Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49917 del 13/02/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49917 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI GRAZIA LUCA N. IL 18/03/1984
avverso la sentenza n. 2149/2012 TRIBUNALE di CATANIA, del
28/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 13/02/2013

n.147 ricorrente DI GRAZIA Luca

Motivi della decisione

L’imputato

ricorre per cassazione

a mezzo del difensore avverso la

cod. proc. pen. sul presupposto della riconosciuta responsabilità del predetto in
ordine a due distinti reati di furto di cui agli artt.110. 624-bis 625 n. 5 cod. pen.
( capo A ) e di cui agli artt.624,625 nn2 e 7 cod. pen. ( capo B ):entrambi
commessi in Catania il 25 giugno 2009, lamentando vizi di difetto della
motivazione.
Il gravame è manifestamente infondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui l’obbligo della
motivazione della sentenza di patteggiamento non può non essere conformato
alla particolare natura giuridica della stessa: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod.proc.pen. deve ad
esempio essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui
dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la
possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi
sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione,
anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (S.U. 27
marzo 1992, Di Benedetto ; S.U. 27 dicembre 1995, Serafino). Nel caso di
specie, il Giudice di prime cure ha escluso la ricorrenza dei presupposti di
applicazione dell’art. 129 codice di rito, convalidando la corretta qualificazione
giuridica dei fatti ascritti all’imputato oltreché il proposto giudizio di
bilanciamento tra le circostanze e la congruità della determinazione pattizia della
pena.
Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento
che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudica bile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come

i

sentenza di cui in epigrafe recante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444

questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato.
Il ricorso è quindi inammissibile.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento, a favore della cassa
delle ammende, della somma di euro 1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria,
trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a

giugno 2000).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 a favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma,lì 13 febbraio 2013.

colpa, del ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13

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