Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49902 del 13/02/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 49902 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PENSO ANDREA N. IL 17/10/1964
avverso la sentenza n. 9887/2002 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di VENEZIA, del 18/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 13/02/2013

A

n.110 ricorrente PENSO Andrea

Motivi della decisione

L’imputato ricorre personalmente per cassazione avverso la sentenza di cui
in epigrafe recante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
sul presupposto della riconosciuta responsabilità del predetto in ordine al reato di

luglio 2002, lamentando vizi della motivazione in relazione al mancato
proscioglimento a’ sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il gravame è manifestamente infondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui l’obbligo della
motivazione della sentenza di patteggiamento non può non essere conformato
alla particolare natura giuridica della stessa: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod.proc.pen. deve
essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti
o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (S.U. 27 marzo 1992,
Di Benedetto ; S.U. 27 dicembre 1995, Serafino). Nel caso di specie, il Giudice
di prime cure ha escluso la ricorrenza dei presupposti di applicazione dell’art.
129 codice di rito,alla luce dell’avvenuto rinvenimento,in esito alla perquisizione
domiciliare eseguita nei confronti dell’imputato, di involucri contenti la sostanza
stupefacente menzionata nel capo di imputazione e come tale accertata grazie
alle analisi chimico – tossicologiche.
Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento
che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come
questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato.

cui agli artt.73, comma 1 d.P.R. n.309/1990, commesso in Venezia – Lido il 19

Il ricorso è quindi inammissibile.
Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 a
favore della cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente
stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 1.500,00 a favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma,lì 13 febbraio 2013.

PQM

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