Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4993 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4993 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOCCACCI LUIGI N. IL 18/06/1965
BODINO FELIX N. IL 17/11/1975
GROPPI JODI N. IL 14/01/1982
avverso la sentenza n. 2257/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 05/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/01/2014 la relazione fatta dal
.,
Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. fi e,etz o et -ccAns
che ha concluso per (214
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Udito, per la parte c’vile, l’Avv
difensoi(Avv.

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J.,z,

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Data Udienza: 07/01/2014

2.
(

Con sentenza del 19 novembre 2010 il Tribunale di
Parma-sezione distaccata di Fidenza- dichiarava la
penale responsabilità di Boccacci Luigi, Bodino
Felix e altri in ordine al reato di lesioni colpose
gravissime commesso con violazione delle norme sulla
sicurezza del lavoro in danno del lavoratore
minorenne Avasilichioae Constantin Marius e,
concesse
le
circostanze
attenuanti
generiche
equivalenti alle aggravanti contestata, li
condannava alla pena di anni uno e mesi sei di
reclusione oltre al pagamento in solido delle spese
processuali, al risarcimento dei danni in favore
delle parti civili costituite, nei cui confronti
liquidava altresì una provvisionale, e alla
rifusione delle spese dalle stesse sostenute.
Ai tre imputati era stato contestato il reato di
cui all’articolo 590 cod.pen. aggravato dalla
violazione della normativa antinfortunistica per
avere cagionato, Boccacci Luigi, in qualità di socio
e amministratore società C.M.B. di Boccacci Giovanni
& figli, committente e responsabile dei lavori,
Bodino Felix e Jodi Groppi (titolari di imprese
individuali, in qualità di gerenti di due delle tre
ditte appaltatrici ed esecutrici dei lavori, lesioni
gravissime al sopra indicato lavoratore minorenne,
il quale, mentre tinteggiava in quota (a circa 8
metri al di sopra del piano stabile), precipitava a
terra da un’opera provvisionale sulla quale stava
svolgendo la propria attività lavorativa, e cioè da
un ponteggio instabile e pericoloso allestito non a
regola d’arte e “contra legem”, con cattivo
materiale e quindi del tutto inidoneo allo scopo.
Avverso la decisione del Tribunale hanno proposto
appello gli imputati.

RITENUTO IN FATTO

La Corte di Appello di Bologna in data 5.12.2012,
in parziale riforma della sentenza emessa nel
giudizio di primo grado, riduceva la pena loro
inflitta a mesi tre di reclusione ciascuno;
confermava nel resto e condannava gli imputati al
pagamento delle spese processuali e alla rifusione
delle spese nei confronti delle costituite parti
civili liquidate come in dispositivo.
Avverso tale sentenza proponevano ricorso in
cassazione i sopra indicati imputati.
Boccacci Luigi la censurava per i seguenti motivi:
per
lett.e)
c.p.p.
dell’art.606
1)violazione
mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione
anche in ragione delle modalità di redazione della

01

In particolare lamentava la
sentenza stessa.
mancanza di legame tra le note e il contenuto del
le
stesse
si
riferiscono,
provvedimento
cui
illogicità
della
comportando tale
circostanza
sentenza impugnata.
2) Violazione dell’art.606 lett.e) per inosservanza
della previsione di cui all’art.513 c.p.p., comma l,
alla
inutilizzabilità
in
relazione
dell’interrogatorio del 15 luglio 2004 reso davanti
al pubblico ministero dall’imputato Boccacci.
Secondo la difesa la Corte territoriale non poteva
tener conto di tale interrogatorio davanti al
pubblico ministero, dal momento che non c’era stato
il consenso del difensore a che tale atto rifluisse
nel fascicolo del dibattimento. D’altra parte tale
questione non poteva formare oggetto di un motivo di
appello, come sostenuto dalla Corte territoriale,
dal momento che il giudice di primo grado nulla
aveva detto in sentenza a proposito di tale atto.
3) Violazione dell’art.606 lett.e) per manifesta
illogicità della motivazione relativamente alla
ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della
persona offesa. Il lavoratore infatti avrebbe
dapprima sostenuto che il Boccacci si era affacciato
dal vecchio capannone e poi che il suddetto
coimputato si era invece affacciato da quello in cui
si stava svolgendo il lavoro di tinteggiatura.
Inoltre la persona offesa, contrariamente da quanto
hanno affermato i testi Fanfani e Brugnoli e il
perito Solari, i quali avevano riferito che il
capannone era stato imbiancato solo nelle parti
basse, hanno continuato a sostenere di avere
che,
soffitto
l’imbiancatura
del
effettuato
diversamente da quanto da lui dichiarato, non
risultava essere stata compiuta.
4) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione
in relazione alla ritenuta prova delle dinamiche
in quanto non sarebbe stato
dell’infortunio,
fosse
offesa
persona
che
la
dimostrato
piano
dall’ultimo
caduta
effettivamente
dell’impalcatura.
Difetto di motivazione relativamente alla
5)
ritenuta attendibilità delle dichiarazioni
testimoniali del teste Ghizzi. Ci sarebbe infatti
contraddizione tra ciò che è stato sostenuto nella
sentenza impugnata, che cioè l’oscurità non aveva
impedito al Ghizzi di “verificare e cristallizzare”
lo stato dei luoghi, e ciò che ebbe a dichiarare il
predetto teste, e cioè che egli ebbe effettive
difficoltà ad accertare lo stato degli stessi.
6) Manifesta illogicità della motivazione laddove la
sentenza impugnata aveva ritenuto che vi era stata

(3

(4

la confessione dell’imputato, mentre invece i
giudici della Corte territoriale si sarebbero
limitati a riportare le considerazioni svolte
nell’atto di appello, slegandole dal vero contesto e
pretendendo di attribuire alle stesse valore
confessorio.
7) Mancanza di motivazione relativamente al nesso di
causalità tra la condotta omissiva imputata al
Boccacci di adozione di condotte antinfortunistiche
e l’infortunio, non essendo a tal fine sufficiente
sostenere, come ha fatto la Corte territoriale, che
il Boccacci era titolare di una posizione di
garanzia.
Bodino Felix e Jodi Groppi censuravano l’impugnata
sentenza per i seguenti motivi:
1) violazione di legge e difetto di motivazione in
punto di responsabilità. Osservava la difesa che
non ci sarebbe prova che i due ricorrenti fossero
titolari di una posizione di garanzia, che
fossero “datori di lavoro di fatto”, come
sostenuto nella sentenza impugnata, in quanto
titolari di due delle ditte appaltatrici. La
Corte territoriale inoltre non avrebbe spiegato i
motivi per cui aveva ritenuto inattendibile il
teste a difesa Bosteog Gheorghe.
2) Violazione di legge con riguardo all’art.530 cpv
c.p.p., in relazione all’art.111 Costituzione,
dovendosi procedere all’assoluzione in caso di
ragionevole dubbio.
3) Eccessività della pena in relazione all’art.133
in
secondo
la
difesa,
in
quanto,
c.p.,
considerazione della incensuratezza degli
imputati e della loro giovane età, le attenuanti
generiche avrebbero dovuto essere considerate
prevalenti sulle contestate aggravanti.
Concorso della persona offesa nell’accadimento del
sinistro in quanto, sul punto, la Corte
territoriale, avrebbe omesso qualsiasi motivazione.
La difesa di Felix Bodino e Jodi Groppi proponeva
motivi nuovi ed aggiunti in cui sosteneva che era
maturata la prescrizione e ribadiva le
argomentazioni già esposte in ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I proposti ricorsi non sono fondati.
Si osserva preliminarmente che non risulta decorso
alla data odierna il termine massimo di
prescrizione.
della Corte
i
giudici
infatti
Correttamente
territoriale hanno ritenuto che il corso della

fi

prescrizione era rimasto sospeso per complessivi
anni due e mesi tre, ai sensi dell’art.159 comma 1
n.3 c.p. in ragione dei rinvii di numerose udienze
conseguenti a richieste di rinvio dei difensori per
concomitanti impegni professionali, citando anche
pertinente giurisprudenza delle Sezioni Unite di
questa Corte sul punto.
L’impedimento del difensore per contemporaneo
impegno
professionale,
sebbene
tutelato
il
rinvio
dall’ordinamento
con
diritto
al
dell’udienza, non costituisce una ipotesi di
impossibilità assoluta a partecipare all’attività
difensiva e non dà luogo pertanto ad un caso in cui
trovano applicazione i limiti di durata della
sospensione del corso della prescrizione previsti
dall’art.159. comma 1, n.3, c.p., nel testo
introdotto dall’art.6 della legge 5 dicembre 2005,
n.251 (cfr, sul punto, Cass., Sez.2, Sent. N.17344
del 29.03.2011, Rv.250076).
Deve essere pertanto rigettata l’eccezione proposta
con i motivi nuovi depositati il 13.12.2013 dalla
difesa di Felix Bodino e Jodi Groppi.
Cominciando dall’esame del ricorso di Boccacci
Luigi, si osserva che infondato è il primo motivo.
Non possono infatti condividersi le argomentazioni
della difesa secondo cui nella sentenza impugnata
sarebbe mancante il legame tra le note e il
contenuto del provvedimento cui le stesse si
riferiscono. Il provvedimento è invece ben costruito
e accuratamente motivato, fornendo le indicate note,
di facile lettura, citazioni giurisprudenziali
pertinenti e approfondimenti con riferimento ad
argomentazioni svolte in sentenza chiaramente
indicate.
Infondato è poi il secondo motivo.
La difesa lamenta di avere chiesto la revoca
dell’ordinanza ammissiva dell’acquisizione al
fascicolo dell’interrogatorio del 15 luglio 2004
reso davanti al pubblico ministero dall’imputato
Boccacci, ma che il giudice di primo grado non aveva
risposto, pur non menzionando in sentenza tale atto.
Peraltro, come ben indicato nella sentenza
impugnata, ben poteva la Corte territoriale tenere
conto di tale atto, non essendo intervenuto appello
sul punto. Se anche infatti il giudice di primo
grado non aveva espressamente menzionato
l’interrogatorio di cui sopra, purtuttavia lo stesso
era tra gli atti acquisiti al fascicolo che il
giudice aveva esaminato e sulla cui base aveva
affermato la responsabilità dell’imputato. Da ciò
discende che la difesa del Boccacci avrebbe dovuto

( 5-

ri

(‘

impugnare la sua acquisizione al fascicolo del
dibattimento.
Infondati sono poi il terzo, il quarto, il quinto e
il sesto motivo di appello, che si riferiscono a
pretesi difetti di motivazione con riferimento alla
ritenuta attendibilità della persona offesa, del
teste Ghizzi, alla dinamica dell’infortunio e al
valore “confessorio” che la Corte territoriale
avrebbe attribuito alle dichiarazioni dell’imputato
Boccacci. La motivazione della sentenza impugnata su
tali punti appare infatti adeguata e congrua, mentre
le argomentazioni contenute nei sopra indicati
motivi attengono al merito della vicenda, propongono
una alternativa ricostruzione dei fatti e richiedono
a questa Corte valutazioni che le sono precluse.
Passando all’esame del sesto motivo di ricorso, si
osserva che, come ben indicato nella sentenza
impugnata, Luigi Boccacci era il committente delle
opere aventi ad oggetto la costruzione di un
capannone destinato ad attività artigianali, in
quanto legale rappresentante della società C.M.B. di
Boccacci Giovanni & figli s.n.c..
In tale sua qualità egli affidò l’esecuzione delle
opere di tinteggiatura ad imprese individuali del
tutto inadeguate ( i titolari di tali imprese erano
infatti i coimputati Felix Bodino e Jodi Groppi che
facevano i giostrai) e, come da lui stesso
non si premurò di informare il
dichiarato,
coordinatore per la sicurezza, ing. Giuliano
Bragazza, dell’ingresso non previsto di altre ditte
all’interno del capannone. I lavori di
tinteggiatura, pertanto, non erano previsti nel
P.S.C., in quanto il Boccacci, come chiaramente
indicato in sentenza, pensava di non esservi tenuto,
in quanto non avrebbe pagato tali opere perchè le
stesse venivano effettuate gratuitamente per
ricompensare il ricorrente che consentiva al Bodino
e al Groppi di ricoverare le giostre in altro
capannone di sua proprietà.
Sussiste pertanto il nesso di causalità tra la
condotta omissiva imputata al Boccacci di adozione
di condotte antinfortunistiche e l’infortunio.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, citata
anche nella sentenza impugnata (cfr, tra le altre,
Cass., 9.07.2010, Angiulli, Rv.248918), risponde del
reato il committente che aveva affidato lavori edili
in economia a lavoratore autonomo di non verificata
professionalità e in assenza di qualsiasi
apprestamento di presidi anticaduta a fronte di
lavorazioni in quota superiore a metri due.
Anche il ricorso proposto da Bodino Felix e Jodi
Groppi è infondato.

fi

Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici della
Corte territoriale hanno chiaramente evidenziato le
ragioni per cui si doveva ritenere che i due
ricorrenti dovessero ritenersi “datori di lavoro di
fatto” e quindi titolari di posizione di garanzia
nei confronti del lavoratore infortunato.
La sentenza impugnata ha infatti evidenziato “che
nel cantiere si recarono solo Felix Bodino e Jodi
Groppi, che furono gli stessi- ed in particolare il
Bodino- ad invitare Marius e Gheorghe ad eseguire
con loro il lavoro, a prendere il camion e
l’impalcatura (da casa dello stesso Felix) e a
predisporre le modalità di lavoro, avuto particolare
riguardo all’ancoraggio, del tutto precario, al
cassone del camion”.
Pertanto i giudici di appello hanno concluso che
“l’accettazione di un lavoro in appalto in assenza
delle necessarie capacità tecniche, l’omessa
predisposizione del piano operativo di sicurezza,
l’allestimento di un ponteggio rudimentale,
rimovibile e pericolosissimo (senza alcuni
parapetti, privo di un sottoponte di sicurezza, del
tutto instabile perché non saldamente ancorato) sono
tutti profili di colpa ascrivibili a entrambi gli
imputati, a prescindere dal loro ruolo formale, in
chiaro nesso causale con l’evento”.
Al fine dell’attribuzione della veste di datore di
lavoro di fatto è invero assolutamente irrilevante
la circostanza che le imprese dei due ricorrenti non
fossero iscritte nel registro delle imprese e che il
lavoratore infortunato lavorasse “in nero”, nonché
la presenza di un rapporto gerarchico tra il garante
di fatto e il soggetto garantito.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è
infatti concorde nel ritenere che l’assunzione di
fatto di una posizione di garanzia può prescindere
dalla presenza di un rapporto gerarchico tra il
garante di fatto e il soggetto garantito (cfr, tra
le altre, Cass., Sez.4, Sent. n.24544 del
12.05.2011, rv.250758).
Infondati sono poi i motivi attinenti alla ritenuta
inattendibilità del teste Bosteog Gheorghe, alla
sussistenza di un ragionevole dubbio che avrebbe
dovuto portare all’assoluzione dei due imputati e
alla ritenuta sussistenza del concorso di colpa
della persona offesa.
delle
valutazione
attiene
alla
Per
quanto
dichiarazioni del teste di cui sopra i giudici di
appello hanno indicato con adeguata motivazione le
ragioni per cui non lo hanno ritenuto credibile,
come pure le ragioni per cui hanno ritenuto che non

PI

sussistessero dubbi sulla responsabilità dei due
imputati.
Per quanto poi riguarda la insussistenza del concorso
della persona offesa, i giudici di merito hanno citato
la pacifica giurisprudenza di questa Corte, secondo
cui “la eventuale imprudenza del lavoratore non elide
il nesso di causalità allorchè l’incidente si
verifichi a causa del lavoro svolto e per
l’inadeguatezza delle misure di prevenzione.
il
Quanto
infine
alle
doglianze
concernenti
trattamento sanzionatorio, si rileva che la decisione
impugnata risulta sorretta da conferente apparato
argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo
motivazionale, anche per quanto concerne la dosimetria
della pena. E appena il caso di considerare che in
tema di valutazione dei vari elementi per la
concessione delle attenuanti generiche, ovvero in
ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del
sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo
ammette la c.d. motivazione implicita (Cass., Sez.6,
22 settembre 2003 n.227142) o con formule sintetiche
(tipo “si ritiene congrua” vedi Cass., sez.6, 4 agosto
1998, Rv.211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze
aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art.133 c.p., sono censurabili in
cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o
ragionamenti illogico (Cass., sez.3, 16 giugno 2004
n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza che
certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la
Corte di appello di Bologna espressamente chiarito le
ragioni in base alle quali ha ritenuto di confermare
il giudizio di equivalenza tra le circostanze
attenuanti generiche e le aggravanti contestate in
considerazione dell’alto grado della colpa e del
gravissimo danno arrecato alla vittima e di irrogare
la pena indicata in dispositivo.
I ricorsi devono essere pertanto rigettati e i
ricorrenti condannati al pagamento delle spese
processuali e alla rifusione delle spese nei confronti
della parte civile costituita liquidate come in
dispositivo.

PQM
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali nonchè alla rifusione delle

(‘

spese sostenute per questo giudizio di Cassazione-E_
liquidate in favore di C. Marius Avasilichioae e
liquidate in euro 2.500,00 oltre accessori come per
legge.

Così deciso in Roma il 7.01.2014

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