Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4999 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4999 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) ZANARIA ANNA, N. IL 4.3.1972
avverso la sentenza n. 648/2013 pronunciata dalla Corte di Appello di Torino il
18/6/2013;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Carmine Stabile, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il difensore dell’imputato, avv. Marco Ferraris, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Torino ha
confermato quella del Tribunale di Casale Monferrato che aveva giudicato
Zanaria Anna colpevole del reato di omicidio colposo in danno di Marta Tenani e
l’aveva condannata alla pena ritenuta equa.
Secondo l’accertamento operato nei gradi di merito, nella fase ludica della
lezione di nuoto svolta, con altri trentacinque bambini, suddivisi in cinque gruppi,
nel centro natatorio polivalente ‘Alcarotti Monferrato’, la piccola Marta Tenani
veniva a trovarsi in una zona della vasca con acqua alta cm. 116 ed annegava.
Tra i diversi soggetti tratti a giudizio per rispondere del tragico evento – tra essi
Valeria Sieve, istruttrice alla quale era stata affidata la piccola Marta, definiva la
propria posizione con applicazione di pena concordata – alla Zanaria, nella qualità

Data Udienza: 10/01/2014

di Presidente della società cooperativa ‘Elica Podalica’, gerente le attività sportive
svolte nel predetto centro, veniva ascritto di aver omesso le misure di sicurezza
necessarie in relazione alla prevista fase di gioco e alle caratteristiche strutturali
della vasca, ed in particolare l’interdizione del transito dei bambini alla parte più
profonda della piscina mediante opportuni ostacoli materiali e la
programmazione dei compiti di sorveglianza tra gli istruttori, in modo da
assicurare il costante controllo di tutti gli allievi sino al rientro negli spogliatoi.

grado avesse ritenuto sussistente una responsabilità per assunzione di posizione
di garanzia, assistenza e custodia nei confronti della bambina, confinando
nell’irrilevanza le omissioni sopra descritte. Con l’effetto di una mancata
corrispondenza tra imputazione e fatto ritenuto in sentenza.
La Corte di Appello ha ritenuto l’assunto infondato ribadendo che la Zanaria
era stata ritenuta responsabile proprio per le menzionate omissioni.
Respingeva altresì la Corte distrettuale la tesi di una caduta accidentale della
bambina al termine della lezione, essendo questa non confortata dalle evidenze
processuali ed in particolare non riscontrata dalle dichiarazioni del consulente del
PM Minnini, che la difesa aveva malamente interpretato. Per la Corte distrettuale,
durante la fase in cui i bambini erano intenti a giocare usando uno scivolo posto
non distante dal punto in cui la profondità della vasca subiva un aumento,
passando dai 61 cm. ai 116 cm., la bambina aveva oltrepassato il varco esistente
tra le due zone della piscina con diversa altezza dell’acqua ed era scivolata verso
l’area di maggiore profondità a causa del piano del pavimento, in quel varco,
inclinato.
Quanto alla titolarità degli obblighi la cui violazione era stata attribuita alla
Zanaria, la Corte di Appello affermava che – anche ad ammettere, pur nella
mancanza di prova al riguardo, che ella non potesse apportare modifiche agli
impianti e alle strutture per le condizioni del contratto stipulato con la
concessionaria Casale Sport & Service srl – ella avrebbe dovuto rifiutarsi di
firmare il contratto; aggiungeva che la posizione di garanzia dell’imputata non
abbisognava di espressa delega, essendo inscindibilmente connessa alla gestione
e all’organizzazione dei corsi di nuoto.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputata a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Marco Ferraris.
3.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 40,
co. 2 cod. pen. e vizio motivazionale, per aver omesso la Corte di Appello di
pronunciarsi in ordine al motivo di appello concernente la carenza di titolarità del

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2. Con l’appello la Zanaria aveva lamentato il fatto che il giudice di primo

debito di sicurezza da parte della Zanaria ed inoltre contraddittorietà della
motivazione e omessa valutazione di prova decisiva in relazione al contratto tra il
Comune di Casale Monferrato e la Casale Sport & Service srl, a quello intercorso
tra tal ultima società e la Elica Podalica, alla testimonianza Gallea, alla
deliberazione della Giunta comunale di Casale Monferrato del 27.7.2006.
Secondo l’esponente, dai mezzi di prova testè citati emerge che
l’organizzazione e la gestione dei corsi di nuoto incombeva alla Casale Sport &
Service srl, con assunzione della relativa posizione di garanzia. La Corte di

spiegare perché abbia ritenuto insussistente un divieto della Elica podalica di
apportare modifiche ad impianti e strutture.
Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge, vizio motivazionale e
travisamento della prova avendo la Corte di Appello ritenuto di confermare la
ricostruzione del sinistro che attribuisce l’annegamento della bambina al
raggiungimento di una zona con acqua alta per scivolamento piuttosto che alla
caduta della medesima nella vasca al termine della lezione. La Corte di Appello
sarebbe pervenuta a ciò travisando le dichiarazioni dei testi Farina, Zuccotti,
Minnini, Ubertazzi, Aceto e della coimputata Sieve, rendendo altresì una
motivazione manifestamente illogica e contraddittoria.
Con un terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio motivazionale per
aver la Corte di Appello di omesso di considerare le testimonianze Primon,
Celentano, Polizzi, Zuccotti e Riccaldone, dalle quali emerge che il tragico evento
si era verificato non perché non fossero state date adeguate direttive ai vari
istruttori ma perché la Sieve, alla quale era affidata la piccola Marta, aveva
omesso di compiere quanto doveva per il controllo della bambina. Si lamenta
anche che tale condotta non sia stata ritenuta unica causa dell’evento luttuoso.
Con un quarto motivo si lamenta violazione di legge e vizio motivazionale
per aver la Corte di Appello di omesso di considerare le testimonianze Lorena e
Riccaldone, dalle quali emerge che la Zanaria aveva adempiuto agli obblighi di
informazione degli istruttori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati.
4.1. A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di Appello non
ha omesso di replicare al motivo di impugnazione che investiva l’attribuzione alla
Zanaria di una posizione di garanzia nei confronti della piccola Marta Tenani, così
come nei confronti degli altri bambini affidati alle cure degli istruttori facenti capo
alla cooperativa Elica Podalica.
Occorre tener presente che la condanna pronunciata in primo grado fa
esplicito riferimento al fatto che la Zanaria ammise di aver dato disposizioni in

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Appello non ha tenuto conto di tali prove e non ha reso alcuna motivazione per

ordine all’organizzazione dei corsi proprio in rapporto alle necessità di vigilanza
sui bambini (ella intervenne, tra l’altro, per assicurare un numero di istruttori
adeguato al numero degli allievi: cfr. pg . 5).
La sentenza della Corte di Appello ribadisce quelle affermazioni laddove
puntualizza che la posizione di garanzia dell’imputata era “inscindibilmente
connessa con la gestione e l’organizzazione dei corsi di nuoto che aveva
effettuato”.
In effetti, il concreto esercizio di poteri direttivi in relazione allo svolgimento

garanzia nei confronti di coloro che al pericolo risultano esposti (“in tema di
colpa omissiva, l’obbligo giuridico di attivarsi gravante sull’agente può originare
anche dall’esercizio di attività pericolose, dovendosi intendere per tali non solo
quelle così identificate dalle leggi di pubblica sicurezza o da altre leggi
speciali, bensì ogni attività che per sua stessa natura o per le caratteristiche di
esercizio comporti una rilevante possibilità del verificarsi di un danno”: Sez. 4, n.
26239 del 19/03/2013 – dep. 14/06/2013, Gharby e altri, Rv. 255697).
4.2. Siffatto principio nel caso di specie svela l’irrilevanza del tenore dei
rapporti contrattuali instauratisi tra la Casale Sport & Service srl e la Elica
Podalica; in ordine ai quali la Corte di Appello non ha omesso la valutazione. Si
legge, infatti, nella impugnata sentenza, che ancorché non risulti dalla
documentazione versata in atti che la concessionaria avesse imposto alla
cooperativa il divieto di apportare modifiche agli impianti e alle strutture, il dato
assunto dalla difesa potrebbe essere ammesso come vero senza che tanto
influenzi la posizione della Zanaria, perché in tal caso – ha puntualizzato il
Collegio torinese – ella avrebbe dovuto rifiutarsi di firmare il contratto non
essendo in grado di assolvere i propri doveri per la sicurezza degli allievi.
Si tratta di affermazione del tutto coerente con i principi fissati da questa
Corte in tema di responsabilità per colpa: nelle attività pericolose consentite,
poiché la soglia della punibilità dell’evento dannoso è più alta di quanto non lo
sia rispetto allo svolgimento di attività comuni, maggiori devono essere la
diligenza e la perizia nel precostituire condizioni idonee a ridurre il rischio
consentito quanto più possibile. Ne consegue che l’impossibilità di eliminazione
del pericolo non può comportare una attenuazione dell’obbligo di garanzia, ma
deve tradursi in un suo rafforzamento (Sez. 4, n. 7026 del 15/10/2002 – dep.
13/02/2003, Loi e altri, Rv. 223748). Allorquando il titolare dell’obbligo di
sicurezza non sia in condizioni di adempiere al medesimo in alcun modo e non si
tratti di attività pericolosa di estrema rilevanza sociale (si pensi alle attività di
sperimentazione nelle quali non sono note regole cautelari), può giungersi
all’astensione dall’attività medesima.

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di un’attività pericolosa importa di per sé l’assunzione di una posizione di

Va anche aggiunto che dai rapporti contrattuali in argomento al più potrebbe
scaturire la costituzione di ulteriori posizioni di garanzia, ma non l’elisione del
comportamento concretamente serbato dalla Zanaria ed il conseguente ruolo di
garante. La fondatezza di quanto appena affermato si appalesa con la massima
evidenza se si considera che l’articolata contestazione mossa alla Zanaria (e
convalidata dalle pronunce) fa riferimento sia alla mancata predisposizione di
“misure di sicurezza necessarie in relazione alla prevista fase di gioco e alle
caratteristiche strutturali della vasca, ed in particolare l’interdizione del transito

materiali”, che alla “programmazione dei compiti di sorveglianza tra gli istruttori,
in modo da assicurare il costante controllo di tutti gli allievi sino al rientro negli
spogliatoi”. Quest’ultima modalità di adempimento degli obblighi derivanti dalla
posizione di garanzia non richiedeva alcun potere di intervento materiale sulla
struttura utilizzata per il corso di nuoto; non può sfuggire che l’interdizione del
passaggio tra le due zone della vasca con diversa profondità ben poteva
assicurarsi, ad esempio, facendolo presidiare da soggetto di ciò specificamente
incaricato. Del tutto appropriata è quindi l’affermazione della Corte di Appello
secondo la quale la Zanaria avrebbe dovuto programmare una ripartizione dei
compiti tra i vari istruttori al fine di assicurare un controllo più circoscritto e
pregnante su ciascuno dei gruppi dei bambini (cfr. pg . 11).
4.3. Ulteriore importante implicazione di quanto appena rilevato è la non
decisività della questione concernente l’alternativa tra l’ipotesi che la piccola
Marta abbia raggiunto la zona che doveva esserle preclusa dall’interno stesso
della vasca e quella che ella sia caduta in essa dall’esterno. In primo luogo va
esplicato che la Corte di Appello ha respinto la ricostruzione proposta dalla difesa
con motivazione non manifestamente illogica: “nessuno ha visto la bambina
uscire dall’acqua e cadere in acqua dal bordo della piscina e … se fosse caduta in
acqua tutti se ne sarebbero accorti e l’avrebbero soccorsa…”. L’affermazione
riposa su una massima di esperienza rimasta inespressa e tuttavia chiaramente
tenuta presente dalla Corte di Appello: cadere in acqua dall’esterno della vasca
produce un rumore e un movimento di acqua che non può passare inosservato a
chi sia nei pressi. Si tratta di massima di esperienza che non appare invalidata
dalle particolari condizioni di confusione che caratterizzarono la fase ludica della
lezione. Per contro, la ricostruzione alternativa della difesa risulta prospettata
come scaturente dalla posizione del corpo in acqua al momento del suo
rinvenimento.
Orbene, al riguardo va rilevato che se risponde al vero che la Minnini ha
affermato di aver tratto dagli atti che la bimba venne trovata con i piedi verso il
centro della vasca e il capo verso il bordo e che se fosse caduta la posizione del

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dei bambini alla parte più profonda della piscina mediante opportuni ostacoli

corpo sarebbe stata quella opposta, è altrettanto vero che tal ultima
affermazione non è stata in alcun modo approfondita, tanto che la stessa
consulente ha poi ripetutamente escluso che la bambina fosse caduta invece che
scivolata, come puntualmente e rettamente rilevato dalla Corte di Appello
nell’interloquire con le asserzioni dell’appellante. In altri termini, non emerge
dalle dichiarazioni della Minnini la chiara e definitiva esclusione della
ricostruzione operata dalla Corte di Appello.
Peraltro, non può essere dimenticato che il sindacato del giudice di

verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione
adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti
essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle
regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da
insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche
tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile”
con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente
nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o
radicalmente inficiata sotto il profilo logico (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011 dep. 15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516).
Orbene, quand’anche la motivazione resa dalla Corte distrettuale risultasse
contraddittoria con la specifica emergenza processuale (posizione del corpo della
bimba nella vasca), va comunque escluso che tanto comporti la radicale illogicità
della medesima, proprio per quanto sin qui osservato in ordine alla non decisività
della ricostruzione dell’esatta dinamica dell’accaduto.
4.4. Come già i primi due, anche il terzo ed il quarto motivo insistono su
presunti travisamenti della prova (ma sovente quelli prospettati sono ritenuti
travisamenti ‘del fatto’, ovvero valutazioni della prova pretesi erronei),
dimenticando che il travisamento della prova, non può trovare accoglienza nel
presente giudizio, perché si verte in ipotesi di ‘doppia conforme’ ed il giudice di
secondo grado non ha utilizzato dati probatori non scrutinati dal primo (Sez. 4,
n. 19710 del 03/02/2009 – dep. 08/05/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv.
243636). L’affermazione della ricorrente, per la quale non vi sarebbe stata
alcuna confusione nella vigilanza perché ogni istruttore aveva affidati dai cinque
agli otto bambini attinge la ricostruzione fattuale operata dalla Corte di Appello e
non può essere presa in considerazione in questa sede.
Per quanto concerne il profilo della asserita violazione dell’art. 41 cod. pen.,
il terzo motivo pare ignaro che la condotta colposa concorrente può qualificarsi
quale causa sopravvenuta di esclusiva efficienza causale, ai sensi dell’art. 41

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legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a

cod. pen., solo quando essa, per il fatto di essere del tutto estranea o avulsa
dall’area di rischio sulla quale si proietta il dovere di sicurezza posto in capo
all’autore della diversa condotta della cui valenza causale si discute, rompe ogni
relazione tra l’evento e la trasgressione cautelare commessa da quest’ultimo. Nel
caso che occupa, per quanto grave possa esser stata la negligenza, l’imprudenza
e/o l’imperizia della Sieve, essa va comunque ricondotta alle modalità di
esercizio dei compiti di sorveglianza degli allievi; ovvero all’area di rischio alla
quale si riferiscono gli obblighi di sicurezza derivanti alla Zanaria dalla posizione

Quanto all’ultimo motivo di ricorso, esso propone esclusivamente una
diversa ricostruzione dei fatti, in relazione al comportamento tenuto dalla
Zanaria in rapporto agli obblighi derivanti dalla posizione direttiva assunta nei
confronti degli istruttori e della Sieve in particolare. Come tale, esso è
inammissibile.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere
condannata, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10/1/2014.

di garanzia assunta.

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