Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49995 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 49995 Anno 2015
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: MOCCI MAURO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Amato Gaetano, nato a Napoli il 29/05/1983

avverso l’ordinanza del 7/7/2015 del Tribunale di Napoli, Sezione del Riesame

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Giuseppe
Corasaniti;

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza 23 giugno 2015 del GIP presso il Tribunale di Napoli, Amato
Gaetano era raggiunto da una misura di custodia cautelare, in ordine alla
commissione dei delitti di sottrazione di cadavere, danneggiamento seguito da
incendio e favoreggiamento personale, tutti aggravati dal metodo mafioso.
Richiesto del riesame ex art. 309 c.p.p. dallo stesso Amato, il Tribunale di Napoli
– con ordinanza del 7 agosto 2015 – in parziale accoglimento del ricorso,

Data Udienza: 06/11/2015

confermava l’ordinanza limitatamente al capo c) (art. 411 c.p.), annullando il
provvedimento impugnato con riguardo al delitto di cui all’art. 424 c.p.
In relazione alla ritenuta fattispecie, osservava il Tribunale che il
coinvolgimento dell’Amato avrebbe trovato riscontro nelle parole dell’indagato (del
reato principale di omicidio volontario) Raffaele Stefanelli, il quale – in alcune
intercettazioni ambientali – lo avrebbe indicato come “mio cognato Nino” e nel
fatto che lo stesso Amato non avrebbe fornito una diversa lettura dei suoi
spostamenti notturni.

penale incriminatrice, sottolineando come l’ipotesi di sottrazione di cadavere consistente nel nascondere definitivamente il corpo alle altrui ricerche,
diversamente dal caso di occultamento, che postula la mera temporaneità del
nascondiglio e la successiva certezza del ritrovamento – si attagliasse
perfettamente alla fattispecie concreta, caratterizzata dalle modalità del
celamento (sotterramento del cadavere in una zona di campagna), nonché dalla
volontà dì rendere introvabile il corpo, tanto che lo stesso, nonostante le ricerche
degli investigatori, iniziate sin dal giorno della scomparsa, sarebbe venuto alla luce
solo a distanza di un mese, verosimilmente dopo essere stato “riesumato” dagli
animali selvatici (giacché il terreno intorno appariva calpestato e rimosso e nei
pressi erano stati rinvenuti alcuni lembi di indumenti lacerati).
2. Ha proposto ricorso per cassazione Gaetano Amato, affidandosi a due
formali motivi, rubricati come “annullamento dell’ordinanza ex art. 606 comma 1°
lett. B), C) ed E). Violazione e falsa applicazione degli artt. 273, 274, 275 c.p.p.,
per motivazione mancante, illogica e contraddittoria”.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Attraverso il complesso motivo dedotto (così dovendosi intendere la rubrica
di cui sopra), sostiene il ricorrente che il Tribunale avrebbe omesso di motivare
adeguatamente la gravità degli indizi nonché l’astratta configurabilità del reato nel
caso di specie.
1.1.Per un verso, l’appellativo “Nino” non sarebbe stato qualificante né
individualizzante del ricorrente, né la frase si sarebbe potuta reputare
particolarmente indicativa dei fatti illeciti narrati. Inoltre, sarebbe mancata la
prova dell’attribuzione dell’autovettura AUDI Al in uso al ricorrente, dopo che, fra
l’altro, lo stesso Amato si sarebbe posto alla guida della NISSAN Micra,
appartenente allo Stefanelli, senza mai essere inquadrato da telecamere.
1.2.La motivazione sarebbe carente anche in ordine alla condotta a lui
contestata, non avendo egli posto in essere alcun comportamento riconducibile
alla fattispecie delittuosa considerata.
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Ribadiva altresì il Tribunale la correttezza della contestazione di cui alla norma

1.3.Per altro verso, il ricorrente ha contestato la norma penale addebitata,
giacché la modalità di occultamento non avrebbe potuto reputarsi che
temporanea, in quanto operata senza particolari accorgimenti e mediante
copertura con terriccio prelevato a fianco del corpo. Il cadavere non sarebbe stato
seppellito per intero ed, inoltre, il luogo prescelto e le modalità adottate avrebbero
lasciato intendere, con valutazione ex ante, che il celamento del corpo sarebbe
stato assolutamente temporaneo.
1.4.Ha altresì negato il ricorrente la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza,

invalso da mentalità criminale sarebbero contraddette dall’esclusione
dell’aggravante di cui all’art. 7 I.n.203 del 1991, nonché da una valutazione
prognostica priva di specifici fatti dai quali desumere il particolare disvalore della
condotta. Anzi, proprio le modalità concretamente utilizzate avrebbero indicato la
non abitualità con particolari pratiche criminali, che avrebbero invece richiesto
freddezza e cura meticolosa (fossa scavata a ridosso della strada, in un bosco poco
distante dal centro abitato, traccia evidente del buco lasciato per prelevare il
terreno di copertura del cadavere). Da ciò, la mancata considerazione di elementi
volti a suffragare un giudizio contrario, non oggetto di valutazione.
2.La doglianza è, nel suo complesso, infondata.
2.1.A fronte della dedotta carenza di riscontri indizianti sta l’indicazione del
Tribunale circa precisi e circostanziati dialoghi captati (progressivi numeri 1180 e
ss. riportati alle pagg. 51 e ss. dell’ordinanza impugnata), i quali avrebbero
attestato come lo Stefanelli avesse incaricato l’odierno imputato di procurargli un
luogo sicuro dove allocare la macchina. E l’identificazione risulta certa, per il
diminutivo usato e per il vincolo familiare. L’ordinanza aggiunge inoltre che i
tentativi dell’Amato sarebbero stati vanificati per la presenza delle forze dell’ordine
(ed il provvedimento riporta testualmente le parole intercettate in modalità
ambientale). La posizione del prevenuto risulta ulteriormente aggravata dalla sua
presenza a bordo della Nissan Micra guidata, dapprima dal proprietario Stefanelli,
secondo le risultanze della captazione ambientale indicata dal Tribunale (progr.
1207 del 18 marzo 2015 ore 00,30) e poi dallo stesso Amato, allorquando lo
Stefanelli ne era disceso per rifugiarsi da tale Sarpa. L’ordinanza dà, altresì,
contezza del perché il passaggio della Nissan Micra non sia stato rilevato dal lettore
targhe. In sostanza, il riferimento a “mio cognato Nino” (progr. 1343 del 18 marzo
2015) va doverosamente letto nel quadro complessivo delle prove raccolte e della
mancanza di una spiegazione alternativa da parte del prevenuto. In definitiva, il
provvedimento impugnato appare del tutto correttamente ed esaurientemente
motivato, senza palesare contraddizioni o lacune di alcun genere.
2.2.Altrettanto immeritevole di accoglimento è la censura riguardante il titolo
del reato, giacché nel delitto di occultamento di cadavere il celamento dello stesso
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visto che le esigenze cautelari ricondotte alla pericolosità sociale ed ad un contesto

deve essere temporaneo, ossia operato in modo tale che il cadavere sia in seguito
necessariamente ritrovato, mentre nel delitto di soppressione
o sottrazione di cadavere il nascondimento deve avvenire in modo da assicurare,
con alto grado di probabilità, la definitiva sottrazione del cadavere alle ricerche
altrui
Rv. 250813.

[Sez. 1, Sentenza n. 36465 del 26/09/2011 Cc. (dep. 10/10/2011)
Sez. 1, Sentenza n. 32038 del 10/06/2013 Cc. (dep. 23/07/2013)

Rv. 256452]. L’ordinanza del Tribunale fornisce al riguardo ampia ed esaustiva
motivazione in rapporto tanto all’elemento psicologico quanto all’elemento

anche dalla modalità stessa utilizzata nel caso di specie, essendosi provveduto a
sotterrare il corpo, anziché bruciarlo all’interno dell’autovettura della stessa
vittima.
2.3.Relativamente, infine, all’assenza di esigenze cautelar’ (anche per la
dedotta coeva esclusione dell’aggravante ex art. 7 I. n. 152 del 1991), nella specie
il Tribunale ha correttamente richiamato la necessità di tutela della collettività
rispetto al tipo di delitto particolarmente disdicevole nonché il rapporto di
parentela con l’autore del crimine, svolgendo un esame critico della personalità
dell’Amato, in rapporto alla gravità del caso ed all’entità della pena irroganda. Tale
esame non è in contraddizione con l’esclusione dell’aggravante ex art. 7 cit.,
giacché – anche a prescindere dalla sentenza della Corte costituzionale n. 57/2013
circa la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere per i delitti aggravati
ex art. 7 del D.L. n. 152 del 1991 – nella specie è stata svolta un’adeguata analisi
del caso concreto, evidenziando nel prevenuto la mancanza di autocontrollo e di
rispetto delle prescrizioni, che avrebbero potuto opportunamente condurre a
misure coercitive meno afflittive.
Il ricorso va in conclusione rigettato
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 06/11/2015

materiale del reato contestato: la volontà di definivo celamento emerge d’altronde

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