Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49926 del 11/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49926 Anno 2013
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MELE VITTORIO N. IL 09/11/1954
avverso la sentenza n. 5873/2010 GIP TRIBUNALE di TARANTO, del
12/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 11/10/2013

1) Il &IP del Tribunale di Taranto, con sentenza del 12.3.2013, applicava a Mele
Vittorio, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con la
riduzione per il rito, la pena concordata ex art.444 c.p.p. di mesi 4 di arresto ed euro
1.500,00 di ammenda per il reato di cui all’art.256 co.1 e 3 D.L.vo 152/2006;
disponeva altresì la confisca dell’area già adibita a discarica.
Ricorre per cassazione Mele Vittorio, denunciando la violazione ed erronea
applicazione dell’art.256 co.3 b.L.vo 152/2006, essendo stata disposta la confisca
dell’area, benché la stessa appartenesse anche ad altri soggetti; denuncia,altresì, la
violazione ed erronea applicazione dell’art.129 c.p.p., non avendo il giudice motivato in
ordine alla insussistenza di cause di proscioglimento.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione
“soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione
anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis
sez.un.27.3.1992- Di Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
2.1.1) Il &IP ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che non ricorrevano i
presupposti per applicare l’art. 129 c.p.p. “attese le risultanze degli atti di p.g.
inseriti nel fascicolo delle investigazioni, in.equivoci e non contrastati da elementi di
segno contrario”.
2.2) A norma dell’art.256 comma 3 D.L.vo 152/2006 “Chiunque realizza o gestisce una
discarica non autorizzata è punito… Alla sentenza di condanna o alla decisione
emessa ai sensi dell’art.444 del codice di procedura penale consegue la confisca
dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del
compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei
luoghi”.
2.2.1) Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la confisca “… non può essere
disposta dal giudice – in caso di comproprietà indivisa dell’area – nei confronti di quei
comproprietari che non siano responsabili, quanto meno a titolo di concorso, del reato
di discarica abusiva, non potendo applicarsi la misura di sicurezza, ablativa della
proprietà, in danno di persone che non hanno commesso alcun illecito penalmente
rilevante e non avendo l’area medesima natura intrinsecamente criminoso (vedi Cass.,
Sez. 3, 26.2.2002, n. 7430, bessena). La restituzione dell’intero bene, però, ad uno o
più titolari della comproprietà indivisa rimasti estranei al reato, consentirebbe anche
al proprietario condannato di riacquistare la piena disponibilità dell’ immobile, con
evidente elusione della “ratio” della norma, che va individuata nell’opposta esigenza di
evitare che l’area interessata rimanga nella disponibilità del proprietario il quale la

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abbia già utilizzata come strumento del reato. Affinché, pertanto, il diritto del terzo
estraneo al reato non venga sacrificato, la quota di spettanza di esso estraneo potrà
essergli restituita come proprietà singolare sulla quale il reo non abbia diritto di
disporre (vedi Cass., Sez. 3, 21.2.2006, n. 6441, Serra).
2.2.2) A parte il fatto che, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso,
si deduce in modo assertivo che l’area confiscata è di proprietà anche di altri
soggetti, la confisca, comunque, troverebbe applicazione per la quota ideale di
spettanza del ricorrente, demandandosi alla fase esecutiva la individuazione concreta
di tale quota.
2.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in euro
1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di curo
1.500,00.
Così deciso in Roma 1’11.10.2013

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