattimentale nel giudizio di appello,
nella specie non era stato comunque acquisito il consenso dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto, perché la dichiarazione di estinzione del
reato per prescrizione è stata pronunciata dal giudice di appello “de plano”.

2. Va in primo luogo rilevato che la sentenza impugnata è radicalmente viziata, poiché,
nel sistema del diritto processuale penale, non è attribuito al giudice di appello alcun potere di
pronunciare una sentenza fuori dal contraddittorio con le parti.
In proposito, è utile precisare, innanzitutto, che la disciplina del proscioglimento
predibattimentale di cui all’art. 469 cod. proc. pen. è dettata specificamente per il giudizio di
primo grado, ma non può ritenersi applicabile nel giudizio di appello, in quanto ad essa non
effettua alcun rinvio, esplicito o implicito, il combinato disposto degli artt. 598, 599 e 601 cod.
proc. pen.; in ogni caso, poi, il precisato modulo decisorio postula la preventiva audizione, ed
anzi la non opposizione, del pubblico ministero e della difesa (così, espressamente, Sez. U, n.
3027 del 19/12/2001, dep. 25/01/2002, Angelucci, Rv. 220555).
Occorre considerare, inoltre, ancor più in generale, che la pronuncia fuori del
contraddittorio non può trovare sostegno neanche nella disciplina di cui all’art. 129 cod. proc.
pen. Tale disposizione, infatti, non attribuisce un potere decisorio ulteriore e diverso rispetto a
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proc. pen., perché la sentenza di proscioglimento predibattimentale non può trovare

quello previsto dalle altre norme del codice, ma enuncia una regola di condotta per il giudice
che opera in ogni stato e grado del processo e presuppone in ogni caso un esercizio della
giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio (in questi termini, Sez. U, n. 12283 del
25/01/2005, De Rosa, Rv. 230529).

3. Posta tale premessa, deve escludersi che la declaratoria di prescrizione possa
prevalere sul vizio rilevato e determinare l’assenza di un interesse dell’imputato al ricorso.

13/06/2014, Volpato, Rv. 260299, nonchè, con qualche temperamento, da Sez. 5,n. 51135 del
19/11/2014, Dondé, Rv. 261919, e da Sez. 6, n. 20065 del 01/04/2014, Di Napoli, Rv.
259726.
Secondo tali decisioni, le quali tutte si ricollegano ai principi generali enunciati da Sez.
U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403, le ragioni di economia processuale,
costituzionalmente rilevanti, impongono di dare prevalenza alla causa estintiva rispetto alla
nullità anche se assoluta ed insanabile, salvo che l’operatività della prima non presupponga
specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito. Il temperamento offerto da
Sez. 5, n. 51135 del 2014, e da Sez. 6, n. 20065 del 2014, è nel senso che l’annullamento è
precluso se risulta che il giudice di merito non potrebbe comunque ritenere sussistenti le
condizioni per pronunciare un proscioglimento nel merito attraverso una operazione di mera
constatazione, ma avrebbe necessità, per pervenire a tale risultato, di compiere ulteriore
attività istruttoria (così Sez. 5, n. 51135 del 2014), ovvero se emerga una palese infondatezza
delle censure formulate avverso la sentenza del primo giudice, tale da escludere la probabilità
che la rinnovazione del giudizio di secondo grado possa condurre ad esiti diversi da quelli già
raggiunti con la irrituale declaratoria di proscioglimento (così Sez. 6, n. 20065 del 2014).
3.2. L’indirizzo prevalente, che in questa sede si condivide, ed al quale intende darsi
continuità, afferma invece la sussistenza dell’interesse dell’imputato alla declaratoria di nullità
della sentenza di prescrizione emessa “de plano” dal giudice di appello e la prevalenza di
questa tipologia di decisione rispetto a quella consistente della declaratoria della causa
estintiva del reato (cfr. Sez. 6, n. 10960 del 25/02/2015, Tavecchio, Rv. 2622833; Sez. 6, n.
28478 del 27/06/2013, Corsaro, Rv. 255862; Sez. 2, n. 42411 del 04/10/2012, Napoli, Rv.
254351; Sez. 6, n. 24062 del 10/05/2011, Palau Giovannetti, Rv. 250499; Sez. 5, n. 44619
del 23/11/2005, Lossetto, Rv. 232718).
In particolare, l’orientamento in questione, dopo aver posto dichiaratamente a
premessa i principi espressi da Sez. U, n. 3027 del 2002, Rv. 220555, cit., e da Sez. U, n.
12283 del 2005, Rv. 230529, cit., evidenzia che presupposto imprescindibile per la praticabilità
della soluzione contraria è quello della piena corrispondenza tra i poteri spettanti al giudice di
merito e i poteri attribuiti alla Corte di cassazione al fine della valutazione della sussistenza dei
presupposti per la pronuncia delle formule di proscioglimento previste dall’art. 129, comma 2,

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3.1. Una diversa soluzione è stata recentemente sostenuta da Sez. 4, n. 36896 del

cod. proc. pen. e che, però, lo stesso deve ritenersi radicalmente escluso dalla conformazione
del sistema processuale.
A tal fine, in particolare, Sez. 6, n. 10960 del 2015, e Sez. 6, n. 24062 del 2011,
richiamando le osservazioni della sentenza della Corte costituzionale n. 249 del 1989,
osservano che “la decisione allo stato degli atti è diversa se resa nel merito o dal Giudice di
legittimità giacché solo nel primo caso si possono prendere in esame e vagliare direttamente le
risultanze processuali, quando, per contro, la Corte di Cassazione ha un perimetro di giudizio

deriva, “quale logico corollario, l’affermazione in base alla quale nel giudizio di cassazione,
deve ritenersi sussistente l’interesse dell’imputato alla declaratoria di nullità della sentenza con
cui la Corte d’appello abbia dichiarato «de plano» l’estinzione del reato per prescrizione prima
del dibattimento, poiché solo il giudice del merito può valutare la sussistenza delle condizioni
per deliberare il proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, con riferimento al
contenuto di tutte le risultanze processuali” (le espressioni riportate testualmente tra virgolette
sono di Sez. 6, n. 10960 del 2015).

4. Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio e gli
atti debbono essere trasmessi alla Corte di appello di Bologna per la celebrazione del giudizio
di appello.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di
appello di Bologna per il giudizio.
Così deciso il 24 novembre 2015

Il Consigliere estensore

limitato alla situazione di fatto quale emergente dalla sentenza impugnata”, e che da ciò

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