Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 49848 del 17/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 49848 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALZILLO BRUNO N. IL 19/01/1965
avverso l’ordinanza n. 9483/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
01/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/10/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Angelo Di Popolo, ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa il 12 giugno 2012 il Tribunale del riesame di Napoli,
costituito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., respingeva l’appello proposto

dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la quale erano state applicate nei
suoi confronti le misure coercitive del divieto di dimora nelle province di Napoli,
Caserta, Avellino, Salerno, Benevento, Latina e Frosinone con prescrizione del
divieto di allontanarsi dal domicilio in orario notturno e dell’obbligo di
presentazione alla polizia giudiziaria, a seguito della declaratoria di inefficacia per
decorrenza dei termini massimi di fase della misura custodiate, cui era stato in
precedenza sottoposto perché gravemente indiziato del delitto di partecipazione
ad associazione a delinquere di stampo mafioso.
2. A seguito di ricorso dell’indagato, la Prima Sezione di questa Corte, con
sentenza del 21 novembre 2012, n. 48375, annullava con rinvio l’ordinanza ed il
Tribunale del riesame di Napoli, in sede di nuovo esame, rigettava nuovamente e
confermava l’impugnata ordinanza, all’esito della rivalutazione delle esigenze
cautelari che potessero giustificare la misura.
3. Con ricorso sottoscritto dal difensore dell’indagato, avv. Paolo Caterino, si
censura il provvedimento del Tribunale del riesame per manifesta illogicità della
motivazione in ordine all’asserita sussistenza delle esigenze cautelari, poiché il
provvedimento si limita a riprodurre le argomentazioni poste a base della
sentenza di condanna, disattendendo il dictum della Corte ed omettendo di
valutare in concreto le esigenze cautelari; in tal modo il giudice di merito
avrebbe posto in essere una motivazione apparente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato, per cui essa va rigettato.
1.1 La Prima Sezione di questa Corte, nella sentenza sopra indicata, pur
ritenendo che, in mancanza di contestazioni sul quadro di gravità indiziaria, il
Tribunale avesse correttamente ritenuto che la presunzione di ricorrenza di
esigenze cautelari, imposta dall’art. 275 cod. proc. pen., comma 3, operasse
anche in sede di applicazione di misure cautelari personali non detentive
conseguenti alla scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia in carcere,

2

dall’indagato Bruno Salzillo avverso l’ordinanza emessa in data 17 aprile 2012

applicata per uno dei reati indicati nell’art. 407 cod. proc. pen., comma 2, lett.
a), ha annullato la prima ordinanza per vizio di motivazione, avendo il giudice
dell’appello omesso di pronunciarsi in ordine agli elementi indicati dalle difese al
fine del superamento della presunzione relativa posta dall’art. 275 cod. proc.
pen., comma 3, ed essendosi limitato a richiamare un precedente
giurisprudenziale, senza confutare espressamente il valore dimostrativo delle
circostanze di fatto e delle argomentazioni contenute negli atti di appello.

oggi impugnata, ma tale assunto va respinto.
La difesa del Salzillo aveva dedotto la mancanza di esigenze cautelari, in
riferimento al pericolo di fuga, mancando ogni pregressa latitanza; in relazione al
pericolo di reiterazione dei reati, aveva parimenti escluso l’attualità dell’esigenza
cautelare, considerato che i fatti contestati arrivano fino al dicembre 2005.
1.3 II Tribunale ha osservato che l’indagato è già stato condannato a sette anni
di reclusione nel processo cosiddetto Spartacus I, per la partecipazione
all’associazione a delinquere denominata “dan dei casalesi” fino all’anno 1996 e
che nell’attuale procedimento risponde per il periodo successivo, fino al 2005;
che secondo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia egli ha partecipato a
diversi omicidi, è presente nelle riunioni a casa di Walter Schiavone, successive
agli omicidi, è coinvolto in numerose estorsioni ed occupa una posizione di
vertice nel clan, poiché si trova alle dirette dipendenze di Sandokan e di
Francesco Schiavone, detto Cicciariello. Infine egli ha riportato una seconda
condanna il 14 maggio 2012, la quale, in continuazione con la precedente, ha
comportato una pena di 14 anni di reclusione ed è stato sottoposto a misura di
prevenzione.
1.4 II discorso giustificativo così sviluppato risponde pienamente alle esigenze di
completezza e di consequenzialità logica sulle quali si esercita il controllo di
legittimità nel giudizio di cassazione. Con ciò resta soddisfatto l’obbligo di
motivazione, costituendo un principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità quello per cui il giudice del gravame non è tenuto a prendere in
esame ogni singola argomentazione svolta nei motivi d’impugnazione, ma deve
soltanto esporre, con ragionamento corretto sotto il profilo logico – giuridico, i
motivi per i quali perviene a una decisione difforme rispetto alla tesi
dell’impugnante, rimanendo implicitamente non condivise, e perciò disattese, le
argomentazioni incompatibili con il complessivo tessuto motivazionale (Sez. 4, n.
26660 del 13/05/2011, Caruso, Rv. 250900; Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011,
Schowick, Rv. 250105; Sez. 4, n. 1149/06 del 24/10/2005, Mirabilia, Rv.
233187).

3

1.2 il ricorrente assume che tale valutazione sia mancata anche nell’ordinanza

4. In conclusione il ricorso proposto dall’indagato va rigettato, con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2013
Il presidente

Il consigliere estensore

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