Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49930 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49930 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso pro.posto da:
CALISE FABIO N. IL 02/06/1986
avverso la sentenza n. 3003/2013 TRIBUNALE di NAPOLI, del
15/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/10/2013

1) Con sentenza del 15.2.2013 il Tribunale dì Napoli, in composizione monocratica,
applicava a Calise Fabio, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
con criterio di prevalenza sulla contestata recidiva e ritenuta la diminuente per la
scelta del rito, la pena concordata ex art.444 c.p.p. di mesi 4 di reclusione ed euro
200,00 di multa per i reati di cui agli artt.81 cpv.c.p., 171 ter co.1 lett c) e 2 lett.a)
L.633/1941 (capo a) e 81 cpv., 648 c.p. (capo b).
Propone ricorso per cassazione l’imputato, denunciando la violazione ed erronea
applicazione delrart.171 ter L.633/1941 in riferimento alrart.129 c.p.p.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Va premesso che rapplicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale rimputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. ba parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare resattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dalrart.129 c.p.p..
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art.444
cpp, l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della
fattispecie perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte “In tema di patteggiamento , la
possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto
contenuta in sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in
cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati,
mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti
margini di opinabilità “(ex plurimis Cass.pen. sez.4 n.10692 dell’11.3.2010; sez.6
n.45688 del 20.11.2008; sez.3 n.44278 del 23.10.2007).
2.2) Il Tribunale ha rilevato che il fatto risultava correttamente qualificato e che non
ricorrevano le condizioni per applicare rart.129 c.p.p.
Il ricorrente non tiene conto che ripotesi contestata è quella di cui alrart.171 ter co.1
lett. c), vale a dire l’illecita riproduzione, che, anche a seguito della sentenza della
Corte di Giustizia europea (emessa in data 8.11.2007 nel procedimento C-20/05,
Schwibbert), secondo la giurisprudenza di questa Corte, costituisce reato” perché non
prevede come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno, ma punisce
soltanto chiunque detiene a fini commerciali supporti illecitamente duplicati o
riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione. In quest’ultimo
caso, insomma, la mancanza del contrassegno può essere semmai valutata come mero
indizio della illecita duplicazione o riproduzione, ma non assurge al ruolo costitutivo
della condotte (cfr.ex multis Cass.pen. sez.3 sent.n.334 del 12.2.2008,ric.Valentino).

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OSSERVA

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2.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.500,00 ai sensi delrart.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.500,00.
Così deciso in Roma 111.10.2013

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