Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4998 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4998 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI ROSA NICOLINO
CACCIAPUOTI RAFFAELLINA
DI ROSA RAFFAELLA
DI ROSA MARIA GRAZIA
avverso la sentenza n. 1006/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
14/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CA9~,ne
che ha concluso per _i I ipBoi-, ho jiJ2

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 10/01/2014

RITENUTO IN FATTO
1. In data 24/11/2010 il Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Marano,
ha dichiarato Bifulco Fabio colpevole del reato di cui all’art. 589, comma 2,
cod.pen. perché il 28/06/2003, alla guida dell’autovettura Mercedes, mentre
percorreva la strada denominata Corso Italia in Villaricca, direzione di marcia
Qualiano-Villaricca, all’altezza dell’intersezione sita nelle vicinanze del complesso
edilizio Parco Oriente, effettuando una manovra di svolta a sinistra al fine di
immettersi nella suddetta intersezione, per colpa consistita in imprudenza,

inosservanza dell’art. 154 lett.a) del d. Igs. 30 aprile 1992, n.285, non
assicurandosi di poter effettuare la svolta senza creare pericolo o intralcio al
motoveicolo che lo seguiva condotto da Di Rosa Antonio, tenendo conto della
posizione, distanza e direzione di esso, provocava un sinistro stradale nel quale il
motociclo impattava violentemente l’autovettura all’altezza della portiera sinistra
per poi rovinare in terra unitamente al conducente, cagionando al Di Rosa
Antonio “politrauma con focolaio lacero-contusivo cerebrale in fronto temporale
destra a sede profonda, con ematoma sub durale in regione fronto temporale
parietale destra, frattura bilaterale della volta cranica coinvolgente i tetti orbitari,
lo sfenoide e l’etmoide. Corna prodondo” cui seguiva il decesso del medesimo.
2. Il Tribunale ha condannato l’imputato alla pena di mesi 4 di reclusione
con sospensione condizionale e, determinando il concorso di colpa nella
produzione dell’evento da parte della persona offesa nella misura del 65%, ha
condannato l’imputato al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili, da
liquidarsi in separato giudizio, con rigetto della richiesta di provvisionale e
integrale compensazione tra le parti delle spese relative all’azione civile.
3. In data 14/03/2013 la Corte di Appello di Napoli ha dichiarato estinto per
prescrizione il reato e confermato nel resto la sentenza impugnata, compensando
integralmente tra le parti le spese relative all’azione civile. La Corte di Appello,
nel richiamare integralmente la motivazione della sentenza di primo grado, ha
desunto dalla prova dichiarativa che l’impatto si era verificato quando
l’autoveicolo condotto dall’imputato aveva occupato gran parte della carreggiata
opposta e dai danni riportati dall’autovettura che lo scontro aveva interessato la
portiera anteriore sinistra di tale veicolo; il punto in cui si era verificato
l’incidente era un rettilineo, ma due-trecento metri prima presentava una curva
destrorsa, la segnaletica era inesistente e l’unico casco protettivo rinvenuto era
sotto il sellino del motoveicolo. La velocità del ciclomotore prima dell’urto,
secondo il consulente tecnico della pubblica accusa, era di 96,77 km/h e lo
stesso consulente della difesa dell’imputato aveva riferito di una velocità non
inferiore a 80 km/h, ritenendo la Corte di condividere le osservazioni del giudice
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negligenza, imperizia, non azionando l’apposito indicatore di direzione, nonché in

di primo grado in merito alla minore attendibilità delle conclusioni del consulente
tecnico delle parti civili, che non aveva visionato i veicoli. Sulla base di tali dati
istruttori, la Corte condivideva le argomentazioni del giudice di primo grado, che
aveva ascritto all’imputato un comportamento colposo per non essersi
assicurato, prima di svoltare a sinistra, di non creare pericolo o intralcio agli altri
utenti della strada, non azionando inoltre prima della svolta l’indicatore di
direzione, e che aveva ritenuto che la condotta della vittima, lungi dal potersi
definire causa eccezionale atipica, avesse concorso a determinare l’evento in

di gran lunga superiore a quella consentita, a bordo di un motoveicolo per il
quale non era sufficiente la patente B da lui conseguita, su un tratto di strada
non totalmente rettilineo. In ragione di tali considerazioni, la Corte condivideva
la determinazione del concorso di colpa della vittima nella misura del 65%
effettuata dal giudice di primo grado e, sulla base dell’accertato concorso di
colpa, dichiarava compensate tra le parti le spese relative all’azione civile.
4. Ricorrono per cassazione le parti civili Di Rosa Nicolino, Cacciapuoti
Raffaelina, Di Rosa Raffaella e Di Rosa Maria Grazia, a mezzo dei rispettivi
difensori con unico ricorso, sulla base dei seguenti motivi:
a) art. 606 lett.b) cod.proc.pen., erronea applicazione dell’art. 154 cod.
strada in relazione all’art. 133 cod.pen. I ricorrenti ritengono che la Corte di
Appello abbia erroneamente preso in considerazione elementi che non hanno
rilevanza causale nella violazione dell’art. 154 cod. strada in quanto le condotte
ascritte alla vittima non hanno concorso nell’aver creato una turbativa alla
circolazione; la Corte, si assume, avrebbe applicato erroneamente le norme di
cui agli articoli 133 cod.pen. e 154 cod. strada confondendo il contributo causale
nella produzione dell’evento con la norma di cui all’art. 41 cod.pen., che regola la
sussistenza di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute.
b) omessa motivazione sul criterio di determinazione del grado di colpa a
carico della persona offesa. Secondo i ricorrenti la sola rappresentazione di fatti
che potrebbero aver inciso sulla causazione dell’evento lesivo non è sufficiente a
soddisfare il requisito della motivazione, completamente assente sul punto.
c) omessa motivazione sul rigetto dei motivi di appello senza un puntuale
esame delle questioni poste con i motivi di impugnazione. La Corte di Appello,
secondo i ricorrenti, avrebbe omesso di analizzare le questioni di fatto e di diritto
sollevate con i motivi di appello e, in particolare: la piena attendibilità dei
testimoni oculari D’Anna e Serafini, l’incertezza dell’effettiva velocità del
motociclo, l’irrilevanza causale della manovra di sorpasso e l’ininfluenza della
velocità del motociclo nella produzione dell’evento lesivo, l’ininfluenza nella

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quanto quest’ultimo viaggiava senza casco protettivo, ad una velocità sostenuta,

produzione dell’evento della mancanza del casco protettivo e del titolo abitativo
alla guida.
d) violazione dell’art.606 lett.c) in relazione all’art. 541 cod.proc.pen. I
ricorrenti censurano la sentenza impugnata per aver erroneamente applicato le
norme processuali che prevedono la condanna alle spese di costituzione di parte
civile a carico dell’imputato, compensando tali spese per entrambi i gradi di
giudizio nonostante l’imputato fosse stato ritenuto penalmente responsabile; la
Corte non avrebbe fornito motivazione dell’eventuale sussistenza dei giusti

totale o parziale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. I ricorrenti invocano un’interpretazione delle norme che assumono
violate che non trova alcuna rispondenza nel dato normativo. Si invoca, in primo
luogo, la corretta applicazione dell’art. 133 cod.pen., che attiene al potere
discrezionale del giudice nella valutazione della gravità del reato agli effetti della
determinazione della pena, con evidente inconferenza di tale richiamo nel
giudizio concernente la responsabilità civile dell’imputato.
1.2. I ricorrenti ritengono, poi, che per accertare il concorso di colpa della
persona offesa il giudice debba verificare se quest’ultima abbia tenuto un
comportamento irrispettoso della medesima norma cautelare la cui violazione
viene ascritta all’imputato, invocando un’interpretazione della norma che
disciplina il concorso della condotta colposa della persona offesa che non trova
corrispondenza nel testo dell’art.41 cod.pen., nel cui ambito il caso concreto è
stato correttamente sussunto quale ipotesi di concorso di cause colpose
indipendenti, ma che concerne la diversa fattispecie della cooperazione nel
delitto colposo, disciplinata dall’art.113 cod.pen.
1.3. La censura concernente la violazione dell’art.41 cod.pen. risulta,
peraltro, incomprensibile, posto che la sentenza impugnata ha correttamente
applicato al caso concreto il principio interpretativo consolidato nella
giurisprudenza di questa Corte in tema di concorso di cause indipendenti, in base
al quale il concorso di cause può ritenersi escluso solo allorquando il conducente
di un veicolo, nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di
colpa, vuoi generica vuoi specifica (Sez. 4, n. 32202 del 15/07/2010, Filippi,
Rv. 248355), si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza,
nella oggettiva impossibilità di “avvistare” l’altro veicolo e di osservarne,
comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso,
imprevedibile. Solo in tal caso l’incidente potrebbe ricondursi eziologicannente in
misura esclusiva alla condotta del secondo conducente, avulsa totalmente dalla
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motivi richiesti dall’art. 541 cod.proc.pen. per effettuarne la compensazione

condotta del primo ed operante in assoluta autonomia rispetto a quest’ultima
(Sez. 4, n. 32303 del 02/07/2009, Concas, Rv. 244865).
1.4. Il provvedimento impugnato, integrato con l’analisi effettuata dal primo
giudice in merito all’assenza del casco protettivo ed alla velocità tenuta dal
motociclista in relazione alla conformazione della strada (pagg.10-12) ha, con
logica deduzione, desunto l’incidenza causale della condotta colposa della vittima
in relazione all’evento in concreto verificatosi facendo corretta applicazione del
principio secondo il quale la responsabilità colposa implica che la violazione della

regola mirava a prevenire. La sentenza resiste alle censure mosse dai ricorrenti
per vizio motivazionale sul punto relativo al contributo causale della colpa della
vittima posto che, con argomentazione logicamente corretta, ha affermato che,
tenuto conto che la causa del decesso era stata individuata dal medico-legale
nell’impatto violento delle regioni cranio-encefaliche contro strutture rigide, la
violazione delle norme cautelari relative all’obbligo di indossare il casco
protettivo ed ai limiti di velocità aveva avuto efficienza causale nell’evento in
concreto verificatosi.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
2.1. Nella giurisprudenza di legittimità è stato più volte precisato che in
tema di omicidio e lesioni per colpa cosiddetta “stradale”, il giudice di merito,
riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa, adempie al dovere di
motivazione in ordine alla graduazione delle colpe concorrenti, di cui è
impossibile determinare con certezza le diverse percentuali, dando atto di aver
preso in considerazione le modalità del sinistro e di aver confrontato le condotte
dei soggetti coinvolti (Sez.4, n.31346 del 18/06/2013, Lobello, Rv. 256287;
Sez. 4, n.4537 del 21/12/2012, dep. 29/01/2013, Fatarella, Rv. 255099; Sez.4,
n.32222 del 5/06/2009, Casati, RV. 244431).
2.2. E’, altresì, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello
per cui, in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità,
sussistente anche nell’ipotesi in cui il reato sia estinto per prescrizione dopo la
pronuncia di primo grado ed il giudizio prosegua in grado di appello ai fini delle
statuizioni civili, è consentita la motivazione della sentenza d’appello

per

relationem, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado
non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi,
in quanto il giudice di appello, nell’effettuazione del controllo della fondatezza
degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare
questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle
quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e
prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate. In tal caso,
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regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta

infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si
integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale
occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della
motivazione, tanto più ove, come nel caso di specie, i giudici dell’appello abbiano
esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo
grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi
logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi
di merito costituiscano una sola entità (Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep.

dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615).
2.3. Per quel che riguarda la misura del riconosciuto concorso di colpa della
vittima, entrambi i giudici di merito hanno fornito congrua motivazione,
indicando gli elementi probatori valutati ai fini del giudizio (pag.7 della sentenza
della Corte di Appello e pagg.6 segg. della sentenza del Tribunale) e, in
particolare: l’esito degli accertamenti svolti sul posto, le conclusioni dei
consulenti tecnici, la natura e l’entità dei danni derivati dal sinistro, la condizione
della strada, la posizione dei veicoli al momento dell’incidente. Contrasta con il
tenore testuale della sentenza impugnata l’asserzione per cui il giudice di merito
avrebbe omesso la motivazione in ordine ai criteri utilizzati per quantificare il
concorso di colpa della persona offesa, essendo a tal fine ampiamente descritte
le modalità del sinistro ed avendo logicamente i giudici di merito posto in
correlazione la misura della percentuale di responsabilità dei due conducenti con
l’evento in concreto verificatosi e, in particolare, con la riconducibilità del
decesso della persona offesa “per l’impatto violento delle regioni cranio
encefaliche contro strutture rigide”. La sentenza impugnata, richiamando sul
punto anche le argomentazioni del giudice di primo grado, ha applicato il
principio della condizione causale, riconoscendo sia nella condotta colposa
ascrivibile all’imputato sia nella condotta colposa della vittima efficienza causale
nel sinistro, traendo tale conseguenza con logica deduzione dal principio secondo
il quale i conducenti di veicoli devono prevedere le imprudenze altrui e adeguare
la propria condotta per evitare incidenti (pag.11). La sentenza impugnata ha,
dunque, fatto buon governo dei principi sopra enunciati.
3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
3.1. I giudici di merito hanno espressamente motivato tanto con riguardo al
giudizio sull’attendibilità dei testimoni D’Anna e Serafini (pagg. 6-9 della
sentenza del Tribunale e pag.6 della sentenza della Corte di Appello), quanto in
merito ai dati contrastanti emergenti in ordine all’effettiva velocità del motociclo,
indicando per quale motivo le conclusioni del consulente tecnico delle parti civili
non si potessero ritenere attendibili (pag.6), quanto in merito alla rilevanza, ai
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4/02/1994, Albergamo ed altri, Rv. 197250; Sez. 3, n. 13926 del 10/12/2011,

fini della ricostruzione della dinamica del sinistro e delle responsabilità dei
conducenti, della condotta della persona offesa (pag. 7), richiamando anche le
argomentazioni svolte dal Tribunale. Il giudice di primo grado aveva, infatti,
elencato i profili di colpa ascrivibili alla vittima, indicando sia il fatto che non
portasse il casco e ritenendo tale circostanza “assolutamente influente sull’esito
mortale del sinistro”, sia il fatto che tenesse una velocità assai sostenuta
approcciando “con assoluta temerarietà un tratto di strada che, come si evince
chiaramente dalle foto in atti, non è totalmente rettilineo e quindi avrebbe

impattare contro ostacoli che potessero porglisi dinanzi dopo la curva” (pag.12).
3.2. Nella giurisprudenza di legittimità è stato più volte enunciato il principio
secondo cui la ricostruzione di un incidente stradale nelle sue dinamiche e nella
sua eziologia, la valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada,
l’accertamento delle relative responsabilità, la determinazione dell’efficienza
causale di ciascuna colpa concorrente sono rimesse al giudice di merito ed
integrano una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di
legittimità se sorretti da adeguata motivazione. Nella concreta fattispecie, la
decisione impugnata si presenta formalmente e sostanzialmente legittima e i
suoi contenuti motivazionali forniscono esauriente e persuasiva risposta ai
quesiti concernenti l’incidente stradale oggetto del processo.
3.3. Le ricorrenti parti civili svolgono doglianze generiche in chiave di puro
merito, che tendono sostanzialmente ad una diversa valutazione delle risultanze
processuali, non consentita nel giudizio di legittimità. Per altro verso, non
rappresenta vizio censurabile l’omesso esame critico di ogni questione sottoposta
all’attenzione del giudice di merito qualora dal complessivo contesto
argomentativo sia desumibile che alcune questioni siano state implicitamente
rigettate o ritenute non decisive, essendo a tal fine sufficiente che la pronuncia
enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono ritenuti determinanti
per la formazione del convincimento del giudice. (Sez.2, n.9242 dell’8/02/2013,
Reggio, Rv.254988; Sez.4, n.34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv.253512; Sez.4,
n.45126 del 6/11/2008, Ghisellini, Rv.241907).
4. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato.
4.1. La sentenza impugnata ha fornito, sia pure succintamente, l’indicazione
dei giusti motivi in base ai quali ha ritenuto di disporre la compensazione
integrale delle spese relative alla costituzione di parte civile, facendo corretta
applicazione del principio per il quale la condanna dell’imputato alle spese della
parte civile segue solo al rigetto dell’impugnazione o alla pronuncia di
inammissibilità della stessa (Sez.5, n.46453 del 21/10/2008, Colombo, Rv.
242611), oltre che del principio in base al quale è riservato al potere
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dovuto imporgli, in primis, di moderare la velocità, proprio per evitare di

discrezionale del giudice disporre la compensazione delle spese relative all’azione
civile, con l’unico limite che le spese non possono essere poste a carico della
parte totalmente vittoriosa (Sez.5 Civile, n.15316 del 19/06/2013, Rv.627183).
5. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con condanna dei ricorrenti ai
sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. al pagamento delle spese del presente giudizio
di cassazione.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese

Così deciso il 10/1/2014

processuali.

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