Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49986 del 12/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 49986 Anno 2015
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:

BARCELLA Fausto, nato a Seriate (Bg) il 2 febbraio 1967;
BARCELLA Marco, nato a Seriate (Bg) il 17 maggio 1068;
CURNIS Giovanni, nato a Castelli Calepio (Bg) il 28 agosto 1964;
MARCHI Riccardo, nato a Pisa il 20 agosto 1964;
MARELLA Umberto, nato a Pontoglio (Bs) il 3 maggio 1949;
ZOPPI Diego, nato a Rovato (Bs) il 4 febbraio 1968;
avverso la sentenza n. 127/2014 della Corte di appello di Brescia del 20 gennaio
2014;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Alberto CARDINO,
il quale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
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Data Udienza: 12/05/2015

RITENUTO IN FATTO
Barcella Fausto, Barcella Marco, Curnis Giovanni, Marchi Riccardo, Marella
Umberto e Zoppi Diego hanno proposto ricorso per cassazione avverso la
sentenza emessa in data 20 gennaio 2014 dalla Corte di appello di Brescia nei
loro confronti, nonché nei confronti di altri soggetti ora non impugnanti, e con
la quale – in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa, all’esito di

numerose imputazioni a lui contestate per non aver commesso il fatto e
unificate alcune altre imputazioni, era stata ridotta la pena da quella di anni 1
e mesi 6 di reclusione ad anni 1 e mesi 2 di reclusione, mentre per i restanti
ricorrenti la sentenza del giudice di prime cure era stata confermata.
Va precisato che la originaria imputazione, aveva ad oggetto una
articolatissima rubrica nella quale erano contestate, come detto anche ad altri
soggetti, numerosissime violazioni per lo più delle disposizioni di cui al dlgs n.
74 del 2000, per avere i predetti ricorrenti realizzato – come ricordato, in
concorso fra loro e con altri – attraverso la costituzione di un’associazione per
delinquere, svariate violazioni della legislazione penaltributaria, in particolare,
a seconda delle qualifiche rivestite e delle funzioni svolte, omettendo il
versamento dei tributi; occultando o distruggendo, al fine di evadere le
imposte, la documentazione contabile di cui è necessaria la tenuta;
emettendo, al fine di consentire a terzi la evasione delle imposte, fatture per
operazioni inesistenti; alienando simulatamente, ovvero compiendo altri atti
fraudolenti, beni patrimoniali di imprese da loro gestite, al fine di sottrarre gli
stessi alla azione impositiva dell’Erario per debiti tributari.
Nei singoli ricorsi presentati dai prevenuti si rileva quanto segue:
Marchi Riccardo, condannato alla pena di anni 1 di reclusione in quanto
ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 8 del dlgs n. 74 del 2000, per
avere emesso, in qualità di legale rappresentante della Casapiù generai
Contratti srl, alcune fatture per operazioni inesistenti in favore della Magnolia
Edilizia Cooperativa, ha succintamente contestato la impugnata sentenza nella
parte in cui in essa immotivatamente non gli sono state riconosciute le
circostanza attenuanti generiche ed è stata determinata la pena inflitta,
Zoppi Diego, condannato alla pena di mesi 6 di reclusione in quanto
ritenuto responsabile della violazione degli artt. 5, 10 e 10 quater del dlgs n.

74 del 2000 per avere omesso, in qualità di amministratore di fatto della
Dieffedile srl, la dichiarazione dei redditi e la dichiarazione IVA per l’anno di
imposta 2007, per avere al fine di evadere le imposte, distrutto od occultato
la documentazione contabile obbligatoria della Dieffedile, nonché per avere
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giudizio abbreviato, dal Gup di Brescia – al Curnis, assolto da talune delle

omesso di versare all’erario, nella predetta qualità, imposte dovute utilizzando
in compensazione crediti tributari inesistenti, ha impugnato la sentenza della
Corte bresciana sostenendo la sua estraneità alla amministrazione, sia pure di
fatto, della citata società, della quale era un semplice dipendente e non
l’amministratore, carica, invece, regolarmente rivestita da altri soggetti.
Marella Umberto, condannato alla pena di mesi 4 di reclusione in quanto
ritenuto responsabile della violazione dell’art. 10 del dlgs n. 74 del 2000, in

Costruzioni Srl, aveva occultato o distruto, al fine di evadere le imposte, la
documentazione contabile alla cui tenuta egli era obbligato, ha contestato la
motivazione della sentenza nella parte in cui, a dispetto delle risultanze
istruttorie, costituite dalle sue dichiarazioni e da quelle della teste Volpi, è
stata esclusa la sua buona fede che, se ritenuta, avrebbe portato alla sua
assoluzione per carenza dell’elemento soggettivo.
Barcella Fausto e Barcella Marco, i quali hanno affidato ad un unico atto le
loro rispettive deduzioni difensive, rispettivamente condannati il primo alla
pena di mesi 8 di reclusione per avere , in violazione dell’art. 10 del dlgs n. 74
del 2000, occultato o distrutto, al fine di evadere le imposte, la
documentazione contabile obbligatoria della EdilBFM srl, della quale era
legale rappresentante; dell’art. 10-ter del medesimo dlgs per avere omesso,
nella predetta qualità il versamento dell’IVA dovuta in relazione all’anno di
imposta 2005; dall’art. 11 del dlgs n. 74 del 2000, per avere, al fine di
sottrarsi alla procedura di riscossione coatta delle imposte, ceduto
simulatamente ovvero compito atti fraudolenti su beni di proprietà della
ricordata EdilBFM, ed il secondo alla pena di mesi 6 di reclusione, per avere,
in concorso con il fratello, e nella qualità di socio della EdilBFM srl, commesso
il primo ed il terzo reato contestato al fratello Fausto, hanno sostenuto quanto
alla violazione dell’art. 10, che la sentenza fosse viziata nell’aver
erroneamente ritenuto raggiunta la prova dell’avvenuta distruzione delle
scritture contabili, laddove la stessa GdF ritiene di poter ritenere la
sussistenza di tale evento solo sulla base di elementi congetturali; i ricorrenti
deducono altresì la assenza dell’elemento soggettivo, caratterizzato
dall’essere a dolo specifico, nel loro operato; lamentano altresì che non sia
stata ritenuta loro applicabile la attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. data la
marginalità del ruolo da loro svolto nella vicenda. Quanto alla violazione
dell’art.

10-ter il solo Barcella Fausto, unico imputato per tale violazione,

deduceva in principalità la inapplicabilità della norma in questione all’anno di
posta 2005, dato che il reato de quo è stato introdotto solo con legge entrata
in vigore nel 2006, in via subordinata chiedeva che sia sollevata la questione
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quanto, nella qualità di socio unico e legale rappresentante della Delcos

di legittimità costituzionale dell’art.

10-ter del dlgs n. 74 del 2000, per

violazione dell’art. 27, comma 1, della Costituzione; in via ulteriormente
subordinata chiedeva l’applicazione dell’art. 15 del dlgs n. 74 del 2000, stante
l’obbiettiva incertezza normativa relativa alla applicabilità della norma anche
all’anno di imposta 2005; sempre sul punto rilevava i possibili effetti sulla
imputazione della sopravvenuta sentenza n. 80 del 2014 della Corte
costituzionale. Riguardo alla violazione dell’art. 11 i ricorrenti contestavano la

oggettivo del reato, laddove le cessioni immobiliari compiute erano reali, e
quello soggettivo, senza tenere conto dell’evidente buona fede di prevenuti; in
argomento, ed in via subordinata, limitatamente alla posizione di Barcella
Marco si osservava che il reato de quo non poteva essere a lui ascritto sulla
base della mera qualità di socio della EdilBFM.
Curnis Giovanni, il quale, come detto, assolto da talune delle imputazioni
a lui contestate, si è visto ridurre in sede di appello la condanna da anni 1 e
mesi 6 di reclusione ad anni 1 e mesi 2 di reclusione, ha specificamente
contestato la omessa motivazione in ordine alla dichiarazione di penale
responsabilità in ordine alla imputazione, a lui sì contestata sub 68) della
originaria rubrica, avente ad oggetto la distruzione o l’occultamento delle
scritture contabili obbligatorie relative alla Esse Gi Srl della quale egli sarebbe
stato amministratore occulto. Osservava sul punto il ricorrente che in sede di
impugnazione egli aveva denunziato delle evidenti imprecisioni nella
ricostruzione fattuale operata dal giudice di prime cure (in particolare aveva
osservato che la documentazione contabile della COGE Srl era stata
consegnata, al momento della cessazione della carica di amministratore da
parte del Curnis, dal commercialista Arcaini al nuovo amministratore
Chiumento e che questi, una volta appreso di essere indagato per la
violazione dell’art. 10 del dlgs n. 74 del 2000, si era subito dichiarato disposto
ad esibire la documentazione richiesta), di tali doglianze la Corte di appello
non si era affatto curata, omettendo nella impugnata sentenza qualsivoglia
motivazione al riguardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I diversi ricorsi presentati da ciascuno dei prevenuti sono tutti
inammissibili e come tali vanno pertanto, dichiarati.
Esaminando gli stessi secondo lo stesso ordine in cui ne sono state dianzi
sinteticamente illustrate le ragioni, osserva la Corte, quanto al ricorso di
Marchi Riccardo, nel quale il prevenuto si è limitato a censurare la sentenza
del giudice di seconde cure affermando che la stessa presenterebbe un vizio di
motivazione in relazione alla mancata concessione in suo favore delle
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motivazione della sentenza, la quale aveva ritenuto sussistere l’elemento

attenuanti generiche, ripercuotendosi ciò anche sulla determinazione del
trattamento sanzionatorio a lui irrogato, rileva la Corte, al di là della palese
genericità del ricorso, che, in ogni caso, la Corte bresciana ha espressamente
escluso la concedibilità in favore del Marchi delle attenuanti generiche
rilevando sia la assenza di elementi che le avrebbero potute giustificare
(elementi ai quali il ricorrente in sede di impugnazione non ha fatto neppure
un vago accenno) sia la presenza, invece, di fattori evidenzianti una

vantati), di per sé ostativi alla concessione delle predette attenuanti
generiche; quanto al trattamento sanzionatorio anche in questo caso la Corte
ha dato adeguata giustificazione alla sua determinazione richiamando, fra gli
elementi a tal fine valorizzabili ai sensi dell’art. 133 cod. pen., oltre ai ricordati
precedenti gravanti sul ricorrente, l’intensità del dolo e la gravità del danno
quale desumibile dal considerevole importo delle fatture emesse per
operazioni inesistenti di cui al capo di imputazione al ricorrente contestato.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
Quanto alla posizione di Zoppi Diego, il quale, tramite il proprio legale, ha
contestato la motivazione della sentenza nella parte in cui la sua penale
responsabilità è transitata attraverso la affermazione che egli fosse
l’amministratore di fatto della società DIEFFEDILE Srl, è di palmare evidenza
che tutte le censure svolte dal ricorrente afferiscono a valutazioni di fatto
operate dai giudici del merito, in termini di certa plausibilità, e che, pertanto,
non sono ammissibili nella presente sede di legittimità.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
L’imputato Marella Umberto, assistito dal proprio difensore di fiducia, ha
affidato le sue lagnanze ad un unico motivo avente ad oggetto la asserita
carenza, contraddittorietà od illogicità della motivazione della sentenza
impugnata laddove in essa non si è ritenuto che la sua condotta doveva
essere considerata penalmente irrilevante per carenza dell’elemento
soggettivo; siffatto motivo è privo di pregio, avendo i giudici del merito
evidenziato, sulla base di massime di esperienza non controvertibili, che le
affermazioni del Marella in ordine alla sua buona fede nell’affidarsi alle cure
professionali del rag. Barzago appaiono del tutto inattendibili, posto che lo
stesso afferma di avere ceduto le quote di sua spettanza delle Società Delcos,
ma non è stato in grado di esibire alcuna documentazione, né precedente né
successiva alla cessione, tale da avvalorarne la effettività, circostanza questa,
come la Corte logicamente mette in luce, incompatibile con la natura non
simulata dell’affare, non potendosi ragionevolmente ritenere che il prevenuto,
uomo già da tempo attivo nell’ambito dell’edilizia, fosse così sprovveduto da
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personalità proclive al crimine (costituiti dai diversi precedenti penali da lui

cedere tali quote senza neppure conseguirne, se non un utile, quanto meno
un valore di realizzo.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
Barcella Fausto e Barcella Marco hanno affidato, per il tramite delle cure
del loro difensore di fiducia, le loro doglianza ad un unico atto; tuttavia la sola
parziale identità dei motivi di impugnazione ne consiglia la trattazione
separata delle rispettive posizioni.
Il primo lamenta il vizio di motivazione della sentenza in ordine al reato

EDILBMF; al riguardo la Corte di Brescia ha congruamente motivato il fatto
che la esclusiva finalità che aveva avuto l’apparente trasferimento della sede
della predetta società era stata quella di impedire il rinvenimento delle
scritture contabili della EdilBFM osservando come queste non erano mai state
consegnate al nuovo amministratore della detta società, una volta trasferita la
sede della medesima, precisando che quello era evidentemente un mero
prestanome, posto che si trattava di persona di nazionalità straniera, incapace
di parlare l’italiano e sino a quel momento adibito, con mansioni di
inserviente, presso la mensa di un ospedale.
Non migliore destino attende la seconda censura proposta dal ricorrente
Barcella Fausto, avente ad oggetto la assenza dell’elemento soggettivo nella
sua condotta, avendo egli operato in perfetta buona fede, confidando nella
correttezza dell’operato del proprio commercialista rag. Barzago; in maniera
del tutto condivisibile, infatti, la Corte di appello ha puntualmente messo in
evidenza come le condotte realizzate personalmente dal ricorrente, oltre che
come vedremo dal di lui fratello, fossero incompatibili con una buona fede, a
meno di non volere ritenere che questa possa trasmodare nella assoluta
ingenuità e dabbenaggine, inaccettabile in un imprenditore che, sia pure a
livello di non sofisticata professionalità economico giuridica, operava già da
tempo nel campo degli affari; non potendosi, in particolare, non ritenere che
in operazioni quali il trasferimento di posizioni di responsabilità imprenditoriale
in favore della ricordata “testa di legno” (il quale, va segnalato, ha però
rilasciato ad uno dei ricorrenti un’ampia delega ad operare in relazione ai
rapporti bancari della Società) ovvero nel trasferimento della sede della
società all’estero non ci fosse, stante la manifesta eccezionalità delle
operazioni, una convinta e consapevole partecipazione a livello di elemento
psicologico da parte dell’odierno ricorrente.
Riguardo al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 114
cod. pen., rileva la Corte che con congrua argomentazione la Corte territoriale
la ha esclusa, considerato che la qualifica societaria ricoperta dal ricorrente,
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avente ad oggetto l’occultamento o la distruzione delle scritture contabili della

legale rappresentante della EdIBMF, porta ragionevolmente ad escludere la
marginalità del suo apporto causale nella perpetrazione degli illeciti.
In ordine alla eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 10-ter del
dlgs n. 74 del 2000 relativamente alla sua applicabilità all’anno di imposta
2005, rileva il Collegio che la questione già è stata affrontata sia dalla Corte di
Brescia sia, d’altra parte, da questo giudice, e di essa è stata affermata, in
maniera che è tuttora assolutamente condivisa, la manifesta infondatezza;
invero, come è stato, infatti, rilevato da questa Corte, il reato di omesso
10-ter del dlgs.

n. 74 del 2000, entrato in vigore il 4 luglio 2006, che punisce il mancato
adempimento dell’obbligazione tributaria entro la scadenza del termine per il
versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta dell’anno successivo, è
applicabile anche alle omissioni dei versamenti relativi all’anno 2005, senza
che ciò comporti violazione del principio di irretroattività della norma penale
(Corte di cassazione, Sezioni Unite penali, 12 settembre 2013, n. 37424),
atteso che, anche per ciò che concerne l’anno di imposta 2005, la condotta
che costituisce l’elemento oggettivo del reato, cioè l’omesso versamento delle
imposte dovute entro il termine ultimo previsto, è stata integralmente
realizzata dopo la entrata in vigore della norma sanzionatoria, sicché non vi è
alcuna violazione del principio di irretroattività della legge penale.
Manifestamente infondata è la censura avente ad oggetto la mancata
applicazione della particolare causa di non punibilità di cui all’art. 15 del dlgs
n. 74 del 2000, attesa la pura ascrivibilità al novero delle petizioni di principio
della affermazione con la quale il ricorrente ha ritenuto sussistere
nell’interpretazione dell’art. 10-ter del dPR n. 74 del 2000 quella obbiettiva
incertezza sulla sua portata e sul suo ambito di applicazione.
Meramente dilatorio appare il riferimento all’avvenuta pronunzia da parte
della Corte costituzionale della sentenza n. 80 del 2014, con la quale è stata
dichiarata la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 10-ter del dlgs n. 74
del 2000, nella parte in cui, sino al 17 settembre 2009, prevedeva una soglia
di punibilità per l’omesso versamento dell’IVA inferiore a 103.291,38 euro,
ove si rilevi che la contestazione mossa al Barcella, concerne un omesso
versamento per un importo superiore ad euro 117.000,00.
Quanto alla censura avente ad oggetto l’affermazione della penale
responsabilità per la violazione dell’art. 11 del dlgs n. 74 del 2000, per avere
fraudolentemente depauperato il patrimonio della società EdilBMF, è di poco
momento il rilievo posto a base della censura, secondo il quale le cessioni
operate non erano simulate ma effettive, posto che, come è chiarito dall’uso
della congiunzione disgiuntiva “o” con la quale il legislatore ha inteso porre in
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versamento dell’imposta sul valore aggiunto previsto dall’art.

correlazione le due condotte attraverso le quali si può realizzare il reato
(“aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui
beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione
coattiva”), la natura simulata dell’atto dismissivo è solo una delle modalità
attuative del reato, che, pertanto, può perfettamente realizzarsi anche
attraverso atti il cui contenuto sia pienamente reale ed effettivo, purché gli
stessi abbiano la astratta idoneità a rendere più difficoltosa per l’Erario la

Riguardo alla esistenza o meno dell’elemento soggettivo, si ribadiscono le
medesime considerazioni già in precedenza svolte, con riferimento alla
commissione del reato di cui all’art. 10 del dlgs n. 74 del 2000, in ordine alla
piena plausibilità del ragionamento con il quale la Corte territoriale ha ritenuto
certamente sussistente tale elemento alla base della condotta del ricorrente.
Passando all’esame del ricorso di Barcella Marco, è sufficiente
considerare, quanto alla imputazione avente ad oggetto la violazione dell’art.
10 del dlgs n. 74 del 2000, che la cointeressenza di questo con il fratello
Fausto nella amministrazione della Società EdilBMF, rende estensibili anche a
lui le medesime argomentazioni in forza delle quali è stato dichiarato
inammissibile sul punto il ricorso del predetto coimputato.
Per ciò che attiene all’altro reato contestato a Barcella Marco, cioè la
dismissione del patrimonio societario al fine di sottrarlo alla garanzia per le
obbligazioni tributarie, non può non osservarsi che è stato proprio l’attuale
ricorrente, in quanto delegato ad operare sui conti bancari della Società, a
prosciugare i medesimi, così impedendo all’Erario di esercitare la propria
azione esecutiva su di essi.
Anche i ricorsi di Barcella Fausto e di Barcella Marco, sono, pertanto,
inammissibili.
Riguardo, infine al ricorso presentato da Curnis Giovanni, anch’egli
assistito dal proprio legale di fiducia, va detto che questi si duole
esclusivamente del fatto che la condanna pronunziata dalla Corte di appello in
relazione alla imputazione di cui al capo n. 68) della rubrica a lui contestata
sarebbe del tutto carente di motivazione.
Ma, onde rilevare la inammissibilità della censura è sufficiente ravvisare il
fatto, chiaramente espresso nella motivazione della sentenza impugnata che,
quanto il punto 68) della rubrica, il Curnis è stato riconosciuto responsabile
esclusivamente per ciò che attiene alle condotte afferenti alla sua qualità di
amministratore occulto della ESSE GI Srl, laddove le difese riferite nel ricorso
attengono alla posizione del ricorrente riferita alla CO GE Srl, di tal che le

procedura di riscossione coattiva delle imposte.

difese medesime appaiono all’evidenza non pertinenti rispetto al capo
impugnato della sentenza di condanna.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità di tutti i ricorsi proposti, segue, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 a carico di ciascuno di essi, in
favore della cassa delle ammende.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 ciascuno in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

PQM

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