Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49868 del 06/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49868 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: APRILE ERCOLE

SENTENZA

sul ricorso presentato da
Giordano Rosario, nato a Catania il 08/05/1967

avverso la sentenza del 27/03/2013 della Corte di appello di Catania;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gianluigi Pratola, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Salvatore Cannata, che ha concluso chiedendo
l’annullamento dell’impugnata sentenza.

RITENUTO IN FATTO
E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Catania riformava
parzialmente la pronuncia di primo grado con la quale il Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale della stessa città aveva condannato Rosario Giordano in
relazione ai reati di cui agli artt. 81 cpv. e 110 cod. pen., 73, commi 1 e 6, d.P.R.
n. 309 del 1990 (capo D-bis), e 385 cod. pen. (capo D-ter) – riuniti tali delitti

Data Udienza: 06/12/2013

per continuazione tra loro e con il reato di cui all’art. 73 d.P.R. cit., oggetto della
sentenza irrevocabile pronunciata nei riguardi del Giordano dalla medesima Corte
di appello il 14/06/2007 – riconoscendo all’imputato le circostanze attenuanti
generiche e ritenendo la sussistenza della continuazione tra i predetti reati e
quelli di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. cit., oggetto di altra sentenza irrevocabile di
condanna del Giordano emessa dalla stessa Corte di appello il 30/03/2009,
rideterminando così la pena finale complessiva, e confermava nel resto quella
pronuncia di primo grado.

attinente alla responsabilità per il reato sub capo D-bis), la doglianza formulata
con l’appello in ordine all’estensione del riconoscimento della continuazione
anche con altri reati oggetto di precedenti sentenze di condanna passate in
giudicato, potesse essere accolta con riferimento alla connessione tra i reati già
riconosciuti in continuazione dal Giudice di prime cure e quelli oggetto della
citata sentenza del 30/03/2009, ma non anche con riferimento al reato di cui
all’art. 73 d.P.R. cit., oggetto di altra sentenza di condanna irrevocabile, adottata
sempre dalla Corte di appello di Catania il 21/02/2007, in quanto la commissione
di tale delitto, peraltro maturata in un diverso contesto associativo mafioso nel
quale il prevenuto aveva consumato anche illeciti di altra natura, risultava
circoscritta al mese di luglio del 2003 ed era cronologicamente lontana dalla
commissione degli altri delitti avvenuta in epoca di gran lunga successiva,
comunque dopo che, il 22/10/2003, il Giordano era stato tratto in arresto ed
aveva interrotto la sua vorticosa attività di spacciatore, condizionata dal suo
stato di tossicodipendenza, iniziata nel 2004 e proseguita senza sosta, anche nei
periodi in cui era stato detenuto agli arresti domiciliari, fino al marzo del 2006.

2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il Giordano, con atto sottoscritto
dal suo difensore avv. Salvatore Cannata, il quale ha dedotto i seguenti tre
motivi.
2.1. Violazione di legge, in relazione all’art. 81 cod. pen., per avere la Corte di
appello negato all’imputato il riconoscimento della continuazione anche con il
reato per il quale era stato già condannato con la menzionata sentenza
irrevocabile del 21/02/2007, sulla base di un erronea collocazione cronologica
degli altri delitti, per alcuni dei quali era stata già ammessa la collocazione ad
epoca precedente alla data del 22/10/2003 di arresto del Giordano.
2.2. Violazione di legge, in relazione all’art. 671 cod. proc. pen., per avere la
Corte territoriale valorizzato lo stato di tossicodipendenza del Giordano ai fini del
riconoscimento della esistenza di un vincolo della continuazione tra i reati
oggetto di questo processo e quelli per i quali il prevenuto era stato condannato
2

Rilevava la Corte come, preso atto della rinuncia dell’imputato al motivo

con sentenze irrevocabili del 14/06/2007 e del 30/03/2009, e poi
ingiustificatamente negata rilevanza a quello stesso stato in relazione al reato
oggetto dell’altra sentenza irrevocabile di condanna del 21/02/2007, benché
fosse stata accertata una riferibilità cronologica di più di quelle condotte
delittuose ad un medesimo arco temporale.
2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 81, 132 e 133 cod. pen., per
avere la corte distrettuale determinato in misura sproporzionata le pene per i
reati ‘satellite’, senza tenere conto delle pure riconosciute attenuanti generiche e

coimputati del Giordano.
I

3. I primi due motivi del ricorso, esaminabilit congiuntamente, sono fondati.
Costituisce espressione di un consolidato orientamento della giurisprudenza di
legittimità il principio secondo il quale, in tema di continuazione, l’arresto del
soggetto, intervenuto dopo la commissione di un reato, non è di per sé idoneo ad
escludere la sussistenza del medesimo disegno criminoso con i reati
successivamente commessi, né, di conseguenza, è ostativo all’applicabilità del
regime di cui all’art. 81 cod. pen.: è al giudice di merito che compete verificare
se, in concreto, l’arresto abbia costituito momento di frattura nella unicità del
disegno criminoso e, quindi, ragione valida per escludere l’applicazione
dell’istituto della continuazione (in questo senso Sez. 4, n. 20169 del
06/03/2007, Antonucci e altri, Rv. 236611; conf., in seguito, Sez. 1, n. 32475
del 19/06/2013, Taraore, Rv. 256119).
Di tale regula iuris la Corte di appello ha fatto corretta applicazione nel
momento in cui ha riconosciuto la sussistenza di un vincolo della continuazione
tra il reato oggetto del presente procedimento n. 12622/05 rgnr (consistente nel
concorso, in Catania tra il dicembre 2005 ed il marzo 2006, nell’importazione,
detenzione e rivendita di diversi quantitativi di sostanza stupefacente del tipo
cocaina, attività, per giunta, commessa allontanandosi dall’abitazione ove si
trovava agli arresti domiciliari), il reato oggetto della sentenza irrevocabile di
condanna del 14/06/2007 emessa nel procedimento n. 2860/06 rgnr
(concretizzatosi nella commissione di analogo reato, in Catania, il 10/03/2006,
giorno nel quale il Giordano era stato tratto in arresto perché trovato nella
disponibilità di kg. 1,165 di cocaina), ed i reati oggetto della sentenza
irrevocabile di condanna del 30/03/2009 emessa nel procedimento n. 2614/03
rgnr (consistenti nella partecipazione, con il ruolo di promotore, organizzatore e
dirigente, ad un’associazione per delinquere finalizzata alla detenzione e
distribuzioni di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana, commesso in
Catania ed altri luoghi limitrofi fino all’aprile del 2005): in particolare ritenendo

3

del computo della pena che, in situazioni analoghe, era stato operato per altri

che quegli illeciti potevano reputarsi consumati in esecuzione di un medesimo
disegno criminoso, avendo le emergenze acquisite dimostrato come il Giordano,
originariamente a causa del suo stato di tossicodipendenza, fosse entrato in un
rilevante giro di compra-vendita di stupefacenti, che il prevenuto si era procurato
ed aveva provveduto poi a spacciare servendosi anche di alcuni fedelissimi
compagni (tra cui Pietro Zappalà, coimputato in più procedimenti); e come tale
attività fosse, iniziata dal 2004, fosse proseguita, anche durante i periodi di
detenzione, fino al 10/03/2006, data in cui il Giordano – come si è anticipato –

Di quello stesso principio di diritto non appare, invece, che la Corte territoriale
abbia fatto buon governo nel momento in cui ha negato l’esistenza di un’analoga
forma di connessione qualificata tra tutti i delitti innanzi elencati e quello per il
quale il Giordano era stato condannato con altra sentenza irrevocabile, sempre
della Corte di appello di Catania, del 21/02/2007, emessa nel procedimento n.
6997/03 rgnr, nel quale al prevenuto era stato addebitato di avere, in Catania,
fino al luglio del 2003, illecitamente acquistato, detenuto, trasportato e ceduto a
terzi stupefacente del tipo cocaina (v. pag. 5 sent. impugn.). A tale conclusione i
Giudici di secondo grado sono pervenuti asserendo che, da un lato, tra la
commissione del reato appena richiamato, commesso nel luglio del 2003, e gli
altri delitti, consumati nel corso 2004, 2005 e fino al marzo del 2006, vi fosse
stato un’eccessiva distanza temporale e che, dall’altro, il 22/10/2003 fosse
intervenuto il più volte citato arresto aveva determinato la interruzione della sua
prima attività di spacciatore di cocaina. Con ciò entrando, però, in insanabile
contraddizione logica con quanto accertato dai Giudici del procedimento n.
2614/03 rgnr, nel quale, a fronte di una contestazione di adesione del Giordano
a quel gruppo criminale operante fino al 2005, senza indicazione del dies a quo,
gli elementi di prova acquisiti avevano già comprovato come l’odierno ricorrente
fosse già pienamente attivo, all’interno di quel sodalizio criminale, fin dal maggio
del 2003 (v. pagg. 142-145 sent. 1° grado; pag. 39 sent. 2° grado), dunque in
epoca precedente alla data di commissione, nel luglio dello stesso anno, del
reato giudicato con la sentenza del 21/02/2007: dunque, con un implicito
riconoscimento della operatività dell’associazione per delinquere sopra richiamata
non dal 2004, ma dal maggio del 2003, periodo con riferimento al quale si
sarebbe dovuta verificare anche la rilevanza dell’ “originaria causa delle
tossicodipendenza” che aveva condizionato le iniziative delittuose del Prevenuto.
La sentenza gravata deve essere, dunque, annullata limitatamente
all’applicazione dell’art. 81 cod. pen. tra i reati già riconosciuti in continuazione e
quello oggetto della sentenza della Corte di appello di Catania del 21/02/2007,

4

era stato tratto in arresto (v. pagg. 5-6 sent. impugn).

con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania che, nel nuovo
giudizio sul punto, si uniformerà ai criteri di giudizio fin qui delineati.

4. Manifestamente infondato è, invece, il terzo motivo del ricorso presentato
nell’interesse del Giordano. Il ricorrente ha preteso che in questa sede si proceda
ad una rinnovata valutazione delle modalità mediante le quali il Giudice di merito
ha esercitato il potere discrezionale a lui concesso dall’ordinamento ai fini della
quantificazione delle pene, in relazione ai reati ‘satellite’, da porre in

considerati, nell’ambito della disciplina dell’art. 81, comma 2, cod. pen., più
gravi: esercizio che, come in tutti i casi di valutazioni dosimetriche delle sanzioni
penali da irrogare all’imputato, deve essere motivato nei soli limiti atti a far
emergere in misura sufficiente il pensiero del giudice in ordine all’adeguamento
della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Nella specie, del tutto legittimamente la Corte di merito, partendo dalla pena
di anni sette e mesi otto di reclusione determinata da altro giudice con
riferimento ai reati considerati più gravi, ha ritenuto – alla luce di una sintetica
ma sufficiente valutazione complessiva della obiettiva gravità dei fatti e della
personalità dell’imputato (v. pagg. 5-6 sent. impugn.) – di fissare in anni tre
mesi due di reclusione l’aumento per la continuazione con i reati oggetto del
presente procedimento, in ragione della duplicità delle imputazioni, e in anni due
mesi dieci di reclusione la pena per la continuazione con l’altro reato già
giudicato in precedenza con altra pronuncia irrevocabile. Contesto decisionale nel
quale non può essere reputato espressione di alcuna violazione di legge il diverso
trattamento sanzionatorio riservato, in un diverso processo, ad altri coimputati
(peraltro chiamati a rispondere di un delitto differente da quello addebitato
all’odierno ricorrente) sulla base di valutazioni che il ricorrente non ha dimostrato
non fossero necessariamente personali, dunque a lui estensibili.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata applicazione dell’art.
81 cpv. cod. pen. e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della
Corte di appello di Catania. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 06/12/2013

continuazione con quella già fissata da altro giudice in relazione a reati

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