Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4990 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4990 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Presta Franco n. il 25.1.1971
Chiuca Emiliano n. il 31.7.1976
avverso la sentenza n. 412/2010 pronunciata dalla Corte d’appello di
Catanzaro il 5.2.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 7.1.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. A. Policastro, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per gli imputati, l’avv.to A. Falcone, del foro di Cosenza, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 07/01/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 5.2.2013, la corte d’appello di Catanzaro ha integralmente confermato la sentenza in data 9.11.2009
con la quale il tribunale di Cosenza ha condannato Franco Presta ed
Emiliano Chiuca alla pena di cinque mesi di reclusione ed euro
250,00 di multa ciascuno, in relazione al reato di concorso nel tentativo di furto aggravato di un’autovettura di proprietà di terzi (tale
Gianni Curcio), dagli stessi commesso, in data 23.1.2007, in Cerisano.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del comune difensore,
hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, censurando la decisione impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente confermato la condanna pronunciata dal
primo giudice sulla base di elementi di prova nel loro complesso insufficienti a giustificare l’accertamento, oltre ogni ragionevole dubbio, della responsabilità penale dei due imputati, avuto riguardo alle
gravi incertezze e alle irriducibili contraddizioni emerse nel contenuto delle deposizioni testimoniali acquisite, con particolare riguardo
alle dichiarazioni del teste Spizzirri (ritenute decisive dalla corte territoriale), in più punti risoltesi nella manifestazione di mere impressioni soggettive o di supposizioni del teste (non corroborate da adeguati riferimenti oggettivi), là dove non contraddette dal rilievo di altri inequivocabili elementi di fatto (come quelli relativi al colore della
macchina della pretesa persona offesa). Deposizioni testimoniali, a
loro volta non adeguatamente confermate da obiettivi elementi di riscontro, bensì dal mero rilievo di circostanze di fatto del tutto generiche.
Con memoria depositata in data 10.12.2013, i ricorrenti hanno
insistito per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso è fondato.
Rileva il collegio come la motivazione dettata dalla corte territoriale nella sentenza impugnata sia incorsa in irriducibili contraddizioni e in una complessiva manifesta illogicità con riguardo alla certa
identificazione dell’elemento oggettivo del tentativo di furto costituito
dall’alttuità della cosa (cfr. art. 624 c.p.).

2

Sul punto, a fronte dell’acquisita (incontestata) certezza circa
l’identità del modello di autovettura in uso all’imputato Chiuca, rispetto a quello della pretesa persona offesa (una Fiat Punto), la corte
d’appello ha ritenuto di ricavare la certezza dell’appartenenza dell’autovettura aperta dai due imputati alla persona offesa (tale Curcio)
sulla base delle sole dichiarazioni rese dal teste Spizzirri, il quale, pur
non avendo manifestato alcuna incertezza sulla diversità dell’autovettura presa di mira dagli imputati, rispetto a quella in uso al Chiuca,
non ha indicato alcun elemento di riscontro idoneo a dar conto di tale
ostentata assenza di dubbi, arrivando financo a specificare un colore
dell’autovettura oggetto del preteso tentativo di furto degli imputati
(azzurro, blu scuro), non solo diverso da quello dell’auto di proprietà
del Curcio (che i ricorrenti hanno ancora in questa sede ribadito fosse
verde), ma addirittura compatibile con il colore dell’autovettura del
Chiuca indicata in sentenza come dello “stesso modello e di colore
scuro” (cfr. pag. 2 della sentenza d’appello).
Deve dunque evidenziarsi come nessuna irrevocabile certezza
possa essere predicata alla deposizione sul punto resa dal teste Spizzirri (per come compendiata nella sentenza impugnata), tale da destituire di rilevanza le parallele incertezze manifestate dagli altri due
testi circa il fatto che la macchina aperta dal Chiuca non fosse di proprietà di quest’ultimo.
Allo stesso modo, la circostanza costituita dal passaggio delle
chiavi dal Presta al Chiuca non vale a rendere inequivocabile la circostanza che l’autovettura aperta da quest’ultimo non fosse la propria,
né il fatto che lo stesso Curcio avesse riferito di aver trovato la propria autovettura aperta, dopo averla lasciata la sera prima regolarmente chiusa, vale a irrevocabilmente escludere la fondatezza dell’alternativa prospettazione in questa sede avanzata dai ricorrenti, secondo cui la stessa persona offesa aveva ammesso che tale evenienza
era capitata altre volte in ragione della difettosità del meccanismo di
chiusura dell’auto.
L’irriducibile contraddittorietà della motivazione dettata dalla
corte territoriale sul punto decisivo costituito dall’identificazione certa dell’altruità della cosa oggetto del tentativo di furto contestato ai
due imputati, impone l’annullamento della sentenza impugnata su
tale specifico aspetto, con il conseguente rinvio alla corte d’appello di
Catanzaro per nuovo esame.

3

4

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla la impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.1.2014.

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