Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49996 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49996 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SARNO GIULIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MBENGUE DJIBRIL N. IL 30/01/1969
avverso la sentenza n. 1506/2006 CORTE APPELLO di SALERNO, del
0)1 12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;

Data Udienza: 11/10/2013

Mbegue Djibril propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la
corte di appello di Salerno, in riforma della sentenza emessa il 6 aprile 2006 dal tribunale della
medesima città, lo ha assolto dal reato di detenzione per la vendita di cui agli artt. 171 bis e
171 lett. d) in relazione alla detenzione di CD PlayStation e di altri contenenti programmi per
PC, nonché di CD musicali non contrassegnati dal contrassegno SIAE perché il fatto non è
previsto dalla legge come reato ed ha rideterminato la pena per il reato di cui all’articolo 171
lettera c) e 171 bis L. 633/41 in relazione alla abusiva duplicazione del materiale indicato.
Nel motivi di ricorso è stata eccepita la violazione di legge sul rilievo che il giudice di appello
non avrebbe risposto sul rilievo della non computabilità del periodo 29.3.11 – 20.11.12 ai fini
della sospensione della prescrizione in quanto il rinvio dell’udienza era dovuto anche alla
composizione del collegio e che tale questione era assorbente rispetto all’applicazione dell’art.
132 bis disp. Att. cpp; che la corte di merito si sarebbe limitata a rispondere per relationem al
concernente la mancanza di prova sul contenuto del materiale in sequestro e sulla effettiva
attività di vendita dell’imputato; che in ogni caso la mancanza del contrassegno SIAE non
poteva valere quale prova dell’abusiva duplicazione.
Il ricorso è inammissibile in quanto generico e manifestamente infondato.
Per quanto concerne la prescrizione, premesso che la richiesta di declaratoria di estinzione del
reato per prescrizione non ha formato oggetto nemmeno delle conclusioni in sede di appello,
va rilevato che, come già sancito da questa Corte, è legittimamente disposta la sospensione
del corso della prescrizione anche quando il rinvio del dibattimento sia stato determinato dalla
necessità di trattazione prioritaria dei processi rientranti nella categoria di cui all’art. 132 bis
disp. att. cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 44806 del 06/11/2012 Rv. 253649). Tale rinvio,
ovviamente, in quanto di carattere organizzativo, non può che prevalere su qualsiasi altra
concomitante ragione di differimento dell’udienza.
Generiche si appalesano invece le doglianze circa la motivazione per relationem posso che il
ricorrente non indica le ragioni per le quali le motivazioni della prima sentenza non volevano
superare i rilievi difensivi formulati; né peraltro in questa sede possono essere formulati rilievi
attinenti al merito della valutazione circa l’idoneità del quadro probatorio a supportare l’ipotesi
di accusa articolata sulla abusiva duplicazione del materiale contestato.
Al riguardo non può che ribadirsi, infatti, il principio secondo cui in tema di motivazione della
sentenza di appello, è consentita quella “per relationem”, con riferimento alla pronuncia di
primo grado, nel caso in cui le censure formulate a carico della sentenza del primo giudice non
contengano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e disattesi dallo stesso: il giudice
del gravame non è infatti tenuto a riesaminare una questione formulata genericamente nei
motivi di appello che sia stata già risolta dal giudice di primo grado con argomentazioni
corrette ed immuni da vizi logici Sez. 6, n. 31080 del 14/06/2004 Rv. 229299
In relazione alla valenza indiziaria della mancanza del contrassegno SIAE per il periodo
relativamente al quale non risulta rispettata la procedura di notifica comunitaria delle
disposizioni che prevedono tale obbligo, se è vero che vi è difformità di orientamenti nella
giurisprudenza della Corte, occorre tuttavia rilevare che nella sentenza impugnata vengono
individuati anche altri elementi logicamente ritenuti di per sé comprovanti l’attività di illecita
riproduzione, ditalchè la questione è priva di rilevanza concreta e difetta quindi l’interesse a
dedurla in questa sede.
Ciò posto si deve rilevare che la prescrizione maturata successivamente alla decisione di
appello, come costantemente affermato da questa Corte, non rileva se il ricorso è
inammissibile né il ricorso stesso può essere proposto al fine di far valere unicamente la
prescrizione.
In questo senso si sono espresse le Sezioni Unite puntualizzando che l’inammissibilità del
ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di
un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare
le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 32 del
22/11/2000 Rv. 217266) e che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto unicamente
per far valere la prescrizione maturata dopo la decisione impugnata e prima della sua
presentazione, privo di qualsiasi doglianza relativa alla medesima, in quanto viola il criterio
della specificità dei motivi enunciato nell’art.581, lett.c) cod. proc.pen. ed esula dai casi in
relazione ai quali può essere proposto a norma dell’art. 606 dello stesso codice.( Sez. U,
Sentenza n. 33542 del 27/06/2001 Rv. 219531).

e

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese
del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 1000.
Così deciso, il giorno 11.10.2013

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