Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49864 del 29/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 49864 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da TALONE Emilia, nata a Goiania (Brasile) il 16/05/1961,
avverso la sentenza emessa in data 01/03/2013 dalla Corte di Appello di Bologna;
esaminati gli atti, i ricorsi e la sentenza impugnata;
udita in pubblica udienza la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G. dott. Mario Fraticelli, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte civile Ordine dei Medici Odontoiatri della Provincia
di Parma, avv. Luigi De Giorgi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, avv. Luisa Tosti, che ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.

Motivi della decisione
1. Con il ministero del difensore l’imputata Emilia Talone impugna per cassazione
la sentenza della Corte di Appello di Bologna, che -confermata in punto di responsabilità
la decisione del Tribunale di Parma, con cui è stata dichiarata colpevole del reato di
concorso in abusivo esercizio continuato della professione di medico odontoiatra
(decisione appellata per il solo trattamento sanzionatorio)- ha sostituito ex art. 53 L.
689/1981, in parziale riforma della sentenza di primo grado, l’inflitta pena detentiva (tre
mesi di reclusione) con la corrispondente pena pecuniaria di euro 3.420,00 di multa.
2. Con il ricorso si denuncia violazione di legge e difetto di motivazione per
omessa applicazione dell’indulto concesso con L. 31.7.2006 n. 241, causa estintiva della
pena sollecitata nella discussione del giudizio di appello. La Corte felsinea non soltanto
non si è pronunciata su tale richiesta difensiva, ma è incorsa in palese travisamento dei
fatti di causa, ritenendo esaurita l’illecita condotta della Talone il 2.6.2006, data riportata

Data Udienza: 29/11/2013

3. L’impugnazione è inammissibile.
Il ricorso di Emilia Talone deve in limine, al di là di ogni analisi sulla validità degli
enunciati critici espressi sulla sentenza impugnata, essere dichiarato inammissibile per
palese difetto di interesse dell’imputata ai sensi dell’art. 568 co. 4 c.p.p.
3.1. Analoghe conclusioni si impongono per la partecipazione all’odierno giudizio

di legittimità della costituita parte civile Ordine dei Medici e Odontoiatri di Parma. Il
generico indiretto interesse della parte civile ad ottenere con sollecitudine una pronuncia
definitoria del giudizio di merito in cui è intervenuta non è, infatti, giuridicamente
tutelato nell’odierna sede, osservando che un siffatto interesse (rectius controinteresse al
ricorso dell’imputata) è nel caso di specie eliso dal giudicato già formatosi su
responsabilità penale e risarcitoria dell’imputata (con connessa azionabilità della pretesa
risarcitoria), in epoca anteriore alla stessa sentenza di appello contro cui ricorre la Talone
(che ha impugnato le sentenze di primo e di secondo grado sempre e solo in punto di
trattamento sanzionatorio e non di commissione del fatto reato fonte del risarcimento del
danno liquidato alla parte civile). Con l’ulteriore inferenza, per tanto, che alcun onere
può essere posto a carico della ricorrente per le spese di costituzione e difesa sostenute
nel presente giudizio dalla parte civile, che nessuna specifica attività difensiva ha svolto,
né avrebbe avuto titolo a svolgere, per contrastare la pretesa autodifensiva dell’imputata
in tema di mancata applicazione del beneficio del condono della pena. Profilo della
regiudicanda al quale la parte civile era ed è rimasta affatto estranea (arg. ex Cass. S.U.
28.1.2004 n. 5466, Gallo, rv. 226716).
3.2. Quanto al ricorso della Talone, la mancanza di interesse all’impugnazione
discende dal fatto che la prima sentenza di merito ha concesso all’imputata la
sospensione condizionale della pena inflittale per il reato di cui all’art. 348 c.p.
Ora non è revocabile in dubbio che l’indulto è istituto incompatibile con la già
riconosciuta sospensione della pena ex art. 163 c.p., i cui effetti estinguono il reato,
laddove l’indulto estingue soltanto la pena, sì che questo non può essere applicato ad
una pena la cui esecuzione sia stata condizionalmente sospesa. Con recente decisione sui
rapporti tra i due istituti le Sezioni Unite di questa S.C. hanno fissato il principio secondo
cui con la sentenza di condanna non possono essere contestualmente applicato l’indulto
e disposta la sospensione della pena, quest’ultimo beneficio prevalendo sul secondo
(Cass. S.U., 15.7.2010 n. 36837, P.G. in proc. Bracco, rv. 247940).
E’ evidente, infatti, che -quando ricorrano simultaneamente i presupposti per la
concessione sia della sospensione condizionale della pena sia dell’indulto (volendo, in
tesi, supporre questi ultimi sussistenti per la Talone ai sensi della legge 241/2006)- il
primo beneficio debba, anche in ossequio al canone normativo dettato dall’art. 183 co. 2
c.p. sul concorso di cause estintive del reato e di cause estintive della pena, prevalere sul

2

nell’imputazione ascritta alla ricorrente e posteriore a quella di efficacia del condono
prevista dalla legge n. 241/2006 (reati commessi fino a tutto il 2.5.2006).
In realtà le emergenze dibattimentali attestano che l’attività abusiva del correo
dell’imputata, che costei -quale odontoiatra abilitata- ha consentito (sia con l’assumere la
carica di responsabile sanitaria dello studio dentistico, sia con l’assicurare la sua
presenza nello stesso studio), è cessata prima del 2.5.2006 (verosimilmente nel febbraio
2006), nessun intervento medico essendo stato svolto (come avrebbe riferito la p.o.
Vincenza Mitrotti) nel giorno 1.6.2006, in cui i carabinieri del N.A.S. di Parma hanno
sottoposto ad ispezione lo studio gestito dal sedicente dentista Claudio Francia.

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della equa somma di
euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 29 novembre 2013
Il consiglier estensore
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.

secondo, chiaramente meno favorevole all’imputato. Non foss’altro perché l’indulto è
applicabile sulle sole pene suscettibili di esecuzione e tali non possono certo considerarsi
quelle ricadenti nell’area del beneficio regolato dall’art. 163 c.p.
D’altronde è perfino superfluo aggiungere che un simile interesse non assume
neppure carattere potenziale, se correlato all’eventuale infausto decorso (per
commissione di nuovo reato; per violazione degli obblighi del condannato: artt. 165 c.p.)
del termine di prova ex art. 163 c.p., condizionante -impedendola- la definitiva
estinzione del reato ex art. 167 c.p. In tal caso il condannato, come osservano le Sezioni
Unite, può chiedere in qualunque momento, mediante incidente esecutivo ai sensi
dell’art. 672 c.p.p., l’applicazione del provvedimento di clemenza al giudice
dell’esecuzione.

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