Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49991 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 49991 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: RAMACCI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TERENZI QUARTO N. IL 18/02/1929
PULGA LUCA RUGGERO N. IL 20/04/1978
GERBONI ROMEO N. IL 24/08/1961
GERBONI LUCA N. IL 10/10/1978
avverso la sentenza n. 585/2012 TRIBUNALE di PESARO, del
03/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA RAMACCI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
gke

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. M cQj N o

eeS e”-.4

Data Udienza: 10/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Pesaro, con sentenza del 3/3/2014, ha affermato la penale
responsabilità di Quarto TERENZI, Luca Ruggero PULGA, Romeo GERBONI e
Luca GERBONI, che condannava alla pena dell’ammenda, in ordine ai reati di

e 24/2/2011), 93 e 94 d.P.R. 380\01 (accertato in Gabicce Mare 1’8/4/2011). I soli
Romeo GERBONI e Luca GERBONI, inoltre, venivano ritenuti responsabili anche
del reato di cui agli artt. 65 e 72 d.P.R. 380\01 (accertato in Gabicce Mare
1’8/4/2011).
In particolare, il TERENZI quale legale rappresentante di una società
proprietaria di una struttura alberghiera, il PULGA quale progettista e direttore
dei lavori ed i GERBONI quali soci amministratori della società esecutrice dei
lavori, venivano incolpati di aver realizzato innovazioni non autorizzate in un’area
demaniale marittima di mq 40, destinata ad area scoperta (zona verde), con
sottostante ripostiglio interrato di mq 16,67 ed in concessione al TERENZI,
consistite nella realizzazione di uno sbancamento con demolizione del
sottostante ripostiglio, nella demolizione di una pensilina, nella realizzazione di
un unico vano interrato in cemento armato, nella realizzazione di una nuova
pavimentazione dell’area scoperta con cemento armato e nella realizzazione,
all’interno del vano, di due pozzetti di drenaggio collegati all’impianto di
pompaggio posto nel retrostante locale. Dette opere risultavano, inoltre,
realizzate in assenza della prescritta denuncia e attestato di deposito da parte
dell’amministrazione provinciale competente.
Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione
tramite rispettivi difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei
limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att.
cod. proc. pen.

2. Quarto TERENZI deduce, con un primo motivo di ricorso, l’intervenuta
prescrizione del reato di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380\01 di cui al capo C) della
rubrica, rilevando che la data di consumazione andrebbe individuata tenendo
conto del momento in cui sarebbe stata presentata la domanda di autorizzazione
per la realizzazione delle opere di ristrutturazione ed ampliamento dell’albergo.
Poiché detta domanda risulterebbe protocollata il 28/1/2009, il termine
massimo di prescrizione sarebbe spirato il 29/1/2014.

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cui agli artt. 110 cod. pen., 54 e 1161 Cod. Nav. (accertato in Gabicce Mare il 23

Con un secondo motivo di ricorso denuncia la violazione di legge ed il vizio di
motivazione, osservando di essere in possesso del titolo per l’occupazione
dell’area demaniale e per l’esecuzione degli interventi, che sarebbero stati
realizzati in difformità dal titolo abilitativo, cosicché la violazione del codice della
navigazione ipotizzabile a suo carico riguarderebbe la sola realizzazione di
innovazioni non autorizzate, reato istantaneo per il quale sarebbe maturata la
prescrizione.
Con un terzo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge in relazione alla

menzione della stessa nel certificato penale.

3. Luca Ruggero PULGA propone, nel proprio ricorso, le medesime questioni
prospettate dal TERENZI in termini perfettamente identici, con la sola ulteriore
censura, riferita al reato di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380\01, che ritiene
ascrivibile al solo committente e non anche al progettista e direttore dei lavori.

4. Romeo GERBONI e Luca GERBONI, i cui ricorsi risultano avere contenuti
del tutto identici, deducono, con un primo motivo di ricorso, la violazione dell’art.
649 cod. proc. pen., affermando di essere stati già condannati per i medesimi
fatti nell’ambito di altro procedimento penale nei loro confronti, celebrato nel
medesimo Tribunale e definito con sentenza n. 1328/2013 del 4/12/2013, non
ancora irrevocabile perché appellata.
Con un secondo motivo di ricorso rilevano che era loro ignota la demanialità
dell’area, della quale non erano stati informati da alcuno e che non era neppure
intuibile in ragione delle specifiche caratteristiche della zona e che, ciò
nonostante, il giudice del merito avrebbe dato per scontata tale conoscenza.
Rilevano, inoltre, la natura istantanea e non permanente del reato di cui agli
artt. 54 e 1161 Cod. Nav.
Con un terzo motivo di ricorso osservano che la contravvenzione di cui agli
artt. 93 e 94 d.P.R. 380\01 sarebbe ascrivibile al solo proprietario dell’opera e
che, avuto riguardo alla data di presentazione della domanda per la realizzazione
delle opere di ristrutturazione ed ampliamento della struttura alberghiera, la
prescrizione del reato sarebbe maturata il 24/1/2014.
Con un quarto motivo di ricorso eccepiscono, per le medesime ragioni,
anche la prescrizione del reato di cui agli artt. 65 e 72 d.P.R. 380/01.
Con un quinto motivo di ricorso deducono la violazione di legge in relazione
alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non
menzione della stessa nel certificato penale.
Tutti insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

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mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non

5. In data 26/10/2015 la difesa del TERENZI e del PULGA ha fatto pervenire
in cancelleria «motivi aggiunti» consistenti nel deposito di «concessione in
sanatoria» rilasciata per le modifiche interne e prospettiche dell’immobile.

1. I ricorsi sono solo in parte fondati.
Va preliminarmente affrontata la questione relativa alla eccepita prescrizione
dei reati di cui ai capi A) e C) della rubrica, di cui trattano il primo ed il secondo
motivo dei ricorsi di Quarto TERENZI e Luca Ruggero PULGA ed il secondo ed il
terzo motivo di ricorso di Romeo GERBONI e Luca GERBONI, nonché, con
riferimento al reato di cui al capo D), anche il quarto motivo dei ricorsi di questi
ultimi.
Va rilevato, a tale proposito, che nella sentenza impugnata viene dato atto di
un dato fattuale determinante, poiché viene precisato che i lavori di cui
all’imputazione erano in corso di esecuzione all’atto del controllo da parte della
polizia giudiziaria, effettuato il 23 e 24 febbraio 2011 e che l’area veniva
successivamente sottoposta a sequestro il successivo 4 marzo 2011.
Risulta pertanto di tutta evidenza che, con riferimento alla violazione di cui
al capo A) della rubrica, pur volendosi ritenere che le illecite innovazioni non
abbiano determinato alcuna limitazione alla fruibilità comune del bene
demaniale, configurandosi così un rato istantaneo (cfr. Sez. 3, n. 39455 del
22/5/2012, Giorgino, Rv. 254332; Sez. 3, n. 20766 del 3/5/2006, Ferrante, Rv.
234481), la consumazione della contravvenzione cessa con la ultimazione delle
opere che costituiscono l’innovazione, ovvero, come nella fattispecie, se i lavori
sono ancora in corso, con la sottrazione della disponibilità dell’area di intervento
a seguito del sequestro della stessa.
Poiché il sequestro, come si è detto, risulta eseguito il 4 marzo 2011, il
termine massimo di prescrizione andrà a spirare, salvo sospensioni, il 4 marzo
2016.

2. Va aggiunto, con riferimento alla ulteriore questione dedotta nel ricorso
dei GERBONI circa la mancata loro conoscenza della demanialità dell’area, che, in
disparte i riferimenti a circostanze di fatto non suscettibili di autonoma
valutazione in questa sede di legittimità, la loro qualità di assuntori dei lavori
presuppone la piena conoscenza della disciplina di settore ed un obbligo di

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

puntuale e constante informazione, cosicché la dedotta ignoranza non può
ritenersi in alcun caso scusabile.

3. Per ciò che concerne, invece, la violazione della normativa antisismica di
cui al capo C) dell’imputazione, la prevalente giurisprudenza di questa Corte
qualifica come permanente il reato di omessa denuncia dei lavori e
presentazione dei progetti, osservando che la sua consumazione si protrae sino a
quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto,

Rv. 258738; Sez. 3, n. 29737 del 4/6/2013, Vella Pasquale, Rv. 255823, cui si
rinvia anche per i richiami ai precedenti).
Ne consegue che, anche in questo caso, la prescrizione non risulta ancora
maturata.

4. Con riferimento a tale ipotesi contravvenzionale, peraltro, i ricorrenti
hanno posto in discussione anche la riferibilità del reato alle loro posizioni
soggettive. Segnatamente, come rilevato in premessa, la questione è stata
sollevata dal PULGA, quale direttore dei lavori e progettista e dai GERBONI,
assuntori dei lavori.
L’assunto, in entrambi i casi, è infondato.
L’articolo 95 d.P.R. 380\01 attribuisce la responsabilità del reato a chiunque
violi le disposizioni richiamate, cosicché la violazione assume la natura di reato
comune, che può essere quindi realizzato dal proprietario, dal committente, dal
titolare della concessione edilizia e da qualsiasi altro soggetto che abbia la
disponibilità dell’immobile o dell’area su cui esso sorge, nonché da coloro che
abbiano esplicato attività tecnica ed iniziato la costruzione senza il doveroso
controllo del rispetto degli adempimenti di legge (Sez. 3, n. 35387 del 24/5/2007,
Trozzo, Rv. 237537; Sez. 3, n. 887 del 10/12/1999 (dep. 2000), Scardellato O, Rv.
215602; Sez. 3, n. 4438 del 10/4/1997, Biagiottì, Rv. 208031).
Con particolare riferimento alla figura del direttore dei lavori, si è affermato
che «(…) Il direttore dei lavori risponde del reato previsto dagli artt. 93 e 94
d.P.R. n. 380 del 2001, essendo anch’egli destinatario del divieto di esecuzione
dei lavori in assenza della autorizzazione ed in violazione delle prescrizioni
tecniche contenute nei decreti ministeriali di cui agli artt. 52 e 83 del citato
d.P.R., atteso che le disposizioni sulla vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche,
prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad impedire l’esecuzione di
opere non conformi alle norme tecniche, ha determinato una posizione di
controllo su attività potenzialmente lesive in capo al direttore dei lavori» (Sez. 3,
n. 33469 del 15/6/2006 , Osso ed altri, Rv. 235122. V. anche Sez. 3, n. 7775 del

4

ovvero non termina l’intervento edilizio (Sez. 3, n. 12235 del 11/2/2014, Petrolo,

05/12/2013 (dep. 2014), Damiano, Rv. 258854; Sez. 3, n. 6675 del 20/12/2011
(dep. 2012), Lo Presti, Rv. 252021).
A conclusioni analoghe si è pervenuti, come si è detto, anche con specifico
riguardo agli assuntori dei lavori (Sez. F, n. 35298 del 24/7/2008, Sparviero, Rv.
240665. Conf. Sez. 3, n. 35387 del 24/5/2007, Trozzo, Rv. 237537, cit. ; Sez. 3, n.
33558 del 6/6/2003, Mosca, Rv. 225555).

5. Va pertanto ribadito il principio secondo il quale il reato di cui all’art.

violare gli obblighi imposti e, quindi, anche dal proprietario, dal
committente, dal titolare della concessione edilizia, dal direttore e
dall’assuntore dei lavori.

6. Per ciò che riguarda, invece, la contravvenzione di cui agli artt. 65 e 72
d.P.R. 380\01, si tratta, in questo caso, di reato istantaneo con effetti permanenti,
la cui consumazione coincide con la omissione degli adempimentì richiesti dalla
norma, prima della esecuzione dei lavori, al fine di consentirne il controllo
preventivo (Sez. 3, n. 2289 del 10/12/1998 (dep. 1999), Bordonaro G, Rv.
213007).
Anche in questo caso i ricorrenti GERBONI richiamano, a sostegno della
propria tesi, dati fattuali non valutabili in sede di legittimità, facendo riferimento
alla domanda di autorizzazione per la realizzazione delle opere di ristrutturazione
ed ampliamento dell’albergo, menzionata anche nei ricorsi del TERENZI e del
PULGA.
La generica menzione dell’atto, neppure allegato in copia al ricorso, non
consente a questa Corte alcuna verifica della fondatezza dell’assunto, poiché non
è dato neppure rilevare quali siano stati i lavori di ristrutturazione autorizzati e se
tra questi vi fossero quelli descritti nell’imputazione.
La deduzione, inoltre, si pone in palese contrasto con quanto ritenuto in
sentenza, ove viene dato atto della mancanza dei titoli abilitativi necessari per
l’esecuzione degli interventi edilizi contestati.
Per contro, deve rilevarsi che, come si è detto, nel provvedimento impugnato
viene chiaramente indicato che i lavori erano incorso di esecuzione alla data
dell’accertamento, tanto che la polizia giudiziaria rilevava, in data 23 e 24
febbraio 2011, la presenza di opere di sbancamento, cosicché l’esecuzione degli
interventi, attesa anche la loro modesta entità, andava semmai ragionevolmente
collocata nei giorni immediatamente precedenti a quelli dell’accertamento.
Anche in questi caso, dunque, non vengono apportati dai ricorrenti elementi
concreti per suffragare la tesi della prescrizione.

95 d.RR. 380101 può essere commesso da chiunque violi o concorra a

È appena il caso di aggiungere che, secondo la prospettazione dei ricorrenti,
la prescrizione dei reati sarebbe maturata il 29 gennaio 2014, prima, quindi, della
pronuncia della sentenza impugnata, ma non risulta dalla motivazione del
provvedimento che della questione sia stato investito il giudice del merito.

7. Infondato risulta anche il primo motivo dei ricorsi presentati nell’interesse
di Romeo e Luca GERBONI.
La dedotta violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. 31:34 risulta palesemente

dell’imputazione, testualmente riprodotta ed oggetto della sentenza n.
1328/2013 del Tribunale di Pesaro, richiamata dai ricorrenti, le opere per cui
sarebbe intervenuta condanna sono del tutto differenti da quelle descritte in
rubrica nel provvedimento impugnato, riguardando lavori eseguiti sul fabbricato
destinato ad albergo, mentre quelle per cui ora si procede risultano eseguite su
un’area scoperta. Inoltre, le date di accertamento dei reati (12 maggio 2011 e 7
settembre 2011) sono successive rispetto a quelle indicate nell’imputazione
riportata nella sentenza impugnata.
Trattasi dunque, come è evidente, di fatti del tutto diversi.

8. A conclusioni differenti deve invece pervenirsi per ciò che riguarda il
motivo, comune a tutti i ricorrenti, concernente la mancata concessione dei
benefici di legge, che il giudice del merito ha motivato sulla base della ritenuta
mancanza di interesse degli imputati in ragione della esiguità della sanzione
pecuniaria irrogata.
Come pacificamente emerge dalla sentenza impugnata, la difesa aveva
rassegnato le proprie conclusioni richiedendo, all’esito della discussione, per tutti
gli imputati, l’assoluzione con formula di giustizia e, in subordine, il minimo della
pena ed i benefici di legge.
Ciò posto, deve ricordarsi che, sull’argomento, la giurisprudenza di questa
Corte ha avuto modo di chiarire come sia illegittima la decisione con la quale i
benefici, richiesti dal difensore, siano negati dal giudice sulla base di una
valutazione di non convenienza per l’imputato, poiché tale valutazione è di
pertinenza esclusiva di quest’ultimo (così Sez. 4, n. 9204 del 12/2/2014, Barletta,
Rv. 259291. Nello stesso senso Sez. 1, n. 8560 del 18/11/2014 (dep. 2015),
Merenda, Rv. 262553).
La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata sul punto.
Ad avviso del Collegio l’annullamento deve essere effettuato con rinvio,
poiché il giudice del merito si è limitato ad escludere l’interesse degli imputati ai
benefici richiesti, ma non ha effettuato alcuna valutazione circa la sussistenza dei

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destituita di fondamento poiché, come risulta chiaramente dalla mera lettura

presupposti per la loro concessione.
Tale valutazione, di natura discrezionale, concerne una prognosi di non
recidività del condannato che non si ritiene di poter effettuare in questa sede,
così aderendo all’indirizzo giurisprudenziale che esclude, in tali evenienze, la
possibilità dell’annullamento senza rinvio con applicazione diretta dei benefici
richiesti (cfr. Sez. 3, n. 20264 del 3/4/2014, Cangemi e altro, Rv. 259667; Sez. 3,
n. 19082 del 17/4/2012, Vitale, Rv. 252651 con richiami ai precedenti).

rinvio limitatamente alla concessione dei benefici richiesti e non concessi dalla
Corte del merito, con l’ulteriore precisazione che il giudicato formatosi
sull’accertamento del reato e della responsabilità impedisce la declaratoria dì
estinzione del

reato per prescrizione sopravvenuta

alla

pronuncia

d’annullamento.

10. Quanto ai «motivi aggiunti», di fatto consistenti nel mero deposito di
provvedimento amministrativo in copia, rileva il Collegio che, riguardo ai reati
contestati, eventuali sanatorie non producono alcun effetto estintivo, perché non
previsto dalla legge ed, inoltre, non vi è alcuna possibilità dì accertare, in questa
sede di legittimità, l’esatta corrispondenza tra le opere descritte nei
provvedimenti depositati e quelle per cui è processo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente alla concedibilità dei benefici
richiesti, con rinvio al Tribunale di Pesaro.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso in data 10.11.2015

9. La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con

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