Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49973 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49973 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IUSSI PATRIZIA N. IL 04/02/1968
avverso la sentenza n. 1940/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
25/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/10/2013

1) Con sentenza del 25.10.2012 la Corte di Appello di Genova confermava la sentenza
del Tribunale di Imperia, in composizione monocratica, emessa in data 12.1.2012, con
la quale lussi Patrizia era stata condannata alla pena di mesi 5, giorni 10 di arresto ed
euro 4.000,00 di ammenda per il reato di cui alrart.44 DPR 380/2001.
Ricorre per cassazione lussi Patrizia, a mezzo del difensore, denunciando l’erronea
applicazione della legge penale, essendo stata affermata la penale responsabilità
dell’imputata per il solo fatto di essere proprietaria dell’area.
2) Il ricorsoègenerico e manifestamente infondato.
2.1) Non &dubbio che, secondo giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte,
“…..non puà essere attribuito ad un soggetto per il solo fatto di essere proprietario di
un’area, un dovere di controllo dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per
costruzione abusiva. Il semplice fatto di essere proprietario o comproprietario del
terreno sul quale vengono svolti lavori edilizi illeciti, pur potendo costituire un indizio
grave, non è sufficiente da solo ad affermare la responsabilità penale…., essendo
necessario a tal fine, rinvenire elementi in base ai quali possa ragionevolmente
presumersi che egli abbia in qualche modo concorso anche solo moralmente con il
committente o l’esecutore dei lavori (v. Cass. Sez. 3 , 29.3.2001-Bertin). Occorre
considerare, in sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta l’attività incriminata,
tenendo conto non soltanto della piena disponibilità, giuridica o di fatto, del suolo e
dell’interesse specifico ad effettuare una costruzione (principio del “cui prodesf),
beni pure di rapporti di parentela ed affinità tra l’esecutore dell’opera abusiva ed il
proprietario, dell’eventuale presenza “in locd’ di quest’ultimo, dello svolgimento di
attività di materiale vigilanza dell’esecuzione dei lavori, della richiesta di
provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; del regime patrimoniale tra coniugi e, in
definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti positivi o negativi, da cui
possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione
anche morale all’esecuzione delle opere’ (così Cass.pen. Sez. 3 n.216 dell’8.10.2004;
conf. Cass. Sez. 3 n.5476 del 29.4.1999, Zarbo; Cass. Sez. 3 n. 31130 del 10.8.2001,
Gagliardi ; cass. Sez. 3 n. 25.2.2003, Cafasso ed altro).
N di recente questa Corte, nel richiamare tutti tali principi, ha sottolineato che, pere,
grava “.. sull’interessato l’onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che,
nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volonff
(Cass.pen. Sez. 3 n.25669 del 30.5.2012 che richiama anche Cass. Sez. 3 n.35907 del
19.9.2008 e tutte le precedenti pronunce).
2.2) Con i motivi di appello era stato dedotto che non vi era prova che a realizzare i
manufatti fosse stata rimputata, essendo lecito sostenere che, stante il limitato
intervallo tra l’acquisto della propriette l’accertamento dell’abuso, i manufatti stessi ga
esistessero. Si assumeva, cicè, che le opere fossero state realizzate dal precedente
proprietario.

OSSERVA

La Corte territoriale ha, con motivazione congrua ed immune da vizi logici, ritenuto
destituiti di ogni fondamento tali rilievi, dal momento che la recentissima edificazione
emergeva dal fatto che rintervento della Polizia Municipale era avvenuto a seguito di
esposto del 21.5.2008, che uno dei tre manufatti era ancora al grezzo e che, infine, il
piazzale si presentava non ultimato. Peraltro rimputata non aveva fornito il benclí
minimo elemento a sostegno della sua tesi, pur potendo facilmente dimostrare la data
del racquisto.
2.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che
pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi delrart.616 c.p.p.
Va solo aggiunto che la manifesta infondatezza del ricorso impedisce, comunque, ogni
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonclí al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00
Così deciso in Roma rime2o13
Il Presidente
Il Consigliere est.

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