Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49878 del 06/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49878 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sui ricorsi presentati da
1. Ippolito Rosalia, nata a Santo Stefano Quisquina il 10/07/1952
2. Mortellaro Filippo, nato a Palermo il 26/08/1985
4. Modellar° Giuseppe, nato a Santo Stefano Quisquina il 15/03/1950

avverso il decreto del 21/12/2012 della Corte di appello di Palermo;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Antonio Gialanella, che ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il decreto sopra indicato la Corte di appello di Palermo riformava
parzialmente il provvedimento di primo grado del 15/02/2010 del Tribunale di
Agrigento, disponendo la revoca della confisca di una serie di beni intestati
ovvero appartenenti a parenti ed affini di Giuseppe Mortellaro, e confermava nel

Data Udienza: 06/12/2013

resto il medesimo provvedimento con il quale il Tribunale di Agrigento aveva
disposto nei confronti dello stesso Giuseppe Mortellaro, nonché di Rosalia Ippolito
e Filippo Mortellaro, rispettivamente moglie e figlio del primo, dell’applicazione
della medesima misura di prevenzione patrimoniale in relazione ad una serie di
beni immobili e mobili intestati al proposto Giuseppe Mortellaro ovvero nella
disponibilità di questi, pur formalmente intestati agli anzidetti congiunti.
Rilevava la Corte di appello come la misura dovesse essere disposta nei
riguardi di Giuseppe Mortellaro – già destinatario, con provvedimento definitivo

sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, in quanto
indiziato di appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso – su beni dei quali il
prevenuto poteva disporre direttamente e indirettamente, da considerare il frutto
di attività illecite ovvero l’effetto del reimpiego, dato che gli elementi indiziari
acquisiti avevano dimostrato che, fin dall’inizio degli anni Novanta, Giuseppe
Mortellaro aveva gestito una impresa edile attiva nel sistema di aggiudicazioni
fraudolente e di condizionamento degli appalti pubblici gestito dall’associazione
mafiosa ‘cosa nostra’ nella provincia di Agrigento: impresa che, pur svolgendo
attività economiche formalmente lecite, doveva ritenersi anch’essa ‘mafiosa’, in
quanto stabilmente impiegata per il perseguimento dei fini delittuosi di quella
organizzazione criminale.

2. Avverso tale decreto hanno presentato ricorso Giuseppe Modellar°, quale
destinatario diretto della misura di prevenzione, ed i suoi stretti congiunti, la
moglie Rosalia Ippolito ed il figlio Filippo Modellar°, i quali, con atto sottoscritto
dal loro difensore avv. Alessandro Reale, hanno dedotto la violazione di legge, in
relazione agli artt. 4 legge n. 1423 del 1956 e 2 ter legge n. 575 del 1965, ed il
vizio di motivazione, per mancanza o manifesta illogicità, per avere la Corte di
appello erroneamente confermato il provvedimento dispositivo della confisca,
benché fosse stato accertato che gli interessati avevano giustificato la liceità di
tutte le loro acquisizioni ed attività; che la confisca fosse stata disposta
sull’intero patrimonio familiare, senza alcuna distinzione con riferimento a
ciascuno dei beni oggetto di abiezione e senza valutare la provenienza
sicuramente lecita di alcuni di essi e la riferibilità esclusivamente al figlio Filippo
di una impresa individuale; e che la misura di prevenzione patrimoniale fosse
stata applicata nonostante nel processo penale svoltosi a suo carico, Giuseppe
Modellar° fosse stato assolto dal reato di cui all’ad. 416

bis cod. pen., e

condannato in relazione ad alcuni reati, per i quali, però, era stata esclusa la
contestata circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991.

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adottato in altro procedimento, della misura di prevenzione personale della

3.

Con conclusioni rassegnate per iscritto il 19/07/2013, il Sostituto

Procuratore generale ha chiesto dichiararsi la inammissibilità dei ricorsi.

4. Con memoria del 18/10/2013, l’avv. Alessandro Reale, difensore dei tre
ricorrenti, è tornato ad insistere per l’accoglimento delle richieste formulate con
l’atto di impugnazione, sottolineando, in particolare, di avere presentato il ricorso
quale procuratore speciale della Ippolito e di Modellar° figlio, ed evidenziando
l’assenza di motivazione in ordine ad una serie di circostanziate doglianze che

4. Ritiene la Corte che i ricorsi siano inammissibili.

4.1. Tali sono i ricorsi presentati nell’interesse di Rosalia Ippolito e Filippo
Modellar°, terzi rispetto al congiunto Giuseppe Mortellaro, destinatario della
proposta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale, in quanto
l’atto di impugnazione risulta sottoscritto dall’avv. Alessandro Reale, che – come
si evince dall’annotazione in calce al ricorso – i due prevenuti avevano nominato
come loro difensore e non anche come loro procuratore speciale.
Sul punto non vi è ragione per non confermare il consolidato orientamento
della giurisprudenza di legittimità per il quale, in tema di procedimento di
prevenzione, il difensore del terzo interessato, non munito di procura speciale,
non è legittimato a ricorrere per cassazione avverso il decreto che dispone la
misura di prevenzione della confisca; né a tal fine può assumere rilievo la
distinzione tra i casi in cui il terzo intervenga volontariamente, e quelli in cui sia
intervenuto “iussu iudicis”, poiché in entrambi i casi i soggetti intervenienti non
sono destinatari della chiesta misura di prevenzione e risultano, quindi, portatori,
nel procedimento di prevenzione, di un mero interesse di natura civilistica (così,
tra le tante, in relazione all’ad. 3 ter, comma 2, legge n. 575 del 1965,
applicabile in via transitoria nel caso di specie, Sez. 1, n. 10398 del 29/02/2012,
Lucà ed altri, Rv. 252925; Sez. 6, n. 13798 del 20/01/2011, Bonura, Rv.
249873; Sez. 6, n. 46429 del 17/09/2009, Pace e altri, Rv. 245440; conf., sotto
la vigenza del nuovo d.lgs. n. 159 del 2011, Sez. 2, n. 27037 del 27/03/2012,
Bini, Rv. 253404).

4.2. Inammissibile è il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse di
Giuseppe Modellar°, in quanto è pacifico che, contro i provvedimenti di
applicazione delle misure di prevenzione anche patrimoniali, il ricorso per
cassazione possa essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non

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v

erano state formulate con l’atto di appello.

anche per vizi di motivazione, giusta il combinato disposto degli artt. 3 ter,
comma 2, legge n. 575 del 1965, e 4, comma 11, legge n. 1423 del 1956.
Né nel caso di specie è configurabile una violazione di legge per totale
mancanza di motivazione, avendo la Corte di appello di Palermo risposto
compiutamente a tutte le censure che erano state mosse con l’impugnazione
presentata contro il provvedimento ablatorio adottato dal Tribunale di Agrigento.
In tal senso è significativo come, nel ricorso, sia stata espressamente lamentata
una manifesta illogicità della motivazione, mentre nei casi in cui è stata

la Cassazione ad un’inammissibile rilettura delle emergenze procedimentali, allo
scopo di tentare di ottenere una differente interpretazione dei dati informativi
acquisiti.

4.3. Il secondo motivo del ricorso presentato nell’interesse di Giuseppe
Mortellaro, nella parte in cui è stata dedotta una violazione di legge in relazione
a taluni specifici aspetti del percorso argomentativo seguito dai Giudici di merito,
è inammissibile perché generico.
Nella giurisprudenza di legittimità si è avuto modo ripetutamente di chiarire
che il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre
le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti
determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e
preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di
consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare
il proprio sindacato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini,
Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n.
8803 del 08/07/1999, Albanese, Rv. 214249).
Nel caso di specie il ricorrente si è limitato a riproporre gli argomenti contenuti
nell’atto di appello e ad enunciare, in forma molto indeterminata, il dissenso
rispetto alle valutazioni compiute dalla Corte territoriale, senza specificare gli
aspetti di criticità di passaggi giustificativi della decisione, cioè omettendo di
confrontarsi realmente con la motivazione della sentenza gravata. Pronuncia con
la quale, con una corretta applicazione dei parametri legali di riferimento, erano
state analiticamente indicate le ragioni per le quali le doglianze dell’appellante
fossero infondate, avendo la Corte palermitana chiarito:
– come fosse irrilevante che Giuseppe Mortellaro era stato assolto dal reato
associativo di cui all’art. 416 bis cod. pen., in quanto nel distinto procedimento di
prevenzione, finalizzato all’applicazione della misura personale della sorveglianza
speciale, definito nell’aprile del 2006, era stata accertata, peraltro anche sulla
base di elementi di cognizione acquisiti in epoca posteriore alla pronuncia di
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prospettata una motivazione apparente, si è, invero, sostanzialmente sollecitata

assoluzione emessa nel giudizio di cognizione nel maggio del 2005, la
pericolosità sociale del prevenuto per la sussistenza di indizi di una sua
appartenenza all’associazione di stampo mafioso ‘cosa nostra’ e per l’accertata
diretta e stabile riferibilità a tale organizzazione criminale, fin dai primi anni
Novanta, dell’attività svolta dalla impresa edile del Montellaro allo scopo di
realizzare il fine delittuoso di tale sodalizio di illecito condizionamento della
gestione degli appalti pubblici nella zona dell’agrigentino, settore controllato
dagli affiliati alla locale famiglia mafiosa di ‘cosa nostra’ (v. pagg. 7-10 decr.

ermeneutico della Suprema Corte, secondo la quale nel procedimento di
prevenzione il giudice può utilizzare elementi probatori e indiziari tratti dai
procedimenti penali e procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei fatti
ivi accertati, purché dia atto in motivazione, specie quando essi abbiano dato
luogo ad una pronuncia assolutoria, delle ragioni per cui siano da ritenere
sintomatici della attuale pericolosità del proposto (così,

ex multis, Sez. 6, n.

4668 del 08/01/2013, Parmigiano e altri, Rv. 254417);
– come, a fronte della presunzione di diretta o indiretta disponibilità in capo a
Giuseppe Mortellaro anche dei beni intestati alla moglie Ippolito e al figlio Filippo
(compreso il compendio dei beni aziendali della ditta individuale di quest’ultimo,
rispetto al quale il ricorso di Giuseppe Mortellaro sarebbe pure inammissibile per
carenza di interesse, in quanto ad impugnare doveva essere il terzo apparente
intestatario), gli interessati non avessero fornito alcun concreto elemento di
prova indiziaria di segno contrario idoneo a superare gli effetti di quella
presunzione (v. pagg. 14-15 decr. impugn.): ciò uniformemente all’orientamento
della giurisprudenza di legittimità per il quale, in materia di misure di
prevenzione patrimoniali, il sequestro e la confisca possono avere ad oggetto i
beni del coniuge, dei figli e degli altri conviventi, dovendosi ritenere che il
prevenuto ne abbia la disponibilità facendoli apparire formalmente come beni
nella titolarità delle persone di maggior fiducia, sui quali pertanto grava l’onere
di dimostrare l’esclusiva disponibilità del bene per sottrarlo alla confisca (così, da
ultimo, Sez. 1, n. 39799 del 20/10/2010, Fiorisi e altri, Rv. 248845);
– ed ancora come, a fronte della qualificazione di quei beni, sequestrati e poi
confiscati a Giuseppe Mortellaro, come frutto dello svolgimento dell’attività
illecita dell’impresa ‘mafiosa’ più volte richiamata ovvero come il frutto del
relativo reimpiego, anch’essa conseguenza di una presunzione

iuris tantum

prevista dalle norme di legge in materia, il prevenuto non avesse offerto alcun
elemento concreto capace di dimostrare una diversa e legittima provenienza di
tutti i beni acquisiti a partire dai primi anni Novanta (anche di quelli entrati a far
parte del suo patrimonio con modalità apparentemente lecite, ma sempre con
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impugn.): ciò in conformità alla regula iuris, espressa da un solido indirizzo

l’utilizzo dei proventi della suddetta attività imprenditoriale ‘mafiosa’, compresi i
due terreni confiscati per i quali la difesa non aveva fornito alcuna prova che
fossero stati acquistati con denaro proveniente dai genitori del Modellar° – v.
pagg. 10-14 decr. impugn.): giudizio, pure questo, rispettoso del principio di
diritto a più riprese enunciato da questa Corte secondo il quale la confisca di
prevenzione di un complesso aziendale non può essere disposta, in ragione del
carattere unitario del bene che ne è oggetto, con limitazione alle componenti di
provenienza illecita, specie nel caso in cui l’intera attività di impresa sia stata

tra le diverse, Sez. 5, n. 17988 del 30/01/2009, Baratta e altri, Rv. 244802).

5. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell’ad.
616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento in favore dell’erario
delle spese del presente procedimento e ciascuno al pagamento in favore della
cassa delle ammende di una somma, che si stima equo fissare nell’importo
indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 06/12/2013

agevolata dalla cointeressenze con organizzazioni criminali di tipo mafioso (così,

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