Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49877 del 29/11/2013

Penale Ord. Sez. 6 Num. 49877 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso ex art. 625 bis c.p.p. di A.A., , avverso la sentenza in data 08/11/2013 della Corte di Cassazione;
esaminati gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni.

Motivi della decisione

Data Udienza: 29/11/2013

1. Con sentenza resa in data 8.4.2006, all’esito di giudizio abbreviato, il G.U.P. del
Tribunale di Grosseto ha dichiarato A.A. colpevole, tra gli altri reati
ascrittigli, del delitto di concorso in concussione commesso il 7.6.2003, per avere -con
abuso della qualità e dei relativi poteri di assistente della Polizia Stradale di Orbetello
svolgente servizi di controllo autoveicolare su strada- costretto il camionista olandese
Wilelm Tuk, conducente di un autotreno che risultava (dai dati del cronotachigraf o) aver
superato i limiti di velocità, a versare indebitamente a lui e al suo collega di pattuglia la
somma di euro 100,00 per omettere la redazione del verbale di contravvenzione con
connessa sanzione pecuniaria di euro 275,00 e contestuale ritiro della patente di guida.
Con sentenza del 7.7.2009 la Corte di Appello di Firenze ha respinto l’appello
dell’imputato, confermando la decisione di condanna di primo grado.
Adita dal ricorso del A.A. avverso tale sentenza di appello, questa Corte di
Cassazione (Cass. Sez. 6, 17.6.2010 n. 35403) ha annullato la sentenza della Corte
fiorentina, cui ha rinviato gli atti per nuovo giudizio sul contestato reato di concussione,
avendo rilevato difetto di motivazione della sentenza nella descrizione e valutazione
della condotta criminosa dell’imputato in rapporto ai motivi di appello enunciati dal
A.A. (imperniati sulla sussumibilità dei fatti nella fattispecie di corruzione propria ex
art. 319 c.p. e, in subordine, sull’ingiustificato diniego delle attenuanti generiche). ,

it

3. Con tempestivo atto d’impugnazione (25.7.2013) il difensore del condannato
A.A. ha proposto ricorso straordinario per errore di fatto avverso la descritta
sentenza dell’8.5.2012 di questa S.C., adducendo i seguenti ordini di ragioni.
3.1. La Cassazione con la decisione impugnata è incorsa, nell’esame degli atti
interni al giudizio, in una svista percettiva sui fatti, dimostrata dalla novella normativa
in tema di reati contro la pubblica amministrazione dettata dalla legge 6.11.2012 n. 190,
che ha espunto dalla fattispecie della concussione, circoscritta ai casi di esercizio di
attività costrittiva del pubblico ufficiale, l’ipotesi della mera induzione indebita a dare o
promettere utilità posta in essere dal pubblico ufficiale, all’uopo introducendo la nuova
autonoma fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p. Uno dei più meditati criteri selettivi
differenziali delle due fattispecie (concussione per costrizione, induzione indebita) è
stato individuato dalle prime decisioni di legittimità nella natura ingiusta o non del male
prospettato al privato dal pubblico ufficiale: se ingiusto, integrante la concussione, quali
2

2. Giudicando in sede di rinvio ex art. 627 c.p.p., con sentenza resa il 20.10.2011 la
Corte di Appello di Firenze ha confermato in punto di responsabilità la sentenza del
g.u.p. del Tribunale di Grosseto, in particolare escludendo l’eventuale ravvisabilità della
ipotesi di corruzione (in luogo della contestata concussione) ed evidenziando il decisivo
ruolo coercitivo-concussivo svolto dal A.A., quale descritto dal camionista persona
offesa (l’imputato è il componente della pattuglia della Stradale che gli prospetta il grave
danno della cospicua sanzione pecuniaria e del ritiro della patente derivanti da una
formale verbalizzazione dell’accertata infrazione stradale di eccesso di velocità). La Corte
territoriale ha unicamente riformato il trattamento sanzionatorio, riconoscendo
all’imputato le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., per l’effetto
riducendo l’inflitta pena a tre anni e quattro mesi di reclusione.
Investita da nuovo ricorso per cassazione del A.A., questa Corte, con sentenza
emessa in data 8.11.2012, depositata il 14.3.2013 (Cass. Sez. 2, n. 11887/13), ha rigettato
l’impugnazione, valutando infondata la rinnovata tesi difensiva della qualificabilità dei
fatti di causa in termini di corruzione propria (con conseguente intervenuta prescrizione
del reato ex art. 319 c.p.). Al riguardo questa Corte ha rimarcato come l’impugnata
decisione di merito (seconda sentenza di appello) abbia colmato le carenze di
motivazione della precedente annullata sentenza di secondo grado, valorizzando i
convergenti dati costituiti dalle dichiarazioni del camionista olandese e dagli univoci
contenuti dell’intercettazione ambientale eseguita a bordo della vettura di servizio del
A.A. e del coimputato subito dopo l’indebita riscossione della somma di cento euro.
Elementi probatori linearmente esposti e vagliati dalla Corte territoriale e tali -ha
osservato questa Corte- da far escludere sia che il trasportatore olandese abbia assunto
l’iniziativa di formulare una diretta o indiretta offerta di denaro accettata dal A.A. e
dal coimputato, sia che la vicenda possa inscriversi in una dinamica di c.d. concussione
ambientale riveniente da una prassi con tra ius sottesa ai controlli di polizia effettuati nei
confronti di conducenti di grossi autoarticolati, dinamica quale ricomposta nei suoi
profili definitori da una recente decisione di questa Corte regolatrice (Cass. Sez. 6,
11.1.2011 n. 25694, De Laura, rv. 250467: “Non integra la fattispecie di concussione la condotta
di semplice richiesta di denaro o altre utilità da parte del pubblico ufficiale in presenza di
situazioni di mera pressione ambientale, senza che questi abbia posto in essere atti di costrizione o
induzione, non potendosi fare applicazione analogica della norma incriminatrice, imperniata
inequivocabilmente sullo stato di soggezione della vittima provocato dalla condotta del p.u.”).

3.2. La questione scaturente dalla motivazione della sentenza di rigetto
dell’8.11.2012 è, allora, quella di stabilire se l’applicazione dell’art. 319 quater c.p.
(costituendo i fatti di causa “una ipotesi conclamata del detto reato”) possa essere effettuata
dalla stessa Corte di Cassazione in sede di ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p.,
atteso che -nel caso in cui si ritenga verificata detta ultima ipotesi di reato- lo stesso
sarebbe “abbondantemente prescritto”. Al riguardo non può sottacersi che la stessa S.C. ha
ritenuto rientrare nei casi contemplati dall’art. 625 bis c.p.p. anche l’omessa applicazione
della prescrizione ex art. 129 c.p.p. per errore di fatto sulla sussistenza della causa
estintiva (Cass. S.U., 14.7.2011 n. 37505, Corsini, rv. 250528).
3.3. Vero è che nel caso di specie non può disquisirsi di un errore percettivo in
fatto della decisione di legittimità impugnata per non avere dichiarato la prescrizione,
giacché l’ipotesi di reato ex art. 317 c.p. ritenuta dalla Corte non era prescritta, mentre lo
è sicuramente quella di cui all’art. 319 quater c.p. come introdotto dalla legge n.
190/2012. Giova tuttavia evidenziare che l’effettiva definitività della sentenza verrebbe a
maturare anche con il decorso dei termini previsti per l’effettuazione del ricorso
straordinario, sicché può arguirsi che la S.C., “nell’ancora pendenza del procedimento”,
possa “riqualificare” il capo di imputazione in quello di cui all’art. 319 quater c.p. e
dichiarare di conseguenza estinto il reato per intervenuta prescrizione.
3.4. Un sicuro ulteriore errore percettivo della sentenza dell’8.11.2012 è quello
derivante dalla circostanza che la S.C. non si è pronunciata su un altro motivo di ricorso
a suo tempo proposto. Il motivo prospettante la derubricazione del reato di concussione
così come contestato in quello di corruzione. La sentenza ha affrontato il problema della
non sussistenza della c.d. concussione ambientale (che era uno dei motivi di ricorso), ma
ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta di derubricazione del reato contestato in quello
di corruzione, per altro anche questo prescritto.
4. Il ricorso straordinario proposto nell’interesse di A.A. va
dichiarato de plano inammissibile, ai sensi dell’art. 625 bis -co. 4, prima parte- c.p.p., per
indeducibilità e infondatezza manifesta delle censure mosse alla sentenza di legittimità
dell’8.11.2012, che ha respinto il ricorso per cassazione del prevenuto. Inammissibilità
che discende dalla impropria interpretazione dei caratteri dell’impugnazione
straordinaria.

3

che siano state le modalità esecutive del minacciato danno; se giusto, cioè conforme
all’ordinamento (minaccia di adottare un atto legittimo, ma dannoso o sfavorevole per il
privato), integrante la meno grave ipotesi ex art. 319 quater c.p. (Cass. Sez. 6, 3.12.2012 n.
3251/13, Roscia, rv. 253936-253938; Cass. Sez. 6, 25.2.2013 n. 13047, Piccinno, rv. 254466).
In tale prospettiva non vi è dubbio sulla riconducibilità della condotta del p.u. A.A.
nell’alveo dell’art. 319 quater c.p. E’ sfuggito, infatti, alla Corte di legittimità che ha
rigettato il ricorso del A.A. come -a fronte dell’oggettiva elusione dei limiti di
velocità del camionista controllato (evenienza che questi ha ammesso)- l’atto la cui
adozione è stata minacciata al camionista Tuk (redazione del verbale di infrazione al
codice stradale) avesse tutti i caratteri della legittimità (donde la connessa attuale
punibilità, sebbene limitata nella misura della sanzione, anche del privato “indotto” alla
indebita dazione: art. 319 quater co. 2 c.p.). Di tal che il camionista ha agito,
corrispondendo la somma di denaro ai due agenti della Stradale, per evitare un danno
non iniuria datum e, quindi, per perseguire anche un suo personale interesse (non vedersi
infliggere la sanzione pecuniaria e, soprattutto, non vedersi ritirare la patente di guida).

4.2. Né alcun errore percettivo può mai essere ravvisato nel mancato inquadramento

dell’illecito contegno del ricorrente nella “nuova” fattispecie dell’induzione indebita ex
art. 319 quater c.p. (per altro non attinta da prescrizione, come erroneamente si adduce
nel ricorso). La censura afferente alla mancata “riqualificazione” giuridica della condotta
contestata al A.A. non descrive alcun errore di fatto, ma sottopone a critica un
presunto errore di giudizio o, più precisamente, un’ipotetica erronea valutazione delle
emergenze processuali, desumibili dalla impugnata sentenza di appello, in cui sarebbe
incorso il giudice di legittimità.
Una simile lettura è incongrua perché imperniata sulla singolare tesi di una virtuale
applicazione postuma (retroattiva) ad un rapporto processuale ormai definito con
sentenza passata in giudicato di una normativa sopravvenuta alla decisione di legittimità
e che, per ciò stesso, questa S.C. giammai avrebbe potuto prendere in considerazione,
siccome inesistente al momento dell’assunta decisione reiettiva del ricorso del A.A..
E’ appena il caso di osservare, infatti, che la legge 6.11.2012 n. 190, pubblicata sulla G.U.
del 13.11.2012 è entrata in vigore soltanto il 28.11.2012, cioè in epoca ben successiva alla
decisione (8.11.2012) gravata dall’odierno ricorso straordinario.
D’altra parte il ricorso straordinario del A.A. propone come frutto di apparente
errore percettivo su elementi di fatto il giudizio espresso da questa Corte sulla sentenza
di appello oggetto dell’originario ricorso del condannato, così prefigurando un “errore”
attinente ai contenuti valutativi del giudizio di legittimità. Attinente, cioè, non già a uno
o più veri errori di fatto, ma -se mai, in tesi- a presunti errori di giudizio, in quanto tali
non scrutinabili mediante lo strumento dell’art. 625-bis c.p.p., di cui si delinea una
fuorviante lettura dissimulante un improponibile secondo giudizio di legittimità.

4.1. E’ agevole osservare, infatti, che i rilievi critici del ricorrente sono estranei
all’area di inferenza dell’art. 625-bis c.p.p., non ponendo in luce alcun reale errore di
fatto nell’esame della vicenda criminosa di cui è stato definitivamente riconosciuto
colpevole.
Tutti i profili di censura enunciati in ricorso sono stati puntualmente presi in esame
e valutati dalla sentenza di questa Corte, ivi compreso il motivo con cui, evocandosi un
contesto di c.d. concussione ambientale da ricondursi nell’area dell’art. 319 c.p. piuttosto
che in quella dell’art. 317 c.p., l’imputato ha sostenuto la tesi della ravvisabilità nella sua
condotta della fattispecie della corruzione (attinta da prescrizione) e non già della
concussione. Ipotesi alternativa che la decisione di questa Corte ha giudicato
impercorribile alla stregua dell’evoluzione del rapporto instaurato dall’imputato ratione
officii con il camionista olandese enunciato dalle conformi sentenze di merito (sentenza
Cassazione: “niente di tutto ciò è ravvisabile neanche in termini di fraintendimento nelle
puntuali e specifiche ricostruzioni motivazionali della Corte di merito”).

4.3. Merita aggiungere, infine, che nessun pregio può riconoscersi al non meno
singolare corollario dell’anzidetta tesi difensiva del ricorrente, secondo cui la “effettiva
definitività” delle sentenze di questa S.C. verrebbe a maturazione “anche” con il decorso
dei termini per la proposizione del ricorso previsto dall’art. 625 bis c.p.p., determinanti
una perdurante “pendenza del procedimento”, che nel caso di specie offrirebbe spazio
all’invocata “riqualificazione” dell’imputazione ascritta al A.A..
Così non è, né potrebbe essere, perché il ricorso previsto dall’art. 625 bis c.p.p. è un
mezzo di impugnazione straordinario (assimilabile alla revisione) e non un grado
ordinario di giudizio che consenta un controllo nuovo e ulteriore della decisione di
legittimità tale da causare, nella duplicità dei suoi momenti rescindente e rescissorio, la

4

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende, che si ritiene equo stabilire in misura di euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 29 novem e 2013
Il consiglieri stenLre
nt
Giaco

prosecuzione” del giudizio o del procedimento nella sua interezza. Il ricorso
straordinario produce la rescissione della decisione definitiva di legittimità soltanto nel
caso in cui venga accolto. In ogni altro caso contrario (di rigetto o di inammissibilità del
ricorso straordinario) la decisione di legittimità impugnata ex art. 625 bis c.p.p. rimane
definitiva ai sensi dell’art. 648 co. 2 c.p.p. (cfr.: Cass. Sez. 3, 7.4.2006 n. 33872, Calzone, rv.
234878; Cass. Sez. 1, 12.7.2011 n. 33024, Costanzo, rv. 250815). Con ovvia conseguente
impossibilità di rilevare la prescrizione del reato (o di altre cause estintive) o di tener
conto, nel computo del termine ex art. 157 c.p., dei periodi successivi alla pronuncia della
sentenza oggetto di ricorso straordinario.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA