Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49979 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49979 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LERNA CATALDO N. IL 27/02/1949
avverso la sentenza n. 859/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
16/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 11/10/2013

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Con sentenza in data 16/1/2013 la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza del
19/1/2011 del Tribunale di Brindisi, sez. dist. di Ostuni, con cui il Sig. Cataldo LERNA è stato
condannato in relazione al reato previsto dagli artt.81 cod. pen. e 4 del d.lgs. 10 marzo 2000,
n.74, accertato il 31/1/2008 in relazione agli anni d’imposta 2004 e 2005.

Osserva, in primo luogo, la Corte che il ricorrente propone censure che introducono
contestazioni in punto di fatto e che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni operate nel
merito dal giudicante; si tratta di richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto
affermato dalla costante giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta
Penale, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148). Ora, la Corte di
appello ha ampiamente illustrato, in modo coerente e immune da vizi logici, le ragioni che
portano a escludere che la condanna sia stata inflitta esclusivamente sulla base di “presunzioni
tributarie” e a confermare l’esistenza di un quadro probatorio che supporta la decisione del
primo giudice.
Quanto all’invocata prescrizione, fissandosi a dicembre 2005 il decorso dei termini per il reato
più risalente (annualità 2004) il termine di sette anni e sei mesi non risulta decorso al
momento della pronuncia della Corte di appello. Alla inammissibilità originaria del ricorso
consegue la non rilevanza in questa sede dell’avvenuta maturazione dei termini massimi di
prescrizione del reato in epoca successiva alla sentenza impugnata (Sez.Un., n.32 del 22
novembre-22 dicembre 2000, rv 217266; n.33542 del 27 giugno-11 settembre 2001, rv
219531; n.23428 del 22 marzo-22 giugno 2005, rv 231164).
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 11/10/2013.

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta: a) errata applicazione di
legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod.
proc. pen.; b) errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento alle censure nosse in
sede di appello e discussione con riferimento alla prescrizione dei reati.

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