Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4991 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4991 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAZIENZA PASQUALE N. IL 15/07/1969
FORTUNATO FRANCESCO N. IL 02/10/1955
SICOLO TOMMASO N. IL 15/07/1966
BONADIE FRANCESCO N. IL 07/08/1961
avverso la sentenza n. 2267/2007 CORTE APPELLO di BARI, del
12/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUISA BIANCHI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.ael
che ha concluso per

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Data Udienza: 07/01/2014

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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1.
All’esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Bari ha ritenuto Pazienza
Pasquale, Fortunato Francesco, Sicolo Tommaso e Bonadie Vincenzo responsabili
del reato di cui all’art. 416 cod.pen. e di alcuni reati di furto in danno di depositi
di merci o di esercizi commerciali e li ha condannati alle pene di giustizia.
2.
La Corte di appello, con sentenza del 12.10.2012 dichiarava estinti per
intervenuta prescrizione il reato di associazione per delinquere e alcuni dei furti e
rideterminava la pena inflitta per i residui reati.
3.
Per il tramite dei difensori di fiducia hanno presentato ricorso per
cassazione gli imputati. Pazienza Pasquale lamenta: 1) la inutilizzabilità dei
risultati delle intercettazioni telefoniche per mancanza di motivazione dei decreti
autorizzativi emessi in via di urgenza dal pm sulla insufficienza o indisponibilità
degli impianti di Procura; tale motivazione è stata resa secondo la c.d.
motivazione alternativa o preventiva; il PM si è cioè limitato a prevedere in via
ipotetica la possibilità di insufficienza o indisponibilità di tali impianti che è stata
poi accertata in concreto in un caso
dall’ufficiale di polizia giudiziaria (Rit
1136/2001) e in un altro dal responsabile dell’ufficio di Procura (Rit 1216/2001)
con provvedimenti emessi prima dell’inizio delle operazioni di intercettazione e
allegati al decreto; secondo il ricorrente vi sarebbe dovuto essere un
accertamento diretto da parte dello stesso PM, anche nella forma del decreto
integrativo; in un terzo caso poi (Rit n.1237/2001) non vi è nemmeno stato alcun
decreto integrativo. Secondo il ricorrente in tal modo si è verificata una
inutilizzabilità patologica dei decreti autorizzativi del PM che sono risultati privi
della necessaria motivazione sulla indisponibilità degli impianti di Procura,
necessità sempre ribadita dalle sezioni unite di questa Corte; 2) la mancata
identificazione del ricorrente quale il soggetto indicato quale Pasquale nelle
intercettazione; 3) l’assenza di prova della responsabilità per i furti di cui ai capi
C1 e G!; 4) la mancata concessione delle attenuanti generiche e l’eccessiva
severità del trattamento sanzionatorio. Con separati ricorsi anche gli altri imputati
Fortunato Francesco, Bonadie Vincenzo e Sicolo Tommaso
contestano la
sentenza sotto il medesimo profilo della inutilizzabilità delle intercettazioni per la
mancanza di motivazione dei decreti autorizzativi del PM, in particolare il
difensore di Fortunato e Bonadie evidenzia l’esistenza di un contrasto di
giurisprudenza sul punto e sollecita la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite di
questa Corte. Con un secondo motivo il medesimo difensore si duole che non sia
stata disposta perizia per come dal medesimo richiesto con l’appello, e che non
sia stata formulata al riguardo motivazione alcuna.

RITENUTO IN FATTO

1.

I ricorsi non meritano accoglimento.
Sulla questione fatta propria da tutti i ricorrenti, attinente, la pretesa
inutilizzabilità patologica dei decreti esecutivi delle intercettazioni, questione
sollevata fin dal giudizio di primo grado, il Collegio condivide quanto già
ritenuto dai giudici di merito. Al riguardo deve in primo luogo essere ricordato
che i decreti di cui si discute sono stati emessi dal pubblico ministero ex art.
267 cod.proc.pen. con il richiamo, per quanto attiene all’eccezionale urgenza,
alla necessità di un intervento tempestivo in ordine alla acquisizione di ulteriori
elementi utili alle indagini; seguiva la indicazione che le operazioni avrebbero
dovuto essere eseguite tramite gli impianti installati presso la procura della
Repubblica ma che “in caso di eventuale insufficienza o indisponibilità degli
impianti sopra indicati (da attestarsi a cura del funzionario responsabile) si
proceda mediante gli impianti installati presso gli uffici del compartimento di
Polizia Stradale di Bari”; allegate ai decreti e recanti la stessa data di essi vi
era l’attestazione del funzionario (responsabile del servizio intercettazioni della
Procura in un caso e nell’altro) circa la indisponibilità di postazioni in Procura.
Gli atti in tal modo formati sono stati trasmessi al gip per la convalida che deve
ritenersi regolarmente intervenuta attesa la mancanza di contestazioni al
riguardo. Ritiene il Collegio che in relazione alla situazione sopra delineata sia
stata correttamente ritenuta regolare la procedura, così come già deciso dai
giudici di merito; il pubblico ministero ha infatti chiaramente indicato nella
mancanza di postazioni libere presso i propri uffici il presupposto per operare
attraverso gli impianti della polizia, così soddisfacendo i requisiti motivazionali
voluti dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui è necessario indicare il
fatto storico da cui dipende la autorizzazione in parola; fatto storico quello
della indisponibilità di postazioni in procura che nella specifica situazione
considerata è stato non solo meramente attestato dal pm, come normalmente
avviene, ma anche documentalmente riscontrato, avendo richiesto il pm
una attestazione formale di tale presupposto da parte di un suo collaboratore
(funzionario della Procura o di polizia giudiziaria) che, allegato al decreto, ne
ha integrato il contenuto formando un unico provvedimento congruamente
motivato.
Giova ricordare che nello stesso senso si è espressa la II sezione di questa
Corte con la sentenza n.39899 del 2009, resa nel procedimento che vedeva
imputati dello stesso reati altri soggetti (Stella, Simone e Cipriani) giudicati
con il rito ordinario. Come evidenziato dagli attuali ricorrenti, il tribunale di
Trani aveva ritenuto inutilizzabili i risultati delle intercettazioni telefoniche di
cui si discute proprio per la ritenuta illegittimità della motivazione “alternativa”
del decreto del p.m. sulla necessità di avvalersi di impianti esterni alla procura.
Questa Corte , con la sentenza della seconda sezione sopra indicata, si è
invece espressa nel senso della legittimità dell’operato del p.m. ritenendo che
i contestati decreti contenessero una adeguata base argomentativa essendo le
ragioni indicate dal pm integrate dalle attestazioni rese dal funzionario di pg

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

responsabile delle indagini o dal cancelliere responsabile del centro
intercettazioni. Anche la più recente giurisprudenza di questa Corte (sez. VI
22.6.2010 n.27761 Rv. 247868)ha confermato l’orientamento cui qui si
aderisce che pertanto sembra consolidarsi inducendo il Collegio a non dar
seguito alla richiesta di rimessione del ricorso alle sezioni unite. Secondo la
massima di tale decisione è legittimo il ricorso agli impianti di intercettazione
diversi da quelli installati presso gli uffici della Procura della Repubblica se il
decreto del pubblico ministero ne motiva l’utilizzazione subordinandola
all’indisponibilità di questi ultimi impianti, da attestarsi con certificazione della
Segreteria prima che abbiano inizio le operazioni di intercettazione. In
motivazione si è messo in evidenza che la detta attestazione del responsabile
dell’ufficio realizza semplicemente la condizione cui il provvedimento del P.M.
ha preventivamente subordinato, valutandola già come sufficiente,
l’autorizzazione
all’utilizzo
di
impianti diversi da quelli della Procura.
Pretendere in tale ipotesi (come si sostiene nella cit. sent. 10399/2010) un
nuovo intervento del P.M.,che altro non potrebbe fare che prendere atto
del concreto verificarsi di quanto da lui già previsto e valutato, si
risolverebbe in un inutile e ridondante formalismo, che nulla potrebbe
aggiungere alla esigenza, soddisfatta nella sostanza, del controllo e della
motivazione da parte della autorità giudiziaria. I ricorrenti hanno inoltre
eccepito che vi è un decreto del pm privo della attestazione integrativa di
indisponibilità di postazioni. Anche a questo riguardo il Collegio condivide
quanto i giudici di merito hanno già osservato in fatto, e cioè che essendo
intervenuto tale decreto a distanza di 5 giorni dal precedente, dovevano
ritenersi sussistenti le stesse condizioni fattuali attestate per i due precedenti;
ed altresì in diritto, con il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte che fin
dalla sentenza Policastro resa a sezioni unite (n.42792 del 2001 Rv.220094;
cfr. n.23123 del 2004 Rv. 229187; n.24191de1 2010 Rv. 247661) ha ritenuto
non necessario, in caso di proroga
della durata delle operazioni di
intercettazione, un ulteriore provvedimento esecutivo del pm che autorizzi di
avvalersi di impianti esterni dovendosi ritenere perdurante la condizione già in
precedenza accertata. E’ evidente che le modalità esecutive delle
intercettazioni disposte con il decreto di cui si discute, che nell’ambito della
stessa indagine autorizzava a pochi giorni di distanza l’intercettazione di una
ulteriore utenza rispetto ad altre già intercettate,
non potevano essere
difformi da quelle già in atto pena la possibilità di pregiudicare le indagini. Da
ultimo si può rilevare che sarebbe stato comunque onere dei ricorrente
indicare la specifica incidenza probatoria,ai fini della ritenuta colpevolezzaÌ del
decreto privo di tale attestazion .s.tanto più che nel corso del procedimento è
stata dichiarata la prescrizione di molte delle originarie contestazioni con
decisione certamente non impugnata e pertanto passata in giudicato.
I restanti motivi sono inammissibili. Pazienza si duole della mancata certa
identificazione quale soggetto indicato quale “Pasquale” nelle intercettazione e
della assenza di prova altrettanto certa della responsabilità per i furti di cui ai
capi C1 e G1. E’ sufficiente in proposito ricordare che il sindacato della

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Cassazione è limitato alla sola legittimità, sì che esula dai poteri della stessa
quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della
decisione, anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e più
adeguata valutazione delle risultanze processuali. Nella specie, nel formulare
le proprie censure il ricorrente non evidenzia, come imposto dalla legge,
manifeste carenze o illogicità della motivazione, rese immediatamente palesi
dalla lettura della sentenza impugnata, ma argomenta sulla possibile diversa
interpretazione dei dati di fatto e trascura di considerare gli articolati
ragionamenti svolti dai giudici di merito. Ciò vale in particolare in relazione
alla circostanza che con la comunicazione di notizia di reato redatta dalla
polizia giudiziaria in conclusione delle indagini svolte si dava atto della sua
identificazione quale il “Pasquale in corso di identificazione” di cui ai verbali di
intercettazioni utilizzate, onde di tale circostanza, essendo stato il giudizio
celebrato con rito abbreviato, non era consentito dubitare; e le ragioni di tale
identificazione sono state comunque ulteriormente spiegate dai giudici di
merito con riferimento al suo fermo nel corso di uno degli episodi di furto
(quello del capo C1) e dell’essere egli socio della società intestataria di una
scheda telefonica installata su uno dei telefoni cellulari oggetto di uno dei furti
contestati. Quanto alla partecipazione ai furti, ampia e diffusa e priva di
contraddizioni è la motivazione resa dalla Corte di appello alle pagine 19 e
23 e seguenti della sentenza.
Considerazioni analoghe possono essere formulate per quanto riguarda la
censura di Fortunato relativa al fatto che non è stata disposta perizia fonica
per il riconoscimento e la identificazione delle voci acquisite nel corso delle
intercettazioni; la Corte di appello ha già ritenuto (pag.31) che nessun
ragionevole dubbio poteva porsi con riguardo all’identificazione del medesimo
e di Bonadie sulla scorta del riconoscimento della loro voce come effettuato
dagli agenti operanti e del fermo di pg operato dalla squadra mobile di Prato in
occasione del furto alla COFAPI srl; è altresì noto che la rinnovazione del
dibattimento nel giudizio di appello è istituto discrezionale e del tutto
eccezionale ..cui il giudice può fare ricorso quando la ritiene assolutamente
indispensabile ai fini della decisione, e che proprio in relazione a tali
caratteristiche dell’istituto la giurisprudenza di questa Corte è pacifica
nell’affermare che mentre la decisione positiva di procedere a rinnovazione
deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del
potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della rilevanza
dell’acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la
decisione puo’ essere sorretta anche da una motivazione implicita nella
stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che
evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in
ordine alla responsabilita’ con la conseguente mancanza di necessita’ di
rinnovare il dibattimento.
Neppure merita censura la sentenza sul punto attinente la mancata
concessione delle attenuanti generiche nonostante l’incensuratezza del
Pazienza e l’eccessiva severità del trattamento sanzionatorio essendo immune

da censure logiche il giudizio di gravitò del comportamento dell’imputato in
considerazione del tipo dei furti dal medesimo perpetrato e del ruolo di
organizzatore assunto.
2. Conclusivamente i ricorsi devono essere rigettati ed i ricorrenti condannati
al pagamento delle spese processuali.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7.1.2013.

P.Q.M.

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