Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49988 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49988 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MOTTA EMMA N. IL 13/05/1959

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avverso la sentenza n. 277/2010 TRIB. EZ.DIST. di AUGUSTA, del
12/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 11/10/2013

Con sentenza emessa il 12/7/2011 ex art.444 cod. proc. pen. il Tribunale di Siracusa, sez. dist.
di Augusta, ha applicato alla Sig.ra Emma MOTTA in relazione al reato ex artt.110 cod. pen.
e 256 del d.lgs. 3 aprile 2006, n.152 la pena di tre mesi di arresto e 1.500,00 euro di
ammenda e disposto la confisca dell’area su cui incideva la discarica abusiva.

Quanto al secondo motivo di ricorso, va rilevato che l’applicazione della pena è stata disposta
per ipotesi di reato di gestione di discarica abusiva contestata dai due imputati in concorso tra
loro, così che la sig.ra Motta non può definirsi soggetto estraneo alle condotte illecite e che
legittimamente ella è stata destinataria di ordine di confisca dell’area ai sensi del comma 3 del
citato art.256.
Quanto al primo motivo, i limiti che la giurisprudenza ha fissato circa l’interpretazione degli
artt.129 e 444 cod. proc. pen. e circa l’obbligo di motivazione del giudice sono costanti a far
data dalla decisione delle Sez.Un. Penali n.10732 del 27 settembre 1995, Serafino (rv
202270), secondo cui la motiva-zione può limitarsi a dare conto degli estremi del materiale
probatorio dal cui esame il giudice ha tratto la convinzione che non emergono gli estremi di
non procedibilità ex art.129 cod. proc. pen. così che in presenza dell’accordo delle parti non
sono necessari ulteriori approfondimenti (Sez.Unite Penali, sentenza n.3 del 1999, udienza 25
Novembre 1998, Messina, rv 212437).
A tali consolidati principi consegue che le parti che hanno sottoscritto e proposto l’accordo
sull’applicazione della pena accolto dal giudice non sono legittimate a mettere in discussione
con successiva impugnazione i presupposti dell’accordo medesimo (principio costantemente
affermato fin dalla sentenza della Sez.1, n.1549 del 1995, Sinfisi, rv 201160), con la
conseguenza che il controllo di legittimità in ordine alla sentenza di applicazione della pena può
avere ad oggetto la motivazione soltanto nel caso che dal provvedimento emerga l’evidenza
dell’esistenza di una delle condizioni indicate dall’art.129 c.p.p. (per tutte, sentenza della
Sez.3, Sezione n.2309 del 1999, Bonacchi, rv 215071) e che il ricorrente adempia all’onere di
fornire puntuale indicazione dell’errore compiuto dal giudicante.
Posto che nel caso di specie la motivazione non appare meritevole di censure, il ricorso deve
essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art.616
c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte
costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere
che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11/10/2013-

DE

TATA

Avverso tale decisione è stato presentato ricorso con cui si lamenta difetto di motivazione in
ordine alla insussistenza delle condizioni che imporrebbero l’applicazione dell’art.129 cod. proc.
pen. e si lamenta errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. ordine alla
confisca disposta in danno del terzo.

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